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06.11.2001 - lavori pubblici

GLI ORDINI DEL DIRETTORE LAVORI NON ESCLUDONO LA RESPONSABILITA’ DELL’IMPRESA PER I DANNI A TERZI

GLI ORDINI DEL DIRETTORE LAVORI NON ESCLUDONO LA RESPONSABILITA’ DELL’IMPRESA PER I DANNI A TERZI GLI ORDINI DEL DIRETTORE LAVORI NON ESCLUDONO LA RESPONSABILITA’ DELL’IMPRESA PER I DANNI A TERZI
Corte di cassazione – Sezione III civile – Sentenza del 10 ottobre 2001, n. 12384

La responsabilità dell’ente committente non esclude la responsabilità dell’impresa appaltatrice, che ha il dovere di assumere le dovute iniziative, anche contro il divieto del direttore dei lavori, atte ad eludere danni a terzi, ivi compresa quella di interrompere i lavori.
La funzione direttiva riservata al committente riduce, ma non annulla, l’autonomia dell’appaltatore, non potendo trasformare costui in un passivo strumento nelle mani del committente o del direttore dei lavori. Anche quando l’appaltatore sia tenuto ad eseguire il progetto sotto controllo e la vigilanza del direttore dei lavori, egli conserva la sua autonomia circa le modalità di esecuzione e le iniziative da intraprendere per scongiurare che dall’esecuzione dell’opera derivino danni a terzi.

SVOLGMENTO DEL PROCESSO
Con citazione 23/5/88 Scarpellini Giovanna c Giuseppina, ottenuti i provvedimenti d’urgenza dal pretore, riassumevano il giudizio di merito avanti al tribunale di Roma nei confronti del Comune di Subiaco e dell’appaltatore Coppelli Roberto, diretto ad ottenere il risarcimento dei danni riportati alla loro villa di Subiaco a seguito dei lavori di costruzione di un edificio scolastico a monte della medesima.
Il tribunale di Roma con sentenza non definitiva dell’11/12/92 condannava il Comune di Subiaco e l’appaltatore Coppelli al risarcimento dei danni alle opere murarie della villa e rigettava l’istanza relativa alle alberature.
Avverso tale sentenza proponevano appello in via principale sia il Comune di Subiaco, che negava il nesso causale tra lavori eseguiti ed evento dannoso e attribuiva, in subordine, la responsabilità all’impresa appaltatrice, sia lo stesso appaltatore, che sosteneva la tesi dalla forza maggiore da individuarsi nelle eccezionali precipitazioni piovose verificatesi all’epoca e, in subordine, quella dell’attribuibilità dell’evento dannoso alla condotta colposa del comune; in via incidentale, le Scarpellini che chiedevano il riconoscimento del danno alle alberature.
La Corte d’Appello di Roma con sentenza n. 1132 del 22/1/99, depositata il 4/4/99 rigettava gli appelli principali e, in accoglimento dell’incidentale, condannava il Comune di Subiaco e Coppelli Roberto a rifondere alle Scarpellini la somma di L. 266.390.000, comprensiva di rivalutazione monetaria, oltre interessi legali a titolo di risarcimento per i danni alle alberatu re; condannava, altresì, gli appellanti principali a rifondere alle stesse le spese del grado.
Per la cassazione della decisione ricorre in via principale il Comune di Subiaco esponendo 4 motivi.
Resiste con controricorso Coppelli Roberto, chiedendo in via incidentale l’affermazione dell’esclusiva responsabilità del Comune di Subiaco.
Resistono altresì con controricorso le Scarpellini con salvezza delle spese del grado.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso principale e quello incidentale debbono essere esaminati congiuntamente attenendo alla medesima sentenza.
Con il primo motivo di ricorso il Comune di Subiaco, deducend.o violazione e falsa applicazione degli artt. 1223 e 2056 Cc, sostiene che la Corte di merito non abbia tenuto conto delle osservazioni della Ct di parte in ordine allo stato di abbandono in cui versava la villa delle Scarpellini e della coincidenza del crollo del muro di sostegno della medesima con le eccezionali precipitazioni atmosferiche verificatesi in quel periodo ed osserva che tali circostanze avrebbero dovuto indurre ad escludere il nesso causale tra i lavori appaltati dal Comune e il crollo del muro della villa, perchè secondo il principio codificato dall’art. 1223 Cc i danni subiti, per essere risarciti, devono configurarsi come conseguenza immediata e diretta della condotta del danneggiante.
L’appaltatore Coppelli, ricorrente incidentale, ha aderito alla tesi difensiva del Comune di Subiaco, aggiungendo che il muro crollato null’altro era se non una vecchia maceria a secco, la cui resistenza sarebbe venuta meno sotto la spinta del terrapieno in occasione di una precipitazione di particolare intensità.
Il motivo, sotto l’apparente violazione di legge, mira a rimettere in discussione l’accertamento del fatto nella sua materialità causale e, per giunta, in base a considerazioni svolte da consulente di parte, confutate, per quanto riferito in motivazione dell’impugnata sentenza, dai risultati della consulenza tecnica di ufficio. Di conseguenza, non è suscettibile di valutazione in questa sede.
Né miglior risultato consegue il secondo motivo di ricorso del Comune di Subiaco, al quale pure ha aderito l’appaltatore con il ricorso incidentale: deducendo insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione al nesso causale tra lavori effettuati e danni subiti dalle alberature della villa, si sostiene che la Corte di merito sia giunta a conclusioni opposte a quelle ritenute dal tribunale pur in presenza di un’analisi svolta in proposito dal Ctu.
Ed invero, il sostrato argomentativo della Corte di merito su tale punto è costituito da sicuri elementi di riferimento che non consentono di pervenire a diversa interpretazione del fatto.
La Corte di merito, infatti, poggia il suo convincimento sul fatto che la Ctu disposta dal pretore in epoca prossima all’accadimento del fatto, mise in rilievo che l’incrinatura delle piante era da attribuirsi al crollo del muro e al riversarsi delle acque nella villa; sulla circostanza che il fenomeno interessò la quasi totalità degli alberi, e sulla considerazione che le alberature in questione erano di tale specie, quali la sequoia, i pini e i lecci, per cui era da escludersi che fossero pervenuti a vetustà o ad eccessivo accrescimento.
Con il terzo motivo di ricorso principale, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 1655 e 2043 Cc, si sostiene che la Corte di merito, nel considerare il Comune di Subiaco, quale committente delle opere, responsabile dei danni causati alla villa Scarpellini, ha errato nell’interpretazione delle suddette norme di riferimento, perché l’autonomia dell’appaltatore sancita dall’art. 1655 Cc, esclude qualsiasi responsabilità del committente per danni eventualmente causati a terzi nell’esecuzione delle opere appaltate, danni, di cui, ex art. 2043 Cc, deve rispondere in via esclusiva l’appaltatore, a meno che il committente non ne limiti l’autonomia, inserendosi nella realizzazione dell’opera o del servizio, riducendo l’appaltatore a nudus minister ovvero, in via indiretta, affidi l’appalto ad impresa priva delle necessarie capacità tecniche ed organizzative per la corretta esecuzione del contratto, ipotesi queste che la stessa Corte di merito aveva escluso che ricorressero nel caso in esame, dando atto della professionalità dell’imprenditore e della sua autonomia nell’esecuzione dell’opera.
Di diverso avviso è l’appaltatore con il suo ricorso incidentale su tale specifico punto delle controversie, laddove, denunciando violazione e falsa applicazione delle norme di riferimento, nonchè insufficiente o contraddittoria motivazione sullo stesso punto, rileva di non aver posto in essere alcun antecedente causale del fatto dannoso, per avere continuamente rappresentato al committente il pericolo per la stabilità della villa costituito dall’esecuzione dell’opera così come era stata progettata, per essersi adoperato a eseguire ogni accorgimento possibile per limitare il rischio relativo all’esecuzione dell’opera, di aver ripetutamente chiesto una variante al progetto, ma di essere stato indotto alla prosecuzione dei lavori dal Direttore dei Lavori, che aveva escluso qualsiasi situazione di pericolo per la villa delle Scarpellini per l’esecuzione dell’opera.
Nessuna censura è possibile muovere alla Corte di merito circa la portata interpretative delle suddette norme di riferimento e la loro concreta applicazione nel caso di specie.
Ben vero, dopo l’esposizione dei dati tecnici comprovanti il nesso di causalità materiale tra l’esecuzione dei lavori appaltati e il danno alla villa e alle alberature delle Scarpellini, la Corte di merito ha rilevato l’inerzia del sindaco del suddetto Comune di fronte ai ripetuti inviti e sollecitazioni dell’appaltatore volti ad ottenere la sospensione dei lavori e l’approvazione di una perizia di variante che tenesse conto della particolare situazione dei luoghi e del possibile danno a terzi che ne potevano derivare dalla loro esecuzione così come progettata e raffigurata nel piano esecutivo, ma non ha potuto esimersi dal considerare che l’appaltatore, nonostante l’avvertito pericolo, proseguì nell’esecuzione dell’opera fino a quando non avvenne il crollo del muro di delimitazione della villa.
Giustamente ha osservato che le gravi omissioni che hanno caratterizzato la riprovevole condotta del sindaco, involgono la responsabilità del Comune, dato il rapporto organico tra l’ente e chi lo rappresenta, ma che la conclamata responsabilità dell’ente committente non elude la responsabilità dell’impresa appaltatrice, la quale aveva il dovere di assumere le dovute iniziative, anche contro il divieto del direttore dei lavori, atte ad eludere l’incombenza del pericolo, ivi compresa quella di interrompere i lavori.
Ed infatti, la funzione direttiva riservata al committente riduce, ma non annulla l’autonomia dell’appaltatore, non potendo trasformare costui in un passivo strumento nelle mani del committente o del direttore dei lavori, a meno che lo stesso non sia tenuto per contratto ad eseguire il progetto senza possibilità d’interferire circa la modalità d’esecuzione del medesimo; ma al di fuori di tale ipotesi, anche quando sia tenuto ad eseguire il progetto sotto controllo e la vigilanza del direttore dei lavori, egli conserva la sua autonomia circa le modalità di esecuzione e le iniziative da intraprendere per scongiurare che dall’esecuzione dell’opera derivino danni a terzi, di tal che quando l’appaltatore non agisce qual nudus minister, la sua responsabilità per danni cagionati a terzi è governata dalle regole dagli atti illeciti extracontrattuali, ipotesi, che rende compatibili il concorso di colpa dell’appaltatore con quella del committente, come effettivamente ritenuta nella sentenza impugnata.
Per le ragioni suesposte vanno rigettati sia il ricorso principale sia quello incidentale ed i ricorrenti vanno condannati in solido alla rifusione delle spese del giudizio di cassazione in favore delle intimate Scarpellini, così come liquidate, in dispositivo.

PQM
Riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale; condanna entrambi i ricorrenti in solido alle spese del grado in favore delle controricorrenti.


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