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04.12.2003 - lavori pubblici

APPALTI PUBBLICI – I PRONUNCIAMENTI DELL’AUTORITÀ ESPRIMONO PARERI NON VINCOLANTI – LA CAT.OG11 NON SOSTITUISCE ALTRE CATEGORIE SPECIALISTICHE

APPALTI PUBBLICI – APPALTI PUBBLICI – I PRONUNCIAMENTI DELL’AUTORITA’ ESPRIMONO PARERI NON VINCOLANTI –
LA CAT. OG11 NON SOSTITUISCE ALTRE CATEGORIE SPECIALISTICHE
(Consiglio di Stato, Sez. V, 30/10/2003, n. 6760)

Si tratta tuttavia di pronunciamenti che non possono risolversi nella funzione di interpretazione autentica, o di integrazione, della normativa, difettando l’Autorità del relativo potere, e, pertanto, non rappresentano neppure un vincolo per le Amministrazioni nello svolgimento delle procedure di selezione di loro competenza (v. Cons. St., Sez. V, 21 aprile 2002 n. 2180, in materia di bando-tipo redatto dall’Autorità).
Cosicché la conformità del provvedimento impugnato all’interpretazione offerta dall’Autorità non è sicura garanzia dell’infondatezza di vizi denunciati nella sede giurisdizionale, dovendo verificarsi la compatibilità di tale interpretazione con il quadro normativo di riferimento.
Proprio dall’Autorità si apprende, quindi, che la OG11 non dà alcuna garanzia di particolare capacità tecnica su tutta l’area afferente alle opere specializzate che vi si intendono ricomprese. In tal modo l’avviso, lungi dal correggere una apparente illogicità del diritto positivo, comporta una deroga arbitraria alla prescrizione vigente in tema di qualificazione delle imprese che partecipano alle gare per la esecuzione di quei determinati lavori pubblici.
FATTO
Con la sentenza in epigrafe è stato accolto il ricorso proposto dall’Impresa Corteggiano Costruzioni s.r.l. avverso la esclusione dalla gara per l’appalto dei lavori da eseguirsi al primo piano della sede della Provincia e la aggiudicazione degli stessi all’a.t.i. formata dall’Impresa Rampazzo, con Elesse s.r.l. e Si.R.C. Impianti s.n.c..
Il TAR ha ritenuto illegittima l’impugnata esclusione considerando che, sebbene il bando richiedesse alla imprese concorrenti la qualificazione per opere OS28 e OS30 di cui alla Tabella allegata al d.P.R. 27 gennaio 2000 n. 34, e l’Impresa Corteggiano fosse sprovvista di tale qualificazione, la medesima possedeva però la qualificazione per le opere generali OG11, all’interno della quale si ritrovano le opere classificate 5A e 5C, corrispondenti, secondo la classificazione di cui al d.m. 25 febbraio 1982, alla opere OS28 e OS30.
La Provincia di Padova ha proposto appello avverso la decisione chiedendone la riforma e, nelle more, la sospensione.
Si sono costituite in giudizio le Imprese Corteggiano e Rampazzo per sostenere le rispettive e contrapposte tesi.
La Sezione ha accolto l’istanza cautelare con ordinanza 11 ottobre 2002 n. 4394.
L’appello è stato chiamato all’udienza dell’11 febbraio 2003 in esito alla quale la Sezione ha emesso la sentenza interlocutoria 16 aprile 2003 n. 1995, disponendo incombenti istruttori.
Alla pubblica udienza del 24 giugno 2003 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO
Come accennato più sopra, l’appello pone il quesito se sia legittimo escludere dalla gara per un appalto di opere pubbliche, per le quali il bando richieda il possesso della qualificazione per opere delle categorie OS28 e OS30 di cui all’Allegato A al d.P.R. n. 34 del 2000, quelle imprese che siano sprovviste di tali qualificazioni ma che dispongano di quella per la categoria OG11.
Ed infatti, nel ricordato Allegato A, si annoverano, tra le opere della categoria OG 11 intitolata impianti tecnologici, fra l’altro, impianti di condizionamento del clima, che sotto il nome di impianti termici e di condizionamento vengono qualificati anche come OS28, nonché impianti elettrici, telefonici e televisivi, che sono poi classificati anche come OS30
I primi giudici, vista la Tabella di corrispondenza tra le categorie di opere annessa al predetto Allegato A, e constatato che i lavori OS28 e OS30, sotto la denominazione 5A e 5C di cui al d.m. 770 del 1982, si ritrovano anche nella nuova OG11, si è espressa in senso  contrario alla esclusione, ed ha accolto il ricorso.
L’Ente appellante e l’Impresa controinteressata in primo grado, aggiudicataria dell’appalto, criticano la decisione sostenendone l’erroneità alla stregua del quadro normativo offerto dall’art. 13, comma 7, della legge n. 109 del 1994, dall’art. 18 del d.P.R. n. 34 del 2000 e dall’art. 74, comma 2, del d.P.R. 21 dicembre 1999 n. 554 (Regolamento di attuazione della legge n. 109/94).
L’impresa appellata, a sua volta, sostiene la correttezza della sentenza ed allega a favore delle proprie tesi l’avviso ripetutamente espresso dall’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, la quale, nella determinazione 7 maggio 2002 n. 8 in particolare, affrontando in maniera più approfondita il problema, si è pronunciata in favore della ammissibilità alle gare delle imprese prive della qualifica specifica in OS 3, OS 5, OS 28 e OS 30, benché espressamente richiesta, se la concorrente possedesse la qualificazione OG11. Tale avviso è stato poi ribadito nella determinazione n. 27 del 16 ottobre 2002 sub E).
La questione in esame è stata già sottoposta alla Sezione la quale ha assunto in proposito due orientamenti non coincidenti.
Con la sent. n. 5976 del 30 ottobre 2002 si affermato che in presenza di una lex specialis che richieda la qualificazione per OS28 e OS30, il difetto del requisito specifico non possa essere sanato con la qualificazione per OG11, argomentando dal divieto emergente dal combinato disposto di cui all’art. 13, comma 7, della legge n. 109 del 1994 e all’art. 74, comma 2 del d.P.R. n. 544 del 1999.
Con la più recente sentenza n. 2857 del 26 maggio 2003, si è pervenuti, invece, alla conclusione opposta, prevalentemente sulla base della conformità dei provvedimenti impugnati all’orientamento espresso, sul punto della equivalenza delle due qualificazioni, dall’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, cui si accennato più sopra.
Rileva il Collegio, a proposito del ricordato orientamento dell’Autorità, che la vertenza oggi in esame pone in evidenza aspetti di relativa novità, che, in relazione alle censure avanzate in tale occasione, non hanno formato oggetto di specifica attenzione nella decisione da ultimo richiamata, e la cui doverosa considerazione induce a confermare il primo orientamento assunto dalla Sezione.
In linea generale occorre chiarire che la potestà di “vigilanza sul sistema di qualificazione” delle imprese, attribuita all’Autorità  dall’art. 4, comma 4, lett. i) della legge 11 febbraio 1994 n. 109, non ha contenuto indeterminato, ma deve essere esercitata nelle forme indicate dall’art. 14 del d.P.R. 25 gennaio 2000 n. 34, che rappresenta la fonte regolamentare precipuamente destinata a disciplinare, in applicazione dell’art. 8 della legge n. 109 cit., il sistema delle qualificazioni. Come emerge dalla lettura della disposizione, si tratta dello svolgimento di controlli sul comportamento delle SOA, affinché: a) rispettino le procedure previste per l’attestazione; b) evitino ipotesi di conflitto di interessi; c) si attengano nel rilascio delle attestazioni ai requisiti prescritti nel Titolo III; d) applichino le tariffe stabilite.
Ne consegue che l’attività di vigilanza non può manifestarsi nella emanazione di criteri o direttive concernenti il sistema della qualificazione delle imprese, sia perché il conferimento di tale potestà avrebbe dovuto essere esplicitato con indicazione dell’ambito di intervento nella stessa sedes materiae nella quale si sono definite le forme della vigilanza, sia perché la legge n. 109 del 1994, art. 8, demanda la disciplina  dei requisiti necessari per la qualificazione al Regolamento n. 34 del 2000, che li enuncia nel Titolo III, sulla cui osservanza, come si visto, l’Autorità deve vigilare, senza alcun potere di integrazione o interpretazione adeguatrice.
Né potrebbe trarsi argomento, in senso contrario, dalla menzione, tra i compiti dell’Autorità, della definizione di “criteri cui devono attenersi nella loro attività i soggetti autorizzati al rilascio delle attestazioni di qualificazione”, figurante nell’art. 2, comma 1, lett. o) del Regolamento n. 34 del 2000. Si è già visto infatti che i comportamenti da vigilare sono quelli indicati dall’art. 14 del d.P.R. n. 34/2000, recante la riaffermazione del carattere vincolante per le SOA, e quindi anche per l’Autorità che ne vigila l’azione, delle prescrizioni del Titolo III in materia di qualificazioni necessarie per l’esecuzione delle diverse lavorazioni.
In altri termini, le determinazioni, che l’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici assume in risposta ai quesiti rivolti dagli operatori del settore circa l’interpretazione della normativa vigente nella materia, costituiscono la manifestazione di opinioni dotate di indiscutibile autorevolezza, in ragione della particolare competenza dell’Organo, che possono anche conseguire un apprezzabile effetto di uniformità e di chiarezza nell’applicazione della legge.
Si tratta tuttavia di pronunciamenti che non possono risolversi nella funzione di interpretazione autentica, o di integrazione, della normativa, difettando l’Autorità del relativo potere, e, pertanto, non rappresentano neppure un vincolo per le Amministrazioni nello svolgimento delle procedure di selezione di loro competenza (v. Cons. St., Sez. V, 21 aprile 2002 n. 2180, in materia di bando-tipo redatto dall’Autorità).
Cosicché la conformità del provvedimento impugnato all’interpretazione offerta dall’Autorità non è sicura garanzia dell’infondatezza di vizi denunciati nella sede giurisdizionale, dovendo verificarsi la compatibilità di tale interpretazione con il quadro normativo di riferimento.
Nella fattispecie in esame tale compatibilità non è ravvisabile.
Il dato di partenza è offerto dagli artt. 72 e 74 del Regolamento di attuazione della legge n. 109/94. d.P.R. n. 554 del 1999. Le due disposizioni dettano le regole specifiche e puntuali in merito al tipo di qualificazione necessaria per la esecuzione delle opere comprese nei bandi di gara e le suddividono in opere generali e opere specializzate.
Tra le opere specializzate, in quanto di importo superiore al 10% dell’intero appalto, come è nell’attuale vertenza, l’art. 72 comma 4, menziona, alla lettera b) gli impianti di termoregolazione (opere di categoria OS28, previste dal bando), e alla lettera e) opere relativi ad impianti elettrici (categoria OS30 anch’esse previste dal bando in questione). Ebbene per tali tipi di opere si stabilisce all’art. 74, comma 2, che l’esecuzione non possa essere affidata all’impresa qualificata per la sola categoria prevalente se priva “delle relative adeguate qualificazioni”.
E’ su questo chiaro dato normativo che incide l’interpretazione dell’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, ritenendo che, in via di eccezionale deroga al divieto di assorbimento delle qualificazioni per opere speciali da parte delle qualificazioni per opere generali, possa ammettersi la validità della partecipazione alle gare da parte di imprese che siano prive delle qualificazioni per OS28 e OS30, esplicitamente richiesta dal bando, in quanto la conseguita qualificazione per OG11 dovrebbe intendersi sostanzialmente equivalente.
In disparte quanto detto più sopra circa l’irrilevanza di una interpretazione palesemente contrastante con il dato normativo, è da osservare che la tesi non convince per le ragioni sulle quali pretende di fondarsi.
Il nucleo del ragionamento lo si legge dalla determinazione n. 8 del 2002, “..se una impresa  qualificata nella categoria di opera generale OG11 può eseguire un insieme coordinato di impianti (appartenenti alle categorie specializzate OS3, OS5, OS28 e OS30) da realizzarsi congiuntamente, la stessa non può non ritenersi in possesso delle capacità economiche finanziarie e tecnico organizzative necessarie per la esecuzione anche di uno o più di uno dei suddetti quattro impianti che, in quanto non costituiscono sul piano tecnico un insieme coordinato di impianti, sono indicati nei bandi come singoli impianti.” (enfasi originali).
L’attenzione è rivolta alla inconsistenza, da condividere, di una distinzione tra realizzazione congiunta di diversi impianti specializzati e realizzazione degli stessi come impianti singoli, ma l’approccio al problema non risulta soddisfacente poiché si può dimostrare in base alla stessa suddetta determinazione, che non sussiste la effettiva sovrapponibilità delle due qualificazioni, per opere generali OG11 e per opere specializzate OS3, OS5, OS28, OS30).
Nello stesso testo, poche righe più sopra, infatti, si stabilisce che la qualificazione OG11 spetta a chi dimostri di aver eseguito impianti riconducibili ad almeno tre tra le quattro categorie di opere specializzate OS3, OS5, OS28 e OS30. Quindi, l’impresa in possesso della OG11 potrebbe avere realizzato, ad esempio, bagni cucine e lavanderie (OS3), impianti pneumatici e antintrusione (OS5) e impianti termici (OS28), ma non impianti elettrici e televisivi (OS30).
Proprio dall’Autorità si apprende, quindi, che la OG11 non dà alcuna garanzia di particolare capacità tecnica su tutta l’area afferente alle opere specializzate che vi si intendono ricomprese. In tal modo l’avviso, lungi dal correggere una apparente illogicità del diritto positivo, comporta una deroga arbitraria alla prescrizione vigente in tema di qualificazione delle imprese che partecipano alle gare per la esecuzione di quei determinati lavori pubblici.
Il motivo di appello va dunque accolto.
E fondata appare anche la doglianza riguardante la mancata osservanza del divieto di subappalto da parte dell’offerta presentata dall’impresa appellata.
Per le opere specializzate di valore superiore al 15% dell’importo totale dei lavori, infatti, ed in tale ipotesi si versa nella specie sia per OS28 sia per OS30, l’art. 13 comma 7, della legge n. 109/94, nel testo modificato  dall’art. 7 comma 1, della legge 1 agosto 2002 n. 166, stabilisce il divieto di subappalto.
Si tratta di una statuizione che rafforza il principio del necessario affidamento di determinate lavorazioni solo ad imprese in possesso delle prescritte qualificazioni, che nella specie risulta violato prevedendosi il subappalto proprio delle opere OS28 e OS30.
In conclusione l’appello deve essere accolto con conseguente riforma della pronuncia di primo grado.
Spese compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie l’appello in epigrafe, e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, rigetta il ricorso di primo grado;
dispone la compensazione delle spese;


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