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25.11.2014 - lavori pubblici

LE VERIFICHE ANTIMAFIA SECONDO L’ANAC

Nel caso di verifica dei requisiti di carattere generale dei concorrenti in sede di gara, continua a trovare applicazione esclusivamente l’art. 38, comma 1, lett. b) del Codice dei contratti, per il quale vanno esclusi dalle procedure di affidamento anche i soggetti sottoposti a procedimenti per l’irrogazione di misure di prevenzione antimafia.
Diversamente, nel caso di attestazione da parte della SOA, occorre eseguire le verifiche contemplate dallo stesso art. 38, comma 1, lett. b), alla luce delle ultime innovazioni in materia e, pertanto, attraverso la richiesta della documentazione, così come prevista dal Codice antimafia.
E’ quanto emerge dalla Determinazione, dell’Autorità nazionale anticorruzione, n. 2 del 2 settembre 2014, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 25 settembre 2014 n. 223, in cui è affrontata l’applicabilità, dell’art. 38 del Codice dei Contratti (comma 1, lett. b), del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163) a seguito dell’entrata in vigore del Codice delle leggi antimafia (D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159).

1. Verifiche stazione appaltante

L’Autorità nella citata determinazione n. 2/2014 specifica che, ai fini della verifica dei requisiti di carattere generale dei concorrenti in sede di gara, continua a trovare applicazione esclusivamente l’art. 38, comma 1, lett. b) del Codice dei contratti, e, in particolare, le considerazioni riportate dalla soppressa Autorità di vigilanza sui contratti pubblici nelle determinazioni n. 1/2010 e n. 1/2012.
In particolare, con determinazione n. 1/2012 l’AVCP (le cui funzioni sono ora assunte proprio dall’ANAC), operò un sforzo interpretativo per i identificare i soggetti che dovevano essere verificati, chiarendo che:
a. l’accertamento della sussistenza della causa di esclusione è circoscrivibile al “socio persona fisica” non soltanto nel caso del socio unico, ma anche nell’ipotesi di società con meno di quattro soci;
b. la locuzione “socio di maggioranza” è interpretabile nel senso di soggetto che controlla la società, anche se con maggioranza relativa;
c. nel caso di società con due soli soci i quali siano in possesso, ciascuno, del 50% della partecipazione azionaria, le dichiarazioni devono essere rese da entrambi i suddetti soci.
L’Autorità precisò, altresì, che il procedimento di prevenzione è considerato “pendente”, e quindi ostativo ai fini della partecipazione alle gare, a seguito dell’iscrizione, nell’apposito registro della cancelleria del Tribunale, della proposta di applicazione della misura, personale o patrimoniale, formulata da uno dei soggetti legittimati (Procuratore nazionale antimafia, Procuratore della repubblica, Direttore della direzione investigativa antimafia, Questore).
Le stazioni appaltanti devono, pertanto, acquisire, presso le cancellerie dei Tribunali, i documenti comprovanti quanto attestato dal concorrente interessato con dichiarazione sostitutiva (cfr. artt. 43 D.P.R. n. 445/2000).
Ai fini della stipula del contratto di appalto, l’ANAC precisa che, invece, occorre eseguire sull’aggiudicatario le verifiche contemplate dal D.Lgs. 6 settembre 2011, n.159. Conseguentemente, la mera pendenza del procedimento per l’irrogazione di misure cautelari non osta alla stipula del contratto (né all’autorizzazione del subappalto).
L’Autorità ricorda che in questa seconda ipotesi è ampliato l’ambito soggettivo di estensione della verifica: infatti, ai soggetti elencati anche nell’art. 38 del Codice dei contratti, si aggiungono i soggetti membri del collegio sindacale, nonché quelli che svolgono i compiti di vigilanza ai sensi del D.lgs. n. 231/2001 (va peraltro rilevato che, ai sensi dell’art. 85 del Codice antimafia, le verifiche vanno effettuate anche sul socio di maggioranza in caso di società con un numero di soci “pari a quattro”, ipotesi esclusa dall’art. 38 del Codice dei contratti, per il quale il socio unico rileva solo nel caso di società “con meno di quattro soci”).

2. Verifiche SOA

L’Autorità anticorruzione, per quanto riguarda la qualificazione SOA, evidenzia nella determinazione n. 2/2014 tre passaggi essenziali:
1. la verifica circa l’assenza delle cause ostative antimafia deve essere effettuata non solo nei confronti dei soggetti indicati dal Codice dei contratti, ma anche di quelli indicati dal Codice antimafia, ciò a ulteriore garanzia dell’affidabilità morale dell’impresa che intende ottenere l’attestato di qualificazione;
2. il divieto di rilascio dell’attestato di qualificazione, in pendenza del procedimento per l’applicazione delle misure di prevenzione, opera sulla base di un provvedimento espresso del giudice con il quale sia disposta in via provvisoria l’operatività del divieto;
3. l’attestato di qualificazione emesso, decorsi infruttuosamente i termini per il rilascio della Comunicazione antimafia, è revocato dalla SOA qualora verifichi la sussistenza delle cause di decadenza di cui al Codice antimafia.
Si riporta di seguito una sintesi dell’analisi eseguita dall’ANAC sui citati passaggi.

3. Ambito soggettivo nel sistema di qualificazione

L’art. 38, comma 1, lett. b) del Codice dei contratti – richiamato dall’art. 78 del Regolamento, ai fini del conseguimento dell’attestato di qualificazione – prevede che le verifiche antimafia ivi previste devono essere eseguite sui seguenti soggetti:
• titolare o direttore tecnico, se si tratta di impresa individuale;
• soci o il direttore tecnico se si tratta di società in nome collettivo,
• soci accomandatari o il direttore tecnico se si tratta di società in accomandita semplice,
• amministratori muniti di poteri di rappresentanza o il direttore tecnico o il socio unico persona fisica,
• socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci, se si tratta di altro tipo di società.
Come già ricordato, rispetto a tale previsione, l’art. 85 del Codice Antimafia, contiene un elenco più ampio di soggetti da sottoporre a verifica antimafia, sino ad includere, a titolo esemplificativo, anche:
• soggetti membri del collegio sindacale o, nei casi contemplati dall’articolo 2477 del codice civile, al sindaco,
• soggetti che svolgono i compiti di vigilanza di cui all’articolo 6, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.
Occorre, pertanto, secondo l’Autorità, stabilire se ai fini del rilascio dell’attestato di qualificazione, le SOA siano tenute ad eseguire anche i controlli sui soggetti contemplati nel Codice antimafia.
Al riguardo, l’Autorità, stante l’espressa inclusione dei provvedimenti in argomento nell’art. 67 del medesimo decreto legislativo (l’art. 67 stabilisce che le persone alle quali sia stata applicata una misura di prevenzione non possono ottenere, tra l’altro, “attestazioni di qualificazione per eseguire lavori pubblici”) e l’assimilazione delle SOA alle amministrazioni pubbliche, seppur nel senso di soggetti preposti all’esercizio di pubbliche funzioni (cfr. Corte Costituzionale nella decisione n. 93 del 22 maggio 2013), ne deduce l’obbligo per le stesse di eseguire le verifiche antimafia, oltre che sui soggetti indicati nell’art. 38 del Codice dei contratti, anche sui soggetti elencati nell’art. 85 del Codice antimafia, inclusi quindi quelli di cui al comma 2-bis della stessa disposizione (membri del collegio sindacale e soggetti che svolgono compiti di vigilanza di cui al D.Lgs. n. 231/2001).
Da tale passaggio si desume che l’Autorità ritiene le SOA soggetti, che in quanto assimilabili alle pubbliche amministrazioni, sono abilitate alla richiesta della Comunicazione antimafia. Si ricorda in proposito, l’atto di segnalazione al Governo con cui la stessa Autorità suggerisce l’opportunità di una revisione delle disposizioni sopra richiamate, al fine di statuire in maniera “chiara ed espressa” l’obbligo per le SOA di acquisire, in sede di rilascio dell’attestazione di qualificazione, la comunicazione.

4. “Pendenza” del procedimento

L’art. 38, comma 1, lett. b), del Codice dei contratti individua tra le cause ostative alla partecipazione alle gare d’appalto ed alla successiva stipula dei contratti – cui va aggiunto il rilascio dell’attestazione di qualificazione, in forza della previsione di cui all’art. 78 del Regolamento – la pendenza del procedimento per l’applicazione di una misura di prevenzione.
Al fine di chiarire la disciplina applicabile, l’Autorità richiama, in via preliminare, anche l’art. 67 del Codice antimafia (comma 1) ai sensi del quale “Le persone alle quali sia stata applicata con provvedimento definitivo una delle misure di prevenzione previste dal libro I, titolo I, capo II non possono ottenere: (….) e) attestazioni di qualificazione per eseguire lavori pubblici (…)”.
Occorre, tuttavia, sottolineare che l’art. 67 del Codice antimafia non attribuisce alcun effetto interdittivo automatico alla mera pendenza dei procedimenti in questione, ma prevede che il giudice disponga in via provvisoria l’operatività dei divieti di stipula dei contratti e di rilascio dell’attestazione SOA durante il procedimento per l’applicazione delle misure di prevenzione.
L’art. 67 citato stabilisce, infatti, che nel corso del procedimento di prevenzione, il tribunale, se sussistono motivi di particolare gravità, può disporre in via provvisoria divieti e sospensioni e, in tal caso, i relativi procedimenti amministrativi restano sospesi fino a quando il giudice non provvede e, comunque, per un periodo non superiore a venti giorni dalla data in cui la pubblica amministrazione ha proceduto alla comunicazione.
L’Autorità ribadisce che il Codice antimafia costituisce normativa sopravvenuta rispetto al disposto dell’art. 38 del Codice dei contratti e, pertanto, occorre dare prevalenza alle disposizioni del citato art. 67, commi 3 e 6.
Ne consegue che il divieto di cui all’art. 38, comma 1, lett. b) del Codice dei contratti, in relazione al rilascio dell’attestato di qualificazione, opera sulla base di un provvedimento espresso del giudice con il quale sia disposta, in via provvisoria, l’operatività del divieto de quo durante il procedimento per l’applicazione delle misure di prevenzione.
In conclusione, l’Autorità ritiene che sia consentito procedere al rilascio dell’attestato di qualificazione qualora, pur in presenza di un procedimento per l’irrogazione di una misura di prevenzione, il giudice non disponga in maniera espressa l’operatività del divieto in parola.

5. Termini

Fino all’attivazione della Banca Dati Nazionale Unica della Documentazione Antimafia di cui all’art. 97 del predetto decreto legislativo, Amministrazioni, enti, società o soggetti pubblici o riconducibili a partizioni pubbliche, inclusi concessionari e contraenti generali, nonché camere di commercio, ordini professionali e l’ex AVCP, ora ANAC, acquisiscono la documentazione direttamente dalle Prefetture competenti (cfr. i soggetti di cui all’art. 83, commi 1 e 2 del codice antimafia).
Per il rilascio della “Comunicazione antimafia” e dell’”Informazione antimafia” il relativo codice prevede il termine di quarantacinque giorni, prorogabili di ulteriori trenta e riducibili a 15 giorni nei casi d’urgenza (ex artt. 88 e 92).
Decorso il termine previsto per l’informazione antimafia, i soggetti richiedenti procedono anche in assenza di tale documento. Analoga disposizione non è, tuttavia, prevista in relazione al mancato rilascio, entro i termini ivi indicati, della Comunicazione antimafia da parte del Prefetto, impiegata, come sopra riportato, per la verifica dei requisiti dalla SOA.
Dal quadro sopra riportato, l’Autorità ne deduce la possibile incompatibilità tra il tempo necessario ad ottenere la Certificazione antimafia e quello previsto per il rilascio dell’attestato da parte della SOA.
Pertanto, secondo l’interpretazione logico-sistematica espressa nella determinazione n. 2/2014, deve ritenersi ammesso procedere all’emissione degli attestati SOA anche nelle more del rilascio della Comunicazione antimafia.
L’estensione della possibilità prevista per l’Informazione antimafia deriva dalla sostanziale omogeneità tra il contenuto di quest’ultima e quello della Comunicazione antimafia, da cui il primo si distingue poiché certifica in più anche la sussistenza o meno di tentativi di infiltrazione mafiosa.
Fatta sempre salva la facoltà da parte della SOA di procedere alla revoca dell’attestato illegittimamente rilasciato nella determinazione n. 2/2014 è evidenziato, infine, che il Codice antimafia, prevede un meccanismo di tutela.
E’, infatti, stabilito che l’amministrazione debba comunque acquisire la documentazione antimafia, “prima di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e i subcontratti relativi a lavori, servizi e forniture pubblici..” (artt. 83, comma 1, nonché artt. 94, comma 1, e 95, comma 3).
Ne consegue che, non è possibile che un operatore economico approfitti dell’attestazione rilasciata nelle more dei controlli antimafia, poiché la stazione appaltante è tenuta ad aspettare il riscontro della documentazione antimafia «prima» di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e i subcontratti.
Al riguardo, preme, tuttavia, evidenziare che l’acquisizione della predetta documentazione non è sempre compatibile con i tempi di affidamento ed esecuzione dell’appalto, poiché, nelle more dell’attivazione della Banca dati nazionale antimafia, le stazioni appaltanti «acquisiscono d’ufficio tramite le prefetture la documentazione antimafia», ossia in modo tradizionale (art. 99, comma 2-bis, del Codice antimafia).
Ne deriva la necessità di un approfondimento rispetto a quanto chiarito dall’Autorità sulla essenzialità della verifica antimafia «prima» della sottoscrizione del contratto, poiché a mente del Codice antimafia il mancato reperimento dell’Informazione antimafia (non della comunicazione), non è di ostatolo alla sottoscrizione del contratto di appalto.
Nei casi in cui è richiesta l’informazione antimafia, infatti, il Codice prevede che la stazione appaltante proceda nell’appalto anche nelle more del rilascio della relativa documentazione, qualora siano scaduti quarantacinque giorni dal ricevimento della richiesta o, in caso d’urgenza, decorsi quindici giorni dalla ricezione della stessa da parte della Prefettura (art. 92, comma 3, del Codice antimafia).
L’eventuale recesso dai contratti o revoca delle autorizzazioni è rimandata all’esito dell’informazione interdittiva, che potrà sopraggiungere anche successivamente all’avvio dell’esecuzione dell’appalto. In tal caso, il Codice antimafia chiarisce che, qualora la stessa informazione contenga una risposta positiva (ossia è presente almeno un tentativo di infiltrazione mafiosa), la stazione appaltante è tenuta al pagamento a favore dell’appaltatore di una somma pari al valore delle opere già eseguite ed al rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione della parte rimanente, nei limiti delle utilità conseguite (cfr. per il subappalto l’art. 92, comma 4, Codice antimafia).
Da evidenziare, infine, che la stessa disposizione dell’Informazione antimafia non è riprodotta nel caso di Comunicazione antimafia. Tale asimmetria sembrerebbe, tuttavia, trovare una soluzione nello schema di decreto legislativo concernente «ulteriori disposizioni integrative e correttive» del Codice antimafia.
In particolare si sottolinea come nella bozza di decreto (all’art. 2) venga stabilito che, qualora non risulti possibile concludere le relative verifiche nel termine di trenta giorni, a causa della loro complessità, l’amministrazione debba procedere a stipulare il contratto o rilasciare il provvedimento richiesto dall’impresa, che è soggetto tuttavia a condizione risolutiva, acquisendo preliminarmente una autocertificazione attestante l’assenza delle situazioni ostative (cfr. art. 67 del Codice antimafia).

 


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