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21.09.2016 - lavori pubblici

QUALI INTERVENTI DI MANUTENZIONE DEVONO ESSERE APPALTATI TRAMITE SOGGETTI AGGREGATORI

A far data da martedì 9 agosto 2016 gli enti locali, pena la mancata emissione dei Cig, dovranno transitare dalle centrali regionali e dalla Consip per i loro acquisti in cinque delle 19 categorie merceologiche individuate dal Governo lo scorso febbraio. Tra di esse, oltre ai servizi di guardiania, vigilanza armata, pulizia degli immobili, figurano anche i servizi di “manutenzione” e “impiantistica”.
In tale ambito devono esser ricondotti i soli “servizi” e non gli appalti di “lavori” relativi alla manutenzione di immobili o impianti. Esemplificando, la manutenzione della caldaia, delle lampadine, dei servizi igienici, etc. rientrano senz’altro nella categoria dei “servizi”. Tale concetto non può però essere esteso a quanto nella normativa italiana rientra nel concetto urbanistico di manutenzione.
Pertanto i lavori di manutenzione sugli immobili, che possono arrivare anche ad interventi pesanti di ristrutturazione, sono da ricondurre nell’alveo degli appalti di “lavori” e non di “servizi”. Per tali interventi i soggetti committenti non devono perciò utilizzare le centrali regionali o la piattaforma Consip, strumenti predisposti solo per forniture e servizi e non per lavori.
Si rammenta come la manovra di aggregazione delle stazioni appaltanti fosse stata avviata dal Dpcm 24 dicembre 2015, pubblicato in Gazzetta ufficiale lo scorso 9 febbraio. Con tale decreto sono state individuate le 19 categorie merceologiche per le quali gli appalti di fornitura o servizi devono necessariamente passare attraverso uno dei 35 soggetti aggregatori, in base all’architettura formalizzata dall’Anac e costruita dal decreto legge n. 66 del 2014. Quelle norme erano immediatamente attuative per tutte le amministrazioni regionali e statali, mentre per gli enti locali la data di entrata in vigore veniva spostata in avanti di sei mesi.
La sostanza, quindi, è che 14 categorie merceologiche di ambito sanitario transitano dagli aggregatori già dal febbraio scorso. Mentre le restanti cinque riguardano altri ambiti, molti dei quali collegati all’edilizia. È su questi che è scattato l’obbligo per i Comuni, a decorrere dal 9 agosto 2016.


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