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05.02.2008 - ambiente

CODICE DELL’AMBIENTE – DECRETO CORRETTIVO – PRINCIPALI NOVITA’ IN VIGORE DAL 13 FEBBRAIO 2008

CODICE DELL’AMBIENTE – DECRETO CORRETTIVO – PRINCIPALI NOVITA’ IN VIGORE DAL 13 FEBBRAIO 2008
Con la pubblicazione del decreto legislativo 16 gennaio 2008 n. 4 nella Gazzetta Ufficiale n. 24 del 29 gennaio 2008, supplemento ordinario n. 24, si è conclusa la revisione del decreto legislativo 152/06 “Codice dell’ambiente”.
L’iter avviato sin dal giugno 2006 ha registrato ben otto passaggi alle commissioni parlamentari e si è concluso con l’emanazione di un decreto correttivo nel quale sono trattate non solo le tematiche della gestione rifiuti, delle bonifiche, degli scarichi, ma anche quelle della Valutazione di impatto ambientale (VIA) e della Valutazione ambientale strategica (VAS).
Si pubblica una prima nota dell’ANCE che analizza gli aspetti innovativi di diretto e maggiore interesse per le imprese, con riserva di fornire un ulteriore e più dettagliato approfondimento.
Codice dell’ambiente – Decreto legislativo 16 gennaio 2008 n. 4
Art. 1

comma 1 -7 art. 74 definizioni in materia di acque e scarichi
Si segnala che nell’ambito delle acque reflue urbane non sono più comprese quelle reflue industriali (lett. i), mentre nelle acque reflue industriali sono state escluse quelle venute a contatto con sostanze o materiali anche inquinanti connessi con le attività esercitate nello stabilimento (lett. h).

comma 12 art. 124 autorizzazione agli scarichi
A modifica di quanto sino ad oggi previsto, l’autorità che riceve la richiesta di autorizzazione allo scarico in pubblica fognatura dovrà provvedere entro novanta giorni dalla ricezione della domanda (il termine era di sessanta giorni, con possibilità di proroga per un pari termine nel caso di inadempienza dell’autorità).
Art. 2

comma 20 art. 183 definizioni – deposito temporaneo
Le disposizioni sul deposito temporaneo contenute del decreto correttivo confermano che deve essere effettuato sul luogo di produzione. In merito ai termini di smaltimento e ai quantitativi si evidenzia che debbono essere smaltiti, a scelta del produttore:
            ▪ con cadenza trimestrale indipendentemente dalle quantità raggiunte
            ▪ quando raggiungano la quantità di 10 mc per i rifiuti pericolosi o di 20 mc per i rifiuti non pericolosi.
Se i rifiuti non raggiungono i quantitativi sopra indicati il deposito temporaneo potrà avere una durata massima di un anno.
Il deposito temporaneo dovrà essere effettuato per categorie omogenee e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose.
Il Ministero dell’ambiente, d’intesa con quello dello Sviluppo economico, potrà individuare per alcune categorie di rifiuto diverse modalità di gestione del deposito temporaneo.

comma 22 art. 185 campo di applicazione
Il decreto apporta alcune modifiche al campo di applicazione della normativa esentando:
            ▪ i rifiuti risultanti dalla prospezione, estrazione trattamento e ammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave;
            ▪ i materiali derivanti dalla manutenzione di alvei di scolo ed irrigui e simili a condizione che la concentrazione di inquinanti sia nei limiti di legge.
Questa seconda fattispecie è assai più riduttiva della precedente che invece prevedeva l’esenzione per i materiali litoidi derivanti dalla manutenzione di corsi d’acqua e bacini idrici.
Peraltro, in alcune di queste fattispecie (es. manutenzione di bacini idrici previo svuotamento) si potrà comunque operare utilizzando la norma generale dell’art. 186 prevista per le terre e rocce da scavo.

comma 23 art. 186 terre e rocce da scavo
Le terre e rocce da scavo – viene precisato anche derivanti da gallerie – così come previsto dal progetto della nuova direttiva europea sui rifiuti, vengono classificate quali sottoprodotti ed escluse dalla normativa rifiuti qualora si verifichino determinate condizioni relative a:
            – stato di origine
            – modalità di riutilizzo
            – destinazioni d’uso.

Le destinazioni d’uso ammesse sono le seguenti:
            – reinterri
            – riempimenti
            – rimodellazioni (comprese quelle ambientali)
            – rilevati
Come si può vedere rispetto all’articolo 186 precedentemente in vigore non sono state più previste alcune destinazioni d’uso quali il riempimento delle cave coltivate, nonché i macinati.
La motivazione di questa scelta è probabilmente nell’interpretazione restrittiva della normativa europea – il testo della proposta di direttiva, a prescindere dall’emendamento aggiunto nell’ambito dell’accordo politico del 28 giugno 2007, infatti ammette il riutilizzo esclusivamente nel cantiere di produzione – e di conseguenza si è voluto evitare che il materiale fosse utilizzato quale non rifiuto fuori da cicli produttivi diversi da quello edile (a parte però la disciplina del comma 1 ultimo periodo del nuovo art. 186), ovvero con modalità che di fatto non costituiscono un riutilizzo tal quale ma che implicano una trasformazione (es. macinato).
Per l’impiego dei materiali nell’ambito delle cave si ritiene che ciò possa in linea di massima avvenire in esecuzione di un progetto di rimodellazione ambientale ovvero di un più generico riempimento, a condizione di conseguire l’autorizzazione secondo la procedura indicata nel nuovo art. 186.
Il riutilizzo delle terre (l’assenza nel testo delle rocce potrebbe essere un mero errore tecnico) in altri cicli produttivi (la dizione utilizzata è “processi industriali”) è ammesso a condizione che sia sostitutivo del materiale di cava, (vedi comma 1 ultimo periodo dell’art. 186) sempre che sussistano le caratteristiche richieste ai sottoprodotti ai sensi dell’art. 183 comma 1 lett. p).

Condizioni per il riutilizzo:

            1. impiego diretto nell’ambito di opere e interventi preventivamente individuati e definiti (vedi i successivi commi 2, 3, 4);
            2. certezza dell’integrale utilizzo sin dalla fase della produzione;
3. utilizzo integrale del materiale prodotto senza necessità di preventivo trattamento o di trasformazioni preliminari (per “utilizzo integrale” si può fare riferimento anche ad una quantità inferiore a quella globalmente prodotta);
            4. assenza di emissioni e impatti ambientali qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli ordinariamente consentiti ed autorizzati per il sito di destinazione;
            5. garanzia di un elevato livello di tutela ambientale;
            6. non provenienza da siti contaminati o sottoposti ad interventi di bonifica ai sensi del titolo V della parte IV del D.Lgs. 152/06;
            7. caratteristiche chimico-fisiche tali che l’utilizzo nel sito prescelto non determini rischi per la salute e per la qualità delle matrici ambientali ecc.;
            8. non contaminazione con riferimento alla destinazione d’uso e la compatibilità con il sito di destinazione;
            9. dimostrazione del loro integrale utilizzo.

Modalità per il riutilizzo:

I commi 2, 3, 4 dell’art. 186 individuano distinte procedure amministrative per autorizzare il riutilizzo a seconda dell’opera che ha prodotto i materiali, differenziando tra:
            a) opera soggetta a VIA o AIA;
            b) opera privata soggetta a DIA o permesso di costruire;
            c) opera pubblica.

a) Opera soggetta a VIA
Il riutilizzo dei materiali deve essere inserito in un apposito progetto approvato dall’autorità titolare del procedimento di VIA.
Il deposito dei materiali in attesa del riutilizzo deve avvenire entro un anno dal momento della produzione, ma può essere esteso sino al massimo a tre anni se il riutilizzo avviene nel medesimo progetto (l’indicazione del progetto dovrebbe ricomprendere una fattispecie più ampia del singolo intervento essendo rivolta ad un insieme di opere inserite in un progetto unitario)

Opera soggetta a AIA
La disposizione si applicherebbe, stando alle indicazioni contenute nel comma 2, anche alle opere soggette ad AIA pur consistendo quest’ultima in un’autorizzazione all’esercizio dell’attività e non in un titolo abilitativo edilizio.
Pertanto, essendo l’AIA ininfluente ai fini dell’autorizzazione a eseguire l’opera si ritiene che se l’opera che genera i materiali è soggetta a VIA si debbano applicare le indicazioni del comma 2, mentre nel caso di opere private soggette a DIA o permesso di costruire si dovranno applicare le procedure di cui al comma 3 ovvero quelle del comma 4 in caso di opera pubblica.

b) Opera privata soggetta a DIA o permesso di costruire
La proposta di utilizzo deve essere presentata unitamente alla richiesta del titolo abilitativo edilizio e deve contenere tutte le indicazioni previste dal comma 1 e cioè quelle relative alle destinazioni d’uso e alle condizioni per l’utilizzo. Il tempo di deposito in attesa del nuovo utilizzo non può superare un anno.
Poiché la proposta va presentata unitamente al titolo abilitativo edilizio il soggetto abilitato a riceverla è necessariamente il comune e per esso lo sportello unico previsto dall’art. 5 del DPR 380/01 ovvero lo sportello unico delle attività produttive per gli immobili non residenziali di cui all’art. 3 DPR 447/98, nel quale viene realizzata l’opera che produrrà i materiali.
L’assenza della proposta di utilizzo non costituisce documento necessario ai fini del rilascio del titolo abilitativo edilizio.

c) Opera pubblica
L’utilizzo dei materiali, secondo le destinazioni e le condizioni di cui al comma 2, deve essere previsto nel progetto dell’opera a seguito della quale essi sono prodotti nell’ambito di un “idoneo” allegato redatto e sottoscritto dal progettista. L’autorizzazione al riutilizzo dovrebbe competere alla stazione appaltante.
Il deposito in attesa di utilizzo non può superare il termine di un anno. Il richiamo all’ultimo periodo del comma 2 potrebbe essere interpretato nel senso che il periodo di deposito sia estensibile a tre anni nel caso in cui il materiale venga impiegato nell’ambito dell’opera a seguito della quale questo è stato prodotto.

Varie
In ogni caso si sottolinea che il deposito del materiale in attesa di utilizzo, ove sia stata preventivamente esperita la procedura del comma 1 o 3 o 4, non è soggetto alla normativa rifiuti e quindi né del deposito temporaneo di rifiuti, né del deposito preliminare o della messa in riserva.
Sarà comunque consigliabile, ai fini dell’individuazione della data di produzione del materiale e conseguentemente del termine per il suo utilizzo, far effettuare da parte della direzione lavori sui documenti di cantiere le opportune annotazioni sulle date di produzione.
Rimangono per il momento insolute alcune fattispecie ed in particolare quelle relative:
            – alla procedura per i cantieri edili con movimenti di inerti sino a 6.000 mc (art. 266, comma 7) il cui decreto ministeriale 2 maggio 2006 fu oggetto di sospensione da parte del Ministero dell’ambiente. Al riguardo si segnala che l’art. 2 comma 45 bis del decreto correttivo ha aggiunto alla previsione del decreto interministeriale, anche quella pleonastica, del rispetto delle disposizioni comunitarie.
            – alla necessità di variare le modalità/luoghi di utilizzo dei materiali rispetto a quelli originariamente previste;
            – alla possibilità di indicare successivamente le modalità di utilizzo del materiale ove ciò non fosse avvenuto in sede progettuale (per le opere pubbliche) ovvero di richiesta del titolo abilitativi edilizio (opere private).
Infatti stando al tenore letterale della norma, non dovrebbe essere possibile ne’ variare la destinazione dei materiali rispetto a quella preventivamente indicata, ne’ proporre l’utilizzo del materiale successivamente alla richiesta del titolo abilitativo.
Si sottolinea che, avendo il decreto correttivo anticipato il momento della formulazione della proposta di riutilizzo all’atto della richiesta/presentazione del titolo abilitativi, questo adempimento non potrà essere posto a carico di chi esegue i lavori salvo future norme interpretative.

Analisi chimico-fisiche
Il comma 6 prevede che la caratterizzazione dei siti contaminati e di quelli sottoposti a interventi di bonifica sia effettuata secondo le modalità previste dal Titolo V, parte IV del D.Lgs. 152/06 relativo alle bonifiche. Ne deriva, salvo diversa indicazione, che per verificare che le terre e rocce non provengano da tali siti dovranno essere utilizzati i parametri previsti per le concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) di cui all’art. 240 attraverso la caratterizzazione del sito e l’analisi di rischio specifica.
Contrariamente a quanto previsto nel precedente testo dell’art. 186, che consentiva (comma 7) il ricorso alla dichiarazione sostitutiva del produttore circa l’eventuale livello di inquinamento del materiale ecc., nel testo modificato non vi è alcun richiamo a tale possibilità e pertanto, in via cautelare, soprattutto in questa prima fase di applicazione sarà opportuno comunque fare riferimento ai dati ricavati da analisi chimico – fisiche.

Regime transitorio
I progetti di utilizzo già autorizzati e in corso di realizzazione alla data di entrata in vigore delle modifiche all’art. 186, potranno essere completati a condizione che sia effettuata, entro 90 gg., una comunicazione nella quale si attesti il rispetto dei requisiti prescritti dal comma 1 dell’art. 186, nonché siano forniti tutti i necessari dettagli di natura tecnica sul sito di destinazione ecc.
L’utilizzo dei materiali dovrà avvenire di norma entro un anno salvo il caso in cui esso avvenga nell’ambito del medesimo progetto per il quale sarà possibile usufruire di tre anni (vedi il richiamo contenuto nel comma 7 all’ultimo periodo del comma 2).
La comunicazione per l’adeguamento dovrà essere presentata, a seconda della natura dell’opera dalla quale i materiali hanno origine, alla Commissione VIA ovvero al comune che ha rilasciato il titolo abilitativo per la realizzazione dell’opera i quali potranno disporre prescrizioni, ove lo ritengano necessario, entro i successivi 60 gg.
Tale procedimento non influisce sulle procedure VIA o per il titolo abilitativo edilizio. Nel periodo intercorrente tra la presentazione della comunicazione e l’emanazione delle eventuali prescrizioni l’utilizzo dei materiali potrà comunque continuare ad essere effettuato secondo le indicazioni contenute nel progetto approvato ai sensi della previgente normativa.
Nel caso di opera pubblica non soggetta a VIA vi è per altro incertezza sull’individuazione dell’autorità competente che, nel caso della disciplina ordinaria, è la stazione appaltante.
La normativa transitoria non prende in esame ne’ il caso in cui il progetto di utilizzo presentato e approvato ai sensi della normativa previgente non sia in corso di esecuzione, ne’ le opere per le quali il titolo abilitativo edilizio sia stato richiesto, ma non rilasciato, ovvero per le opere pubbliche per le quali il progetto sia già stato approvato. In via prudenziale si ritiene che in questi casi si debba fare riferimento alle disposizioni ordinarie della nuova normativa.
Per le opere private soggette alla richiesta di titolo abilitativo edilizio si dovrebbe poter procedere all’integrazione della pratica anche con la documentazione inerente il riutilizzo, mentre per le opere pubbliche sarà il progettista a predisporre il progetto di riuso.

Art. 189
comma 24 comma 3 e 3 bis – MUD
Viene ripristinato l’obbligo al registro di carico e scarico e al MUD per tutti i soggetti che producono rifiuti non pericolosi a seguito di lavorazioni industriali, artigianali, attività di recupero e smaltimento di rifiuti, fanghi di potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e della depurazione delle acque reflue.
La norma peraltro esclude espressamente dall’obbligo della tenuta del registro di carico e scarico e del MUD:
            ▪ le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi, di cui all’articolo 212 comma 8,
            ▪ le imprese e gli enti produttori di rifiuti non pericolosi, che non hanno più di 10 dipendenti.
Si segnala che il comma 3 bis prevede che nel futuro potrà essere introdotto un sistema informatico di controllo e che per determinate categorie di utenti potrà essere obbligatorio l’utilizzo di apparecchiature elettroniche (futuro decreto ministeriale).

Art. 190
comma 24 bis registro di carico e scarico
Il registro di carico e scarico, in aggiunta alle precedenti prescrizioni (comma 6 vidimazione e gestione secondo le procedure e le modalità fissate per i registri IVA), deve essere numerato e vidimato dalla Camera di Commercio territorialmente competente. Per numerazione deve intendersi quella dei relativi fogli.
 È ammesso l’utilizzo di carta formato A4 a condizione che sia adeguatamente vidimata e numerata dalla Camera di Commercio.
Le imprese assoggettate all’obbligo dovranno provvedere, a decorrere dall’entrata in vigore della nuova normativa e cioè dal 13 febbraio 2008, a procedere alla vidimazione dei registri di carico e scarico alle nuove procedure di vidimazione. (vedi Nota Unioncamere prot. 1467 del 29 gennaio 2008)

Art. 206
comma 29 accordi di programma
Viene sostanzialmente confermato il testo originario dell’art. 206 relativo alla possibilità di concludere per il Ministero dell’ambiente accordi di programma finalizzati alla razionalizzazione e semplificazione delle procedure con enti pubblici, associazioni di categoria, soggetti pubblici e privati.
In ogni caso gli accordi non potranno derogare alla normativa nazionale e comunitaria.
comma 29 ter art. 208 comma 12 impianti di smaltimento e recupero rifiuti
Per gli impianti autorizzati in procedura ordinaria è stata prevista la possibilità, da parte dell’Amministrazione, di modificare prima della scadenza dell’autorizzazione (la cui durata è di dieci anni) e trascorsi almeno cinque anni dal rilascio le prescrizioni contenute nella stessa autorizzazione nel caso di particolari situazioni di criticità ambientale e tenendo conto dell’evoluzione delle migliori tecniche disponibili.

comma 30 – art. 212 comma 8 – trasporto propri rifiuti
In via preliminare si sottolinea che l’ultimo periodo del nuovo comma 8 sembrerebbe avere previsto una disciplina transitoria che rinvia, per questo specifico aspetto, l’entrata in vigore del decreto correttivo. Infatti, stando al testo normativo, le iscrizioni delle imprese effettuate entro 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto, ossia entro il 12 aprile 2008, sono valide ed efficaci.
La nuova formulazione del comma 8 mantiene l’obbligo della comunicazione da parte dell’impresa, ma il rilascio del provvedimento da parte della sezione regionale dell’albo gestori ambientali deve avvenire entro 30 gg. dalla presentazione della comunicazione. L’aggiunta di questa indicazione fa sorgere il dubbio se l’impresa possa o meno, nelle more del rilascio del provvedimento, effettuare il trasporto dei propri rifiuti.
Si ricorda che il rilascio del provvedimento, come previsto dalla Nota dell’Agenzia delle Entrate 31 maggio 2007, è condizionato al pagamento della tassa di concessione di € 168,00 ai sensi dell’art. 22 della tariffa annessa al DPR 641/72.
Per l’iscrizione non è necessaria la presentazione delle garanzie finanziarie e alla comunicazione dovrà essere allegata una autocertificazione nella quale siano attestate la sede della società, le attività esercitate, le caratteristiche dei rifiuti prodotti (si dovranno indicare tutte le tipologie di rifiuto che l’impresa potrebbe potenzialmente produrre nell’esercizio delle attività, quali ad esempio: inerti da demolizione, imballaggi, materiali meccanici da manutenzione di veicoli in cantiere, ecc.), l’idoneità tecnica dei veicoli impiegati e le relative targhe, il versamento del diritto annuale di € 50,00 (da corrispondersi per i successivi rimane entro il 30 aprile di ciascun anno).
Ogni successiva variazione (es. targhe veicoli, rifiuti da trasportare, ecc.) dovrà essere espressamente comunicata all’Albo Gestori Ambientali.
Si ritiene che, al pari di quanto avvenuto nel 2006, l’Albo Gestori Ambientali assumerà, a breve termine, una specifica deliberazione per meglio definire le modalità pratiche di iscrizione.
Si ricorda che le comunicazioni presentate entro il 12 febbraio 2008 debbono essere corredate con la documentazione di cui alla normativa previgente e non quella richiesta dal decreto correttivo.
Le comunicazioni/iscrizioni effettuate ai sensi della presedente normativa restano valide.

art. 214 – 215 – 216 – procedure semplificate recupero/smaltimento
La modifica, di carattere sostanziale, apportata dal decreto legislativo è relativa alla “restituzione” alle Province delle competenze in materia di procedure semplificate per il recupero/smaltimento, alle quali dovranno essere effettuate le comunicazioni di inizio attività.
Le comunicazioni di inizio attività già effettuate alle Sezioni regionali dell’Albo gestori ambientali saranno trasferite d’ufficio alle Province competenti.
art. 2 comma 43 ter Art 252 bis siti per la riconversione industriale
La norma, introdotta dal decreto, è finalizzata alla riconversione industriale di alcuni siti contaminati di preminente interesse pubblico da individuarsi con successivi decreti interministeriali sentita la Conferenza Stato – Regioni. La contaminazione dovrà essersi verificata antecedentemente al 30 aprile 2006 e i siti potranno anche essere non compresi nel Programma Nazionale di bonifica di cui al DM n. 468/01. Nel decreto interministeriale sarà previsto anche il termine per lo svolgimento delle due conferenze di servizi (una promossa dal ministero dell’ambiente e l’altra dal ministero dello sviluppo economico) finalizzate agli accordi di programma necessari per l’attuazione dei vari piani e programmi (vedi comma 1 e 3: riparazione terreni, acque di falda e piani di sviluppo economico).
Alle conferenze sono ammessi anche gli enti, le associazioni e le organizzazioni sindacali interessati alla realizzazione del programma, nonché i soggetti pubblici e quelli privati proponenti le opere e gli interventi da realizzare nei siti.
La stipula dell’accordo di programma costituisce riconoscimento dell’interesse pubblico alla realizzazione degli impianti, delle opere e di ogni altro intervento connesso e funzionale agli obiettivi di risanamento e di sviluppo economico.
Gli oneri conseguenti alla messa in sicurezza, alla bonifica e ad ulteriori danni ambientali sono a carico del soggetto responsabile dell’inquinamento. In via sussidiaria vi dovrà provvedere il proprietario del sito previa escussione del responsabile dell’inquinamento.
Per i siti con aree demaniali e acque di falda contaminate è prevista una procedura speciale (comma 1, penultimo capoverso).


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