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05.09.2002 - lavori pubblici

APPALTI PUBBLICI – PER L’AMMISSIONE ALLA GARA È SUFFICIENTE LA DICHIARAZIONE SUI DISABILI SENZA PRESENTARE L’ATTESTAZIONE DEGLI UFFICI COMPETENTI

APPALTI PUBBLICI – PER APPALTI PUBBLICI – PER          L’AMMISSIONE ALLA GARA E’ SUFFICIENTE LA DICHIARAZIONE SUI DISABILI SENZA PRESENTARE L’ATTESTAZIONE DEGLI UFFICI COMPETENTI
(Consiglio di Stato, Sezione V – Sentenza 17 aprile 2002, n. 2020)

Il disposto di cui all’art. 17 della legge n. 68 del 1999 (e, quindi, il bando che vi si richiama) prevede, che “le imprese, qualora partecipino a bandi per appalti pubblici o intrattengano rapporti convenzionali o di concessione con pubbliche amministrazioni, sono tenute a presentare preventivamente alle stesse la dichiarazione del legale rappresentante che attesti di essere in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili, nonché apposita certificazione rilasciata dagli uffici competenti dalla quale risulti l’ottemperanza alle norme della presente legge, pena l’esclusione”.
Tali disposizioni vanno interpretate nel senso che, ai fini della partecipazione alla gara, sia sufficiente che venga resa (a pena di esclusione) la detta dichiarazione, attestante che l’impresa è in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili; nell’ipotesi di provvisoria aggiudicazione, l’impresa aggiudicataria deve, poi, essere invitata a certificare, sempre a pena di esclusione, l’ottemperanza alle norme medesime tramite la certificazione dei competenti uffici.                     
DIRITTO

1) – L’appello è infondato.
Il bando di gara prescrive, al n. 9 (modalità di presentazione dell’offerta) lettera A, che la “istanza di ammissione alla gara” contenga una dichiarazione, successivamente verificabile, attestante, tra l’altro – v. pag. 4, punto 12 della stessa lettera A – “di essere in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili (art. 17 legge n. 68/99)”; la successiva lettera I (pag. 7 del bando), sempre relativa ai documenti da produrre in originale, prescrive una “certificazione, rilasciata dagli Uffici competenti, dalla quale risulti l’ottemperanza alla legge 23.03.1999, n. 68 sul diritto al lavoro dei disabili”; il punto 10) del bando, relativo alla “ricezione delle offerte”, avverte “che si farà luogo all’esclusione dalla gara di tutte le offerte tardive o di tutti quei concorrenti per i quali manchi o risulti incompleta o irregolare la documentazione richiesta”.
Sulla base di tale disposizione è stata esclusa la società qui appellata, che ha reso, ai fini della partecipazione alla gara, la seguente dichiarazione: “di essere in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili (art. 17 legge n. 68/99)”; ma che non ha prodotto la “certificazione, rilasciata dagli Uffici competenti, dalla quale risulti l’ottemperanza alla legge 23.03.1999, n. 68 sul diritto al lavoro dei disabili”, di cui alla sopra riportata lettera I del punto 9) del bando.
Tale mancanza è stata sanzionata con l’esclusione ai sensi del citato punto 10) del bando stesso, essendo stata rivista alla stregua di una mancanza o incompletezza della documentazione richiesta.
2) – Ritiene la Sezione – condividendo le censure svolte in primo grado – che illegittimamente sia stata esclusa dalla gara l’originaria ricorrente.
Il disposto di cui all’art. 17 della citata legge n. 68 del 1999 (e, quindi, il bando che vi si richiama) prevede, infatti, che “le imprese, sia pubbliche sia private, qualora partecipino a bandi per appalti pubblici o intrattengano rapporti convenzionali o di concessione con pubbliche amministrazioni, sono tenute a presentare preventivamente alle stesse la dichiarazione del legale rappresentante che attesti di essere in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili, nonché apposita certificazione rilasciata dagli uffici competenti dalla quale risulti l’ottemperanza alle norme della presente legge, pena l’esclusione”.
Ebbene, tali disposizioni vanno interpretate nel senso che, ai fini della partecipazione alla gara, sia sufficiente che venga resa (a pena di esclusione) la detta dichiarazione, attestante che l’impresa è in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili; nell’ipotesi di provvisoria aggiudicazione, l’impresa aggiudicataria deve, poi, essere invitata a certificare, sempre a pena di esclusione, l’ottemperanza alle norme medesime tramite i competenti uffici.
In tal senso convincono considerazioni d’ordine logico-sistematico, secondo cui ai fini della partecipazione ai pubblici appalti sono normalmente sufficienti le semplici dichiarazioni rese dai candidati, mentre la documentazione attestante il possesso dei requisiti dichiarati deve essere offerta, generalmente, solo in seguito all’aggiudicazione ovvero, negli appalti di lavori pubblici, nell’ipotesi in cui l’impresa sia stata inserita tra quelle per le quali, ai sensi dell’art. 10, comma 1-quater della legge n. 109/1994, deve essere operata la preventiva verifica del possesso dei requisiti ivi prescritta; e, del resto, non avrebbe senso logico richiedere, da un lato, la dichiarazione in merito al possesso del requisito e, contemporaneamente e agli stessi fini della concreta partecipazione alla gara, anche il deposito della correlativa certificazione.
Nella specie, quindi, la detta dichiarazione, atta ad impegnare la responsabilità dell’impresa, è stata ritualmente resa, sicché la stessa non avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara (con la conseguente omessa apertura della sua offerta economica).
Solo l’aggiudicataria provvisoria, infatti, è tenuta a fornire la certificazione richiesta dalla legge e, in conformità con questa, anche dal bando; bando che, quindi, neppure avrebbe dovuto essere impugnato, dal momento che, in base alla sua interpretazione corretta e conforme alla legge, non avrebbe potuto disporsi l’esclusione dell’originaria ricorrente; e ciò tanto più in un caso quale quello in esame, in cui l’impresa, in quanto dotata di meno di quindici dipendenti, neppure era soggetta alle disposizioni di cui alla ripetuta legge n. 68/1999.
In occasione, poi, dell’eventuale provvisoria aggiudicazione in suo favore, l’impresa stessa ben avrebbe potuto dichiarare di non essere tenuta, dato il ridotto numero di dipendenti (non contestato, peraltro, dall’appellante), al rispetto degli obblighi dalla stessa legge previsti solo per imprese con più di 14 dipendenti, eventualmente (ma non necessariamente, dal momento che tanto non è richiesto dal legislatore né dalla lex specialis della gara) autocertificando tale circostanza ovvero, e se possibile, munendosi della relativa certificazione (sempreché, naturalmente, gli uffici preposti siano in grado di rendere anche una certificazione di contenuto negativo allorché l’impresa abbia un numero di dipendenti inferiore rispetto a quello minimo previsto dalla legge per l’applicazione della stessa).
3) – Fa notare, ancora, l’appellante che la T. s.n.c. avrebbe dichiarato solo di essere in regola con le norme della legge n. 68/1999, mentre solo in un momento successivo – e tardivamente – avrebbe precisato di non essere tenuta all’osservanza delle norme stesse; ebbene, altro sarebbe l’essere in regola, altro il non essere tenuta all’osservanza delle dette disposizioni; donde, comunque, l’assoluta equivocità, negligenza e inidoneità della dichiarazione; fin dal momento dell’invio dei documenti alla P.A. ben avrebbe potuto l’interessata autocertificare, quanto meno, di avere una manodopera inferiore ai 15 dipendenti.
Anche tale profilo di censura non può, per i motivi anzidetti, essere condiviso.
Come si è visto, l’offerta dell’interessata non avrebbe potuto essere esclusa prima di procedere all’apertura delle buste, dal momento che la dichiarazione anzidetta – di essere in regola con le norme della legge n. 68/1999 – era valida e sufficiente ai fini della partecipazione alla gara e, quindi, ai fini dell’ammissione all’apertura delle buste.
Quanto alla utilizzazione dell’autocertificazione, questa era possibile pur nel silenzio, sul punto, del bando di gara; ma avrebbe potuto essere richiesta, come si ripete, solo in sede di verifica dei requisiti ex art. 10, comma 1-quater della legge n. 109/1994, ovvero di aggiudicazione provvisoria.
Donde, anche sotto tale profilo, l’illegittimità dell’esclusione dell’originaria ricorrente dalla gara di cui si tratta.
4) – Né può, in proposito, convenirsi con il Comune nel ritenere che l’eventuale riammissione in gara dell’interessata avrebbe dovuto, comunque, comportare necessariamente, da parte della P.A., per motivi di parità di trattamento e di rispetto della par condicio, anche la riammissione di due altre imprese, escluse, per lo stesso motivo; sicché nessuna certezza vi sarebbe stata in merito all’aggiudicazione a favore dell’originaria ricorrente, con la conseguente inammissibilità dell’originario ricorso per difetto d’interesse.
A parte il fatto che rimarrebbe comunque fermo l’interesse dell’appellata quanto meno ai fini del risarcimento del danno per perdita di chances, vi è, comunque, da osservare che nessun onere o obbligo nei sensi ora indicati fa capo all’Amministrazione, dal momento che le imprese appena dette hanno fatto acquiescenza all’esclusione nei loro confronti operata.
Le disposte esclusioni rappresentano, del resto, provvedimenti tra loro autonomi anche se contestuali; sicché l’annullamento in sede giurisdizionale di uno solo di tali atti preclusivi non implica affatto la rimozione degli altri e non pregiudica la par condicio dei concorrenti il fatto che l’ammissione alla gara venga operata nei confronti della sola ricorrente.
5) – Con l’appello incidentale svolto in calce alle proprie difese l’impresa appellata rileva che, nell’ipotesi in cui, nel prosieguo del giudizio, dovesse risultare l’esecuzione, totale o parziale, da parte della controinteressata, dei lavori oggetto della gara, ad essa appellante incidentale spetterebbe il diritto al risarcimento del danno per equivalente.
Non si tratta, in effetti, di un vero e proprio appello, ma di una riserva di domanda risarcitoria correlata a fatti e circostanze eventuali (aggiudicazione della gara all’originaria ricorrente a seguito dell’ammissione della sua offerta; verificato possesso dei requisiti di partecipazione e della rispondenza al vero delle dichiarazioni rese etc.; parziale espletamento dei lavori da parte della controinteressata), ma che dovranno, a seguito di apposita, nuova domanda, essere prese in considerazione in separata sede.
6) – Per tali motivi l’appello in epigrafe appare infondato e va respinto.
Le spese seguono, come di norma, la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.


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