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02.02.2005 - ambiente

DELEGA AL GOVERNO PER IL RIORDINO DELLA LEGISLAZIONE IN MATERIA AMBIENTALE

DELEGA AL GOVERNO PER IL RIORDINO DELLA LEGISLAZIONE IN MATERIA AMBIENTALE DELEGA AL GOVERNO PER IL RIORDINO DELLA LEGISLAZIONE IN MATERIA AMBIENTALE

Dopo un iter parlamentare durato più di tre anni, la Camera dei Deputati ha approvato in via definitiva il disegno di legge (Atto S/1753 – C/1798) contenente la delega al Governo per il riordino e il coordinamento della legislazione in materia ambientale nonchè alcune norme di immediata applicazione, fra cui quelle che introducono la compensazione dei diritti edificatori ed un nuovo regime sanzionatorio per gli interventi edilizi su immobili sottoposti a tutela.
La delega rappresenta, pertanto, un’importante opportunità per semplificare ed apportare modifiche ad una normativa che, oltre a discostarsi spesso in modo più restrittivo dalla normativa comunitaria, si presenta complessa e contraddittoria e quindi di difficile attuazione da parte dei soggetti chiamati ad applicarla.
Tutte le materie oggetto della delega interessano direttamente o indirettamente il settore e sono:
– gestione dei rifiuti e bonifica dei siti contaminati
– tutela delle acque
– difesa del suolo
– gestione delle aree protette
– risarcimento dei danni all’ambiente
– procedure per la Valutazione di impatto ambientale (VIA), per la Valutazione ambientale strategica (VAS) e per l’autorizzazione ambientale integrata (IPPC)
– tutela dell’aria

La procedura.
Il Governo ha a disposizione diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge per adottare, sentito il parere della Conferenza unificata Stato-Regioni-Enti locali, una serie di decreti legislativi, anche nella forma di Testi Unici.
La proposta per l’adozione dei decreti spetta al Ministro dell’ambiente, che si avvale di una apposita Commissione di ventiquattro esperti, d’intesa con gli altri Ministri competenti (comma 11). È prevista anche la consultazione delle organizzazioni imprenditoriali (comma 14).
Entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge gli schemi dei decreti legislativi dovranno comunque essere trasmessi al Parlamento per ottenere il parere delle Commissioni competenti. Il mancato rispetto del termine comporterà la decadenza del Governo dal potere legislativo.
È previsto che nei due anni successivi all’entrata in vigore dei decreti legislativi stessi il Governo possa modificarli ed integrarli.
In considerazione dei tempi ristretti previsti dalla legge, è probabile che il Ministro procederà quanto prima all’insediamento della Commissione ed alla predisposizione degli schemi dei decreti legislativi.

Principi e criteri direttivi.
I decreti legislativi dovranno conformarsi ai principi e alla normativa comunitaria nonchè al principio di sussidiarietà sancito dall’art. 118 della Costituzione, in base al quale le competenze amministrative devono essere attribuite all’ente più vicino ai cittadini ossia al Comune, salvo che il perseguimento del fine pubblico richieda l’intervento delle Province, delle Regioni o dello Stato.
In particolare, dovranno essere rispettati alcuni principi e criteri direttivi fondamentali, tra i quali:
– certezza delle sanzioni per le violazioni delle disposizioni a tutela dell’ambiente e coordinamento del sistema sanzionatorio
– i principi di prevenzione, di precauzione e di riduzione degli inquinamenti e dei danni all’ambiente
– il principio ‘‘chi inquina paga”
– l’adozione di misure che garantiscano la tempestività e l’efficacia dei piani e dei programmi di tutela ambientale, estendendo, dove possibile, le procedure semplificate previste dalla Legge 443/2001 (Legge Obiettivo)
– la semplificazione delle procedure in materia ambientale che prevedono obblighi di dichiarazione, comunicazione, denuncia, notificazione.
La legge precisa, al comma 3, che, proprio per evitare successivi dubbi interpretativi, i decreti dovranno individuare anche le norme abrogate.

Rifiuti e bonifiche.
Il Governo dovrà innanzi tutto riscrivere la normativa generale in materia di rifiuti oggi contenuta nel D.Lgs. 22/1997 (Decreto Ronchi), assicurando, nel rispetto dei vincoli comunitari (comma 9 lett. a):
– la riduzione della quantità e della pericolosità dei rifiuti
– la semplificazione e la razionalizzazione delle procedure di gestione
– la promozione del recupero dei rifiuti, anche attraverso incentivi e forme di sostegno ai soggetti che riciclano rifiuti nonchè all’utilizzo di prodotti derivanti da materiali riciclati
In tema di bonifiche, è prevista l’incentivazione del ricorso al finanziamento privato, il riutilizzo anche a fini produttivi dei siti contaminati e la promozione di interventi di messa in sicurezza e di bonifica dall’amianto.
La legge delega peraltro non si limita solo ad individuare indirizzi per la gestione dei rifiuti, ma nella ‘‘parte di diretta applicazione” (era la formula utilizzata nei testi originari del provvedimento e cioè prima della trasformazione in articolo unico per motivi legati alla necessità di approvazione tramite il voto di fiducia) e cioè dal comma 21 in poi, prevede una serie di norme integrative ed interpretative del Decreto 22/1997. 
In particolare (comma 29), viene inserita nell’art. 6 del Decreto Ronchi la definizione di ‘‘organizzatore del servizio di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti” che indica l’impresa che svolge servizi di gestione dei rifiuti (prodotti anche da terzi) e di bonifica dei siti contaminati, anche ricorrendo e coordinando altre imprese (in possesso dei requisiti di legge, ad es. iscrizione Albo gestori rifiuti, attestazione SOA ecc.) per lo svolgimento di singole parti del servizio.
Questo nuovo soggetto dovrà comunque essere iscritto all’Albo gestori rifiuti nelle categorie relative alla intermediazione dei rifiuti e alla bonifica dei siti, nonchè essere in possesso dell’attestazione SOA per le opere di bonifica e protezione ambientale. 
All’art. 10 del Ronchi viene poi inserito un regime speciale di responsabilità del produttore di rifiuti nel caso in cui li conferisca a soggetti autorizzati ad effettuare operazioni preliminari di stoccaggio rispetto allo smaltimento (raggruppamento, ricondizionamento e deposito preliminare).
Il produttore dei rifiuti, qualora si rivolga a soggetti autorizzati a svolgere solo operazioni preliminari di stoccaggio, per liberarsi dalla responsabilità per la loro corretta gestione dovrà ricevere indietro, oltre alla quarta copia del formulario, anche il certificato di avvenuto smaltimento (le cui caratteristiche dovranno essere individuate con apposito decreto ministeriale) rilasciato dal titolare del relativo impianto.

Pianificazione e vincoli di rilievo ambientale.
Sul tema vengono affermati una serie di importanti principi, quali:
– eliminazione della sovrapposizione fra i vari piani di settore di livello ambientale e loro  coordinamento con i piani urbanistici
– semplificazione del procedimento di adozione e approvazione di tali piani
– rimozione degli ostacoli organizzativi, procedurali e finanziari alla piena operatività degli organi amministrativi cui spetta la tutela del suolo
– estensione della percentuale di territorio sottoposto a misure di tutela
– articolazione delle misure di salvaguardia in base alle specifiche situazioni locali
– nei territori ricompresi nei parchi nazionali o regionali, previsione della decadenza dei vincoli Galasso con l’approvazione del piano del parco o delle misure di salvaguardia
– adozione di meccanismi premiali per chi migliora la qualità ambientale.

VIA, VAS e IPPC.
Il Governo è chiamato poi a dare piena attuazione alle Direttive comunitarie 85/337/CEE e 2001/42/Ce e 96/61/CE in materia, rispettivamente, di Valutazione d’impatto ambientale (VIA) su singoli interventi, Valutazione ambientale strategica (VAS) su piani e programmi e Autorizzazione integrata ambientale (IPPC).
Dovrà quindi essere rivista tutta la farraginosa normativa in materia di VIA e data attuazione, per la prima volta, alla Direttiva VAS, il cui termine di recepimento è scaduto il 21 luglio scorso.
In particolare, fatta comunque salva la disciplina speciale sulla VIA prevista dal D.Lgs. 190/2002 per le grandi opere strategiche, la nuova normativa in materia dovrà:
– semplificare la procedura di VIA
– anticipare la VIA alla prima presentazione del progetto dell’intervento da valutare
– promuovere l’utilizzo della VAS nella stesura dei piani e programmi statali, regionali e sovra comunali (peraltro alcune Regioni e Province, già autonomamente, si sono conformate a questi indirizzi nella redazione dei loro piani)
– prevedere meccanismi di coordinamento fra le due procedure di VIA e VAS al fine di evitare inutili duplicazioni
– garantire il completamento delle procedure in tempi certi
– adottare procedure di coordinamento tra VIA e IPPC per gli impianti sottoposti ad entrambe le procedure
– accorpare in un unico provvedimento di autorizzazione le diverse autorizzazioni ambientali nel caso di impianti non soggetti ad IPPC ma sottoposti a più di un’autorizzazione ambientale settoriale.

Compensazione.
Fra le ‘‘misure di diretta applicazione” vi è anche la norma (art. 1, commi 21 – 24) che introduce a livello nazionale la compensazione, istituto già anticipato da alcune normative regionali e da diversi piani urbanistici comunali, finalizzato, in una logica di bilanciamento degli interessi pubblici e privati, a pervenire ad una accettabilità dei vincoli all’edificazione sopravvenuti che eviti il contenzioso.
La norma attribuisce infatti al privato la facoltà di chiedere al Comune il trasferimento dei diritti edificatori già assentiti, ma non più esercitabili a causa della successiva imposizione di un vincolo diverso da quelli di natura urbanistica, su altra area del territorio comunale di cui abbia acquisito la disponibilità a fini edificatori.
Il Comune, in accoglimento dell’istanza, dovrà approvare le necessarie varianti allo strumento urbanistico.
A fronte del trasferimento dei diritti edificatori, il proprietario dovrà cedere al comune, a titolo gratuito, l’area interessata dal vincolo sopravvenuto.
L’attuazione di questa norma, che l’ANCE aveva promosso però in una formula più esplicita, è legata al preventivo chiarimento di cosa debba intendersi da un lato per ‘‘vincoli sopravvenuti diversi da quelli di natura urbanistica” e dall’altro per ‘‘diritto ad edificare già assentito a norma delle vigenti disposizioni”.
Per quanto riguarda la prima formula, in considerazione della collocazione nella ‘‘Delega ambientale”, si ritiene che la norma faccia riferimento a vincoli di tutela in senso lato, con ciò intendendosi tutti quei vincoli, anche indennizzabili, che non attengono all’esercizio del potere pianificatorio dell’ente locale, bensì alla salvaguardia di interessi collettivi.
Vi rientrano, quindi, in via esemplificativa, i vincoli paesaggistici, di parco, artistici, culturali, archeologici, boschivi, idrogeologici, i vincoli imposti da piani di bacino o derivanti da prescrizioni a tutela delle risorse idriche, fasce di rispetto.
Quanto alla formula ‘‘diritto ad edificare già assentito a norma delle vigenti disposizioni”, si ritiene che essa faccia riferimento ad aree sulle quali gli strumenti di pianificazione abbiano riconosciuto un diritto di edificazione.
Questo significa che, oltre alle ipotesi in cui sia stato già rilasciato il permesso di costruire, la compensazione è da ritenersi possibile ogni qual volta l’imposizione del vincolo intervenga successivamente ad una prescrizione urbanistica che comunque conformi la proprietà in termini di edificabilità.
Del resto, l’eventuale interpretazione più restrittiva che vorrebbe la compensazione solo qualora il vincolo sopravvenga al titolo abilitativo edilizio già rilasciato, non trova conferma nella norma, che parla solo di ‘‘diritto ad edificare già assentito a norma delle vigenti disposizioni”, senza alcun riferimento limitativo al permesso di costruire.
La norma infine specifica che l’accoglimento della domanda di compensazione da parte del comune non costituisce titolo per richieste di indennizzo a seguito dell’apposizione del vincolo di tutela, a meno che non si sia in presenza di vincoli indennizzabili, nel qual caso il trasferimento del diritto edificatorio è scomputato dall’indennizzo stesso.
In questo modo viene confermata l’interpretazione sopra riportata in base alla quale l’ambito di applicazione della norma non è limitato a vincoli ricognitivi dai quali non deriva alcun indennizzo, ma può ricomprendere anche vincoli indennizzabili.

Nuovo regime sanzionatorio degli illeciti paesaggistici.
La legge delega contiene infine nuove disposizioni in materia di illeciti paesaggistici (art. 1, commi 32 – 39), apportando anche modifiche al Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. 42/2004) entrato in vigore il 1° maggio 2004.
In particolare, a fronte di alcune misure maggiormente repressive degli illeciti edilizi in zone vincolate, sono previsti sia un nuovo regime sanzionatorio per i cosiddetti reati minori, sia una sanatoria delle opere realizzate entro il 30 settembre 2004 in assenza o in difformità dalla autorizzazione paesistica.
Fra le misure repressive vi è innanzitutto la previsione di una normativa speciale per l’abbattimento degli abusi più rilevanti realizzati sul territorio nazionale, attraverso l’attribuzione al Direttore generale per i beni architettonici e il paesaggio del Ministero dei beni culturali del potere sostitutivo in caso di mancato intervento del Comune o della Regione competenti (commi 32 – 35).
Al fine di garantire maggiore effettività alle sanzioni amministrative (demolizione o pagamento di una somma di denaro) per gli interventi edilizi eseguiti in assenza o in difformità dall’autorizzazione paesaggistica, modificando l’art. 167 del nuovo Codice dei beni culturali, viene attribuito al Direttore regionale competente il potere di intervenire in via sostitutiva e provvedere alla demolizione in caso di inerzia dell’autorità competente ovvero su sua richiesta. 
Le somme riscosse in seguito al pagamento delle sanzioni amministrative pecuniarie nonchè quelle derivanti dalla definizione della sanatoria straordinaria degli illeciti paesaggistici prevista dalla stessa legge delega, vengono vincolate all’esecuzione delle demolizioni e alla realizzazione di interventi di recupero o riqualificazione di aree degradate.
Più articolate le novità sul piano delle sanzioni penali. Attraverso l’introduzione nell’art. 181 di un nuovo comma 1 bis viene aggravata la responsabilità per i reati paesaggistici considerati più gravi, vale a dire per l’esecuzione di:
– opere abusive, di qualunque tipologia, ricadenti in aree o su immobili vincolati con provvedimento regionale ai sensi dell’art. 136 del Codice dei beni culturali
– opere abusive in aree tutelate per legge (ex Galasso) ai sensi dell’art. 142 del Codice dei beni culturali, che abbiano comportato un aumento della volumetria superiore al 30% del volume originario o in alternativa a 750 mc ovvero che abbiano comportato una nuova costruzione con volume superiore a 1000 mc.
In questi casi i soggetti responsabili sono ora puniti con la reclusione da 1 a 4 anni. In tutti gli altri casi la pena continuerà ad essere l’arresto fino a 2 anni e l’ammenda da Euro 30.986 a Euro 103.290.
Come accennato, a fronte di queste misure repressive, è stato introdotto un regime sanzionatorio differenziato (nuovi commi 1 ter e 1 quater dell’art. 181) per:
– lavori realizzati in assenza o in difformità dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano creato superfici utili o volumi ovvero aumentato quelli esistenti (ad esempio, ristrutturazioni senza aumento di volume, in quanto si ritiene che la rilevanza del limite della superficie dovrebbe essere valutata in relazione all’oggetto specifico del vincolo; lavori di restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria o ordinaria, che abbiano alterato lo stato dei luoghi o l’aspetto esteriore degli edifici, non essendo altrimenti necessaria l’autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’art. 149 del Codice)
– lavori nell’ambito dei quali siano stati impiegati materiali diversi da quelli indicati nell’autorizzazione paesaggistica.
In questi casi, ferma restando l’applicazione delle sanzioni amministrative, il trasgressore ha la facoltà di presentare all’autorità competente alla tutela del vincolo (Regione o Comune delegato) domanda di accertamento di conformità paesaggistica dell’intervento, che qualora accolta determina l’estinzione del reato e quindi la non applicazione della pena dell’arresto fino a 2 anni e dell’ammenda da Euro 30.986 a Euro 103.290.
L’amministrazione si pronuncia sulla domanda nel termine perentorio di 180 giorni, previo parere vincolante della Soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di 90 giorni dalla richiesta.
Risulta evidente come la norma rappresenti una eccezione al divieto di autorizzazione paesaggistica in sanatoria stabilito dall’art. 146, comma 10, lettera c) dello stesso Codice dei beni culturali.
Il nuovo comma 1 quinquies dell’art. 181 del Codice introduce, inoltre, la possibilità per il trasgressore, al di fuori delle ipotesi di reato più gravi, di estinguere l’illecito penale attraverso la rimessione in pristino dello stato dei luoghi prima che a ciò provveda l’autorità competente e comunque prima che intervenga la condanna in sede giudiziale.
Accanto a questa ‘‘regolarizzazione a regime” degli illeciti minori, la legge delega prevede poi una sanatoria straordinaria (comma 37) per tutte le opere compiute entro il 30 settembre 2004 senza l’autorizzazione paesistica o in difformità da essa, qualora l’autorità amministrativa preposta alla tutela del vincolo ne accerti la compatibilità paesaggistica.
L’estinzione del reato di cui all’art. 181 e di ogni altro reato in materia  paesaggistica si produce:
– se le opere abusive rientrano nelle tipologie di interventi previsti dagli strumenti di pianificazione paesaggistica o altrimenti siano comunque giudicate compatibili con il contesto paesaggistico;
– se siano stati utilizzati materiali previsti dagli strumenti di pianificazione paesaggistica o altrimenti siano comunque giudicati compatibili con il contesto paesaggistico;
– qualora il trasgressore abbia pagato la sanzione pecuniaria amministrativa prevista dall’art. 167 maggiorata da un terzo alla metà ed una sanzione pecuniaria aggiuntiva che varia da un minimo di Euro 3.000 ad un massimo di Euro 50.000.
Si ritiene che il pagamento della sanzione pecuniaria di cui all’art. 167 estingue anche l’illecito paesaggistico amministrativo.
Le domande di accertamento di compatibilità paesaggistica dovranno essere presentate entro il 31 gennaio 2005 all’autorità competente alla gestione del vincolo (Regione o Comune delegato), che si pronuncerà previo parere della Soprintendenza, in questo caso peraltro non vincolante.
La norma permette quindi di regolarizzare l’illecito solo dal punto di vista paesaggistico, senza alcun esplicito riferimento agli effetti urbanistico-edilizi della sanatoria.
Al riguardo, taluno si pone un problema di coordinamento con il condono edilizio varato dal Decreto Legge 269/2003 in assenza di indicazioni normative di carattere interpretativo.
Premesso che il condono edilizio è limitato agli abusi commessi entro il 31 marzo 2003, si ricorda che, in base alla normativa sul condono edilizio (art. 32 L. 47/1985, come modificato dal comma 43 dell’art. 32 del D.L. 269/2003, convertito dalla L. 326/2003), il rilascio del permesso di costruire in sanatoria estingue tutti i reati legati all’abuso compreso quello paesaggistico.
In particolare, si registra un’interpretazione secondo cui una volta ottenuta la sanatoria ambientale in base alla legge delega, sarebbe possibile conseguire la sanatoria edilizia nei limiti volumetrici stabiliti dalla regione.
Si ricorda inoltre che la sanatoria ambientale della legge delega può comunque trovare applicazione in presenza di interventi legittimi dal punto di vista edilizio ovvero suscettibili di ottenere l’accertamento di conformità in sanatoria ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. 380/2001 (T.U. Edilizia).


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