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22.11.2013 - lavori pubblici

QUALI PROCURATORI DEVONO RENDERE LE DICHIARAZIONI DELL’ART. 38 DEL CODICE

(Consiglio di Stato, Sezioni Unite, n. 23 del 16/10/2013)

1. Nelle società di capitali la gestione dell’impresa è affidata in via ordinaria agli amministratori (art. 2380 bis e 2475 cod. civ. ). Questi compiono tutti gli atti e ogni operazione che si renda necessaria per attuare l’oggetto sociale. Il munus di amministrazione può essere esercitato in via individuale o collegiale. Nella seconda ipotesi lo statuto societario può prevedere la costituzione di un consiglio di amministrazione.
Lo spessore dei poteri degli amministratori si configura di massima come prevalente rispetto ad ogni altro soggetto abilitato ad agire per l’attuazione degli interessi societari, perché cumula in via ordinaria poteri di gestione, di indirizzo e di controllo che esplicano effetto condizionante dell’attività e delle scelte della compagine aziendale complessivamente considerata.

Ai fini della verifica dell’assenza delle cause di esclusione dalla gara l’art. 38, lett. c), del d.lgs. n. 163 del 2006 enuclea fra gli amministratori quelli “muniti di potere di rappresentanza”. Detti soggetti, in rapporto di rappresentanza organica, sono abilitati, a formulare dichiarazioni negoziali che obbligano la società nei confronti dei terzi ed a compiere tutte le operazioni necessarie all’attuazione dell’oggetto sociale,
Con la locuzione di “amministratori muniti del potere di rappresentanza” l’art. 38 lett. c) ha inteso, quindi, riferirsi ad un’individuata cerchia di persone fisiche che, in base alla disciplina codicistica e dello statuto sociale, sono abilitate ad agire per l’attuazione degli scopi societari e che, proprio in tale veste qualificano in via ordinaria, quanto ai requisiti di moralità e di affidabilità, l’intera compagine sociale.
In diverso modo si atteggia la posizione del procuratore ad negotia

Questa figura è eventuale e non necessaria nell’assetto istituzionale delle società di capitali. Elemento differenziale fra gli amministratori ed i procuratori ad negotia è che ai primi è, di norma, affidata l’attività gestoria dell’impresa con potere di rappresentanza generale, mentre i secondi, oltre a derivare il proprio potere dalla volontà (di regola) degli amministratori, operano di massima nell’interesse societario per oggetto limitato e soggiacciono al controllo di chi ha conferito la procura.
Nella modulazione degli assetti societari la prassi mostra tuttavia l’emersione, in talune ipotesi, di figure di procuratori muniti di poteri decisionali di particolare ampiezza e riferiti ad una pluralità di oggetti così che, per sommatoria, possano configurarsi omologhi, se non di spessore superiore, a quelli che lo statuto assegna agli amministratori. Anche in questo caso si pone l’esigenza di evitare, nell’ottica garantista dell’art. 38, comma 1, lett. c), che l’amministrazione contratti con persone giuridiche governate in sostanza, per scelte organizzative interne, da persone fisiche sprovviste dei necessari requisiti di onorabilità ed affidabilità morale e professionale, che si giovino dello schermo di chi per statuto riveste la qualifica formale di amministratore con potere di rappresentanza.

A ben vedere, in altre parole, in tal caso il procuratore speciale finisce col rientrare a pieno titolo nella figura cui si richiama l’art. 38, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 163 del 2006, poiché da un lato si connota come amministratore di fatto ai sensi dell’art. 2639, comma 1, cod. civ. e, d’altro lato, in forza della procura rilasciatagli, assomma in sé anche il ruolo di rappresentante della società, sia pure eventualmente solo per una serie determinata di atti.

Detta conclusione non è smentita dal menzionato art. 45 della direttiva U.E., il quale anzi, facendo riferimento, come già innanzi riportato, a “qualsiasi persona” che “eserciti il potere di rappresentanza, di decisione o di controllo” dell’impresa, sembra mirare, conformemente del resto all’orientamento generale del diritto dell’Unione, ad una interpretazione sostanzialista della figura
2. L’onere di rendere detta la dichiarazione non emergeva, tuttavia, in alcun modo dalla formulazione della lex specialis (con riguardo anche alla posizione rivestita dal procuratore nell’azienda di cui un ramo è stato ceduto all’odierna appellante) le cui disposizioni, stante il generico rinvio all’art. 38, comma 1 del d.lgs. n. 163, non prendevano affatto in considerazione le posizioni dei procuratori speciali, né di altro soggetto diverso da quelli desumibili in via immediata dal menzionato art. 38 cui la regolamentazione di gara fa rinvio. Non è stato inoltre dimostrata, né tantomeno assunta in via di ipotesi, l’esistenza di mende a carico del procuratore, così che dall’invocata verifica potesse sortire l’effetto preclusivo dell’ammissione alla gara per il difetto del requisito in questione.

. . . omisis . . .
2. La questione sottoposta all’esame dell’Adunanza Plenaria investe gli obblighi di dichiarazione dell’impresa partecipante del possesso dei requisiti di moralità (art. 38, lett. b) e c), del d.lgs. n. 163 del 2006) prescritti per l’ammissione alle procedure di affidamento di concessioni e di appalti pubblici.
La menzionata disposizione, nel selezionare plurime cause impeditive dell’ammissione alla gara e della stipulazione del relativo contratto, prescrive, in particolare, che l’accertamento è svolto nei confronti “degli amministratori muniti del potere di rappresentanza o del direttore tecnico” se si tratta di società o di consorzi organizzati nelle forme diverse dall’impresa individuale, in accomandita, o in nome collettivo.
L’art. 45 della direttiva 2004/18/CE – di cui l’art. 38 del d.lgs. 163 del 2006 costituisce trasposizione nell’ordinamento nazionale – stabilisce l’esclusione dalla partecipazione agli appalti pubblici del candidato o dell’offerente che abbia riportato condanne per ipotesi di reato nominativamente individuate. A tal fine le amministrazioni aggiudicatrici richiedono riscontri documentali o atti dichiarativi di parte elencati al paragrafo 3. Inoltre “in funzione del diritto nazionale dello stato membro in cui sono stabiliti i candidati o gli offerenti, le richieste riguarderanno le persone giuridiche e/o le persone fisiche, compresi i dirigenti delle imprese o qualsiasi persona che eserciti il potere di rappresentanza, di decisione o di controllo del candidato offerente”.
3. La giurisprudenza di questo Consiglio vede il contrapporsi di due indirizzi.
3.1. Il primo predica che si debba rimanere ancorati, con rigore ermeneutico, al dato formale della norma, che richiede la compresenza della qualità di amministratore e del potere di rappresentanza, in tal modo “prevenendo malcerte indagini sostanzialistiche” (Sez. V, n. 513 del 25 gennaio 2011) che non sembrano permesse dal dato normativo ed i cui esiti sarebbero imprevedibili ex ante da parte delle imprese (sez. III, n. 1471 del 16 marzo 2013; Sez. V, n. 95 del 10 gennaio 2013; n. 3340 del 6 giugno 2012; n. 2970 del 22 maggio 2012; n. 6163 del 21 novembre 2011).
Tale conclusione è sorretta dalla valenza limitativa della norma della partecipazione alle gare e, quindi, non suscettibile di interpretazione estensiva. Non sono, quindi dovute dichiarazioni nei confronti del procuratore e dell’institore. Vale al riguardo anche il principio di tassatività delle cause di esclusione enunciato al comma 1 bis dell’art. 46 del codice dei contratti.
A sostegno di detto indirizzo sono, in particolare, sviluppati i seguenti argomenti, che muovono dalla ricognizione della figura degli “amministratori muniti di potere di rappresentanza” – che si rinviene nella lettera dell’art. 38 del codice dei contratti pubblici – “in funzione del diritto nazionale”, come predicato dalla direttiva U.E, e ciò muovendo dal dato positivo della disciplina codicistica.
E’ stato, in particolare, posto in rilievo che:
– ai sensi dell’art. 2380-bis c.c., la gestione dell’impresa spetta esclusivamente agli amministratori e può essere concentrata in un unico soggetto (amministratore unico) o affidata a più persone, che sono i componenti del consiglio di amministrazione (in caso di scelta del sistema monistico ex artt. 2380 e 2409-sexiesdecies c.c.) o del consiglio di gestione (in caso di opzione in favore del sistema dualistico ex artt. 2380 e 2409-octiesdecies c.c.): ad essi, o a taluni tra essi, spetta la rappresentanza istituzionale della società;
– l’art. 38 del d.lgs. n. 163/06 richiede la compresenza della qualifica di amministratore e del potere di rappresentanza (che può essere limitato per gli amministratori ex art. 2384, comma 2, c.c.) e non vi è alcuna possibilità per estendere l’applicabilità della disposizione a soggetti, quali i procuratori, che amministratori non sono;
– si versa a fronte di norma che limita la partecipazione alle gare e la libertà di iniziativa economica delle imprese, essendo prescrittiva dei requisiti di partecipazione e che, in quanto tale, assume carattere eccezionale e non può formare oggetto di applicazione analogica a situazioni diverse, quale è quella dei procuratori;
– ogni applicazione analogica sarebbe opinabile, in presenza di una radicale diversità della situazione dell’amministratore, cui spettano compiti gestionali e decisionali sugli indirizzi e sulle scelte imprenditoriali, e quella del procuratore il quale, benché possa essere munito di poteri di rappresentanza, è soggetto dotato di limitati poteri rappresentativi e gestionali, ma non decisionali (nel senso che i poteri di gestione sono svolti nei limiti delle direttive fornite dagli amministratori);
– l’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006 – nell’individuare i soggetti tenuti a rendere la dichiarazione – fa riferimento soltanto agli “amministratori muniti di potere di rappresentanza”: ossia, ai soggetti che siano titolari di ampi e generali poteri di amministrazione, senza estendere l’obbligo ai procuratori; oltre ad essere maggiormente rispondente al dato letterale del citato art. 38, evita che l’obbligo della dichiarazione possa dipendere da sottili distinzioni circa l’ampiezza dei poteri del procuratore, inidonee a garantire la certezza del diritto sotto un profilo di estrema rilevanza per la libertà di iniziativa economica delle imprese, costituito dalla possibilità di partecipare ai pubblici appalti.
3.2. Un secondo indirizzo, che si può definire sostanzialista, supera il dato formale dell’art. 38 ed estende l’obbligo della dichiarazione della sussistenza dei requisiti morali e professionali a quei procuratori che, per avere consistenti poteri di rappresentanza dell’impresa, “siano in grado di trasmettere, con il proprio comportamento, la riprovazione dell’ordinamento nei riguardi della propria condotta al soggetto rappresentato” (Cons. St., sez. VI, n. 178 del 18 gennaio 2012; n. 6374 del 12 dicembre 2012; n. 5150 del 28 settembre 2012: sez. IV, n. 6664 del 21 dicembre 2012).
Tale seconda opzione assegna un’area di discrezionalità valutativa della stazione appaltante in ordine alla selezione delle posizioni per le quali vada assolto l’obbligo di dichiarazione ex art. 38, in base allo spessore dell’ingerenza del procuratore nella gestione societaria, e dà luogo alla possibile emersione ex post di condizioni impeditive della partecipazione alle gare. L’indirizzo in questione trae preminente giustificazione nella ratio dell’art. 38 che, attraverso l’indagine sulle persone fisiche che operano nell’interesse dell’impresa, tende a prevenire ogni ricaduta di condotte che siano incorse in giudizi riprovevoli sull’affidabilità e moralità dell’ente che aspira all’affidamento della pubblica commessa. Verrebbe meno ogni possibile schermo o copertura di amministratori strictu jure dotati dei requisiti di onorabilità rispetto procuratori che non ne siano sprovvisti.
4. Si è in precedenza accennato che l’art. 45 della direttiva 2004/18/CE. stabilisce un nesso funzionale con il “diritto nazionale dello stato membro in cui sono stabiliti i candidati o gli offerenti” ai fini della verifica dei requisiti di ammissione e precisa che “le richieste riguarderanno le persone giuridiche e/o le persone fisiche, compresi i dirigenti delle imprese o qualsiasi persona che eserciti il potere di rappresentanza, di decisione o di controllo del candidato offerente”.
L’approccio interpretativo muove con riguardo a fattispecie – qual è quella di cui è controversia – in cui gli obblighi di dichiarazione dei partecipanti alla gara si individuano con stretto rinvio ai contenuti prescrittivi di cui all’art. 38 del d.lgs. n. 163.

Si deve, inoltre, tener conto, su un piano sistematico, che la verifica dei requisiti di ammissione si inserisce nella delicata fase del sub procedimento di qualificazione ed ammissione delle imprese alla gara.
Valgono al riguardo i principi enunciati dall’art. 1 della legge n. 241 del 1990 di trasparenza, e cioè con riguardo al caso di specie, di chiarezza ex ante degli oneri adempitivi del privato, nonché di efficacia, che postula scelte provvedimentali garanti, su un piano di effettività, del favor partecipationis al concorso, con prevenzione di reprimende occulte del diritto di accesso alle pubbliche gare.
Il principio di proporzionalità di matrice comunitaria (avuto riguardo alle conseguenze espulsive che seguono alla verifica di segno negativo dei requisiti di ammissione alla gara) induce, inoltre, a ripudiare una scelta interpretativa dell’art. 38 comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 163 del 2006, disancorata da margini di certezza.
Ciò posto, il dato letterale di detto art. 38, comma 1, lett. c), collega la causa di esclusione dalla gara per mancanza dei requisiti di moralità e di affidabilità, nelle ipotesi esemplificate nella disposizione medesima, agli “amministratori muniti del potere di rappresentanza” oltreché al “direttore tecnico”.

Alla stregua delle regole codicistiche, nelle società di capitali la gestione dell’impresa è affidata in via ordinaria agli amministratori (art. 2380 bis e 2475 cod. civ. ). Questi compiono tutti gli atti e ogni operazione che si renda necessaria per attuare l’oggetto sociale. Il munus di amministrazione può essere esercitato in via individuale o collegiale. Nella seconda ipotesi lo statuto societario può prevedere la costituzione di un consiglio di amministrazione.
Lo spessore dei poteri degli amministratori si configura di massima come prevalente rispetto ad ogni altro soggetto abilitato ad agire per l’attuazione degli interessi societari, perché cumula in via ordinaria poteri di gestione, di indirizzo e di controllo che esplicano effetto condizionante dell’attività e delle scelte della compagine aziendale complessivamente considerata.

Ai fini della verifica dell’assenza delle cause di esclusione dalla gara l’art. 38, lett. c), del d.lgs. n. 163 del 2006 enuclea fra gli amministratori quelli “muniti di potere di rappresentanza”. Detti soggetti, in rapporto di rappresentanza organica, sono abilitati, a formulare dichiarazioni negoziali che obbligano la società nei confronti dei terzi ed a compiere tutte le operazioni necessarie all’attuazione dell’oggetto sociale,
Con la locuzione di “amministratori muniti del potere di rappresentanza” l’art. 38 lett. c) ha inteso, quindi, riferirsi ad un’individuata cerchia di persone fisiche che, in base alla disciplina codicistica e dello statuto sociale, sono abilitate ad agire per l’attuazione degli scopi societari e che, proprio in tale veste qualificano in via ordinaria, quanto ai requisiti di moralità e di affidabilità, l’intera compagine sociale.
In diverso modo si atteggia la posizione del procuratore ad negotia
Questa figura è eventuale e non necessaria nell’assetto istituzionale delle società di capitali. Elemento differenziale fra gli amministratori ed i procuratori ad negotia è che ai primi è, di norma, affidata l’attività gestoria dell’impresa con potere di rappresentanza generale, mentre i secondi, oltre a derivare il proprio potere dalla volontà (di regola) degli amministratori, operano di massima nell’interesse societario per oggetto limitato e soggiacciono al controllo di chi ha conferito la procura.
Nella modulazione degli assetti societari la prassi mostra tuttavia l’emersione, in talune ipotesi, di figure di procuratori muniti di poteri decisionali di particolare ampiezza e riferiti ad una pluralità di oggetti così che, per sommatoria, possano configurarsi omologhi, se non di spessore superiore, a quelli che lo statuto assegna agli amministratori.

Anche in questo caso, come sottolineato nella stessa ordinanza di remissione, si pone l’esigenza di evitare, nell’ottica garantista dell’art. 38, comma 1, lett. c), che l’amministrazione contratti con persone giuridiche governate in sostanza, per scelte organizzative interne, da persone fisiche sprovviste dei necessari requisiti di onorabilità ed affidabilità morale e professionale, che si giovino dello schermo di chi per statuto riveste la qualifica formale di amministratore con potere di rappresentanza.

A ben vedere, in altre parole, in tal caso il procuratore speciale finisce col rientrare a pieno titolo nella figura cui si richiama l’art. 38, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 163 del 2006, poiché da un lato si connota come amministratore di fatto ai sensi dell’art. 2639, comma 1, cod. civ. e, d’altro lato, in forza della procura rilasciatagli, assomma in sé anche il ruolo di rappresentante della società, sia pure eventualmente solo per una serie determinata di atti.
Detta conclusione non è smentita dal menzionato art. 45 della direttiva U.E., il quale anzi, facendo riferimento, come già innanzi riportato, a “qualsiasi persona” che “eserciti il potere di rappresentanza, di decisione o di controllo” dell’impresa, sembra mirare, conformemente del resto all’orientamento generale del diritto dell’Unione, ad una interpretazione sostanzialista della figura.
Naturalmente, in aderenza a quanto affermato da questa medesima Adunanza plenaria con sentenza n. 10 del 2012 a proposito delle fattispecie relative alla cessione di azienda o di ramo di azienda, stante la non univocità della norma circa l’onere dichiarativo dell’impresa nelle ipotesi in esame (cui va aggiunta, per il passato, l’incertezza degli indirizzi giurisprudenziali) deve intendersi che, qualora la lex specialis non contenga al riguardo una specifica comminatoria di esclusione, quest’ultima potrà essere disposta non già per la mera omessa dichiarazione ex art. 38 cit., ma soltanto là dove sia effettivamente riscontrabile l’assenza del requisito in questione.
5. Con riguardo alla fattispecie di cui è controversia la regolamentazione di gara (punto 10.2. del disciplinare) imponeva di produrre, a pena di esclusione, nella busta A (relativa alla documentazione amministrativa) una dichiarazione sostitutiva con la quale il concorrente “attesta, indicandole specificamente, di non trovarsi nelle cause di esclusione previste dall’art. 38, comma 1, del d.lgs. n. 163/2006”.

Il T.A.R., con interpretazione estensivo/analogica – non consentita per le ragioni innanzi esposte – ha ritenuto dovuta detta dichiarazione anche relativamente al procuratore speciale, traendo da ciò con carattere di automatismo la comminatoria di espulsione dalla gara.
L’onere di rendere detta la dichiarazione non emergeva, tuttavia, in alcun modo dalla formulazione della lex specialis (con riguardo anche alla posizione rivestita dal procuratore nell’azienda di cui un ramo è stato ceduto all’odierna appellante) le cui disposizioni, stante il generico rinvio all’art. 38, comma 1 del d.lgs. n. 163, non prendevano affatto in considerazione le posizioni dei procuratori speciali, né di altro soggetto diverso da quelli desumibili in via immediata dal menzionato art. 38 cui la regolamentazione di gara fa rinvio. Non è stato inoltre dimostrata, né tantomeno assunta in via di ipotesi, l’esistenza di mende a carico del procuratore, così che dall’invocata verifica potesse sortire l’effetto preclusivo dell’ammissione alla gara per il difetto del requisito in questione.


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