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17.06.2009 - tributi

IVA – ESIGIBILITÀ DIFFERITA DELL’IMPOSTA – DECRETO ATTUATTIVO E CHIARIMENTI MINISTERIALI

IVA – ESIGIBILITÀ DIFFERITA DELL’IMPOSTA – DECRETO ATTUATIVO E CHIARIMENTI MINISTERIALI
(C.M. 20/E/2009)

Dal 28 aprile 2009, per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate da soggetti Iva nei confronti di cessionari o committenti che agiscono nell’esercizio di impresa, arte o professione, l’imposta diviene esigibile, in via facoltativa, al momento dell’effettivo pagamento del corrispettivo, a condizione che il cedente/prestatore abbia realizzato, nell’anno precedente, un volume d’affari non superiore a 200mila euro.
Questo quanto stabilito nel Decreto 26 marzo 2009 del Ministro dell’Economia e delle Finanze, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.96 del 27 aprile 2009, con il quale sono state fissate le modalità operative per l’applicazione dell’ “IVA per cassa” (di cui all’art.7 del D.L. 185/2008, convertito con modifiche nella legge 2/2009).
La Circolare dell’Agenzia delle Entrate n.20/E del 30 aprile 2009, ha fornito, poi, i primi chiarimenti in materia.

1. Quadro normativo e decorrenza
2. Soggetti ammessi ed esclusi
2.1 L’esclusione per i soggetti che applicano il “reverse charge”
3. Adempimenti
3.1 Adempimenti del cedente/prestatore
3.2 Adempimenti del cessionario/committente
4. Le ipotesi che comportano il venir meno del meccanismo
4.1. Il decorso del termine massimo di un anno dall’operazione
4.2 Il superamento del volume d’affari

1. Quadro normativo e decorrenza
L’art.7 del DL 185/2008, convertito, con modifiche, dalla Legge 28 gennaio 2009, n.2 ha esteso, a regime, le disposizioni sull’esigibilità differita dell’imposta sul valore aggiunto (cd. “IVA per cassa”), contenute nell’art.6, comma 5, secondo periodo, del D.P.R. n.633 del 1972, a tutte le operazioni imponibili (cessioni di beni o prestazioni di servizi) effettuate nei confronti di cessionari o committenti che agiscono nell’esercizio d’impresa, arte o professione.
In sostanza, tale meccanismo, al ricorrere di determinate condizioni, consente ai cedenti/prestatori di versare l’IVA solo al momento dell’effettiva riscossione dei corrispettivi contrattuali (in deroga al principio generale stabilito dall’art.6, del D.P.R. 633/1972).
L’imposta diviene, comunque, esigibile dopo il decorso di un anno dal momento di effettuazione dell’operazione, salvo che il cessionario/committente, prima del decorso di tale termine, sia stato assoggettato a procedure concorsuali o esecutive.
In attuazione dell’art.7 del DL 185/2008, ed a seguito del “via libera” della Commissione UE[1], è stato emanato il Decreto del Ministro dell’Economia e Finanze 26 marzo 2009, che, oltre a fissare le modalità attuative della disposizione, consente l’applicabilità dell’ “IVA per cassa” a favore dei soggetti passivi IVA che, nell’anno solare precedente, hanno realizzato – o, nel caso di inizio attività, prevedano di realizzare – un volume d’affari non superiore a 200mila euro.
Il regime dell’ IVA ad esigibilità differita si rende applicabile per le operazioni effettuate a partire dal 28 aprile 2009 (art.5 Decreto 26 marzo 2009).
In merito, la C.M. n.20/E/2009 ha chiarito che, per individuare le operazioni effettuate a partire da tale data, si deve far riferimento ai criteri generali di effettuazione delle operazioni, stabiliti dall’art.6 del D.P.R. 633/1972, ossia al momento:
– della consegna o spedizione, per la cessione di beni mobili;
– della stipula dell’atto di trasferimento della proprietà, per la cessione di beni immobili;
– del pagamento del corrispettivo, per le prestazioni di servizi (es. appalto – subappalto);
– dell’emissione della fattura, se precedente ai tre suddetti presupposti.

2. Soggetti ammessi ed esclusi
In tal ambito, l’art.7 del DL 185/2008 stabilisce che l’IVA ad esigibilità differita si applica alle cessioni di beni o prestazioni di servizi effettuate da cedenti/prestatori esercenti attività commerciali, nei confronti di cessionari/committenti che agiscono, a loro volta, nell’esercizio d’impresa, arte o professione.
L’art.1, comma 1, del Decreto del Ministro dell’Economia e Finanze 26 marzo 2009 ha successivamente fissato l’ulteriore condizione relativa al volume d’affari del cedente/prestatore, stabilendo che l’applicabilità del meccanismo dell’ “IVA per cassa” è consentita per i soggetti passivi IVA che, nell’anno solare precedente, hanno realizzato – o, nel caso di inizio attività, prevedano di realizzare – un volume d’affari non superiore a 200mila euro.
In presenza di tale condizione, come chiarito dalla C.M. n.20/E/2009, il sistema dell’ “IVA per cassa” è applicabile su opzione del cedente/prestatore da evidenziarsi in fattura, che, pertanto, può scegliere quali operazioni assoggettare al regime di esigibilità differita del tributo.
Restano, invece, comunque escluse da questo regime di liquidazione dell’IVA, le operazioni effettuate da soggetti passivi nei confronti di privati consumatori.
Al riguardo, nell’ipotesi di soggetti titolari, tra l’altro, di un’impresa individuale, che possono operare sia in veste di soggetto passivo IVA, sia di privato consumatore, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che il differimento dell’esigibilità dell’imposta è concesso unicamente per l’acquisto di beni o servizi effettuati nell’esercizio d’impresa.
Con riferimento agli enti non commerciali, i quali possono svolgere anche attività commerciali, purchè non prevalenti rispetto a quella “istituzionale”, la C.M. n.20/E/2009 ha precisato che l’ “IVA per cassa” si applica solo per le cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate nell’esercizio d’impresa e verso cessionari/committenti che operano, anch’essi, nell’ambito di attività commerciali.
In particolare, nel caso di beni o servizi acquistati da un ente non commerciale, l’Agenzia delle Entrate, nella C.M. n.20/E/2009, ha richiamato quanto già chiarito con la Circolare Ministeriale n.8/E del 13 marzo 2009, nella quale è stato precisato che «rientrano nell’ambito applicativo della norma le operazioni effettuate nei confronti degli enti non commerciali che operano nell’esercizio di attività d’impresa, ancorchè i beni e i servizi acquistati siano destinati ad essere promiscuamente adibiti all’esercizio di attività d’impresa e di attività non commerciali».
In sostanza, per gli acquisti effettuati da enti non commerciali, la C.M. n.20/E/2009 ribadisce che l’IVA ad esigibilità differita trova applicazione anche nell’eventualità che tali operazioni siano parzialmente destinate all’attività istituzionale dell’ente.
Per quanto riguarda gli effetti di tale disposizione sulle altre fattispecie assoggettate, in via ordinaria, al regime dell’IVA ad esigibilità differita, l’Agenzia delle Entrate precisa che le disposizioni relative all’ “IVA per cassa” non si applicano alle operazioni di cui all’art.6, comma 5, secondo periodo, del D.P.R. 633/1972, ossia per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti di:
– soci, associati, partecipanti, dietro pagamento di corrispettivi specifici, o di contributi supplementari determinati in funzione delle maggiori, o diverse, prestazioni cui danno diritto;
– Stato, organi dello Stato (anche se dotati di personalità giuridica), enti pubblici territoriali e consorzi tra essi costituiti;
– camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura;
– istituti universitari;
– unità sanitarie locali, enti ospedalieri, enti pubblici di ricovero e cura aventi prevalente carattere scientifico, enti pubblici di assistenza e beneficenza, e di previdenza.
Per tali operazioni, l’esigibilità differita dell’imposta rappresenta il regime ordinario di fatturazione, senza che occorra alcuna annotazione in fattura[2], e senza alcun limite di volume d’affari.
Infine, per espressa previsione normativa, tale modalità di liquidazione è preclusa ai soggetti che si avvalgono di regimi speciali IVA[3] ed è, altresì, esclusa per le operazioni fatte nei confronti di cessionari o committenti che applicano la disciplina del “reverse charge” (es. subappalti di lavori edili), come di seguito evidenziato.

2.1. L’esclusione per i soggetti che applicano il “reverse charge”
L’art.1, comma 2, del Decreto 26 marzo 2009 esclude dall’ambito applicativo dell’ “IVA per cassa”, tra l’altro, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti di cessionari/committenti a cui si applica il meccanismo dell’inversione contabile (cd. “reverse charge”).
Con riguardo alle operazioni soggette al “reverse charge”, la C.M. n.20/E/2009 ha chiarito che il cedente/prestatore non può optare per l’applicazione dell’IVA ad esigibilità differita, dal momento che tale sistema di fatturazione prevede che il soggetto tenuto al versamento dell’imposta a debito sia il cessionario/committente, che ha ricevuto il bene o servizio.
L’Agenzia delle Entrate precisa, comunque, che tale esclusione opera unicamente per le singole operazioni assoggettate all’inversione contabile (ad es. subappalti nel settore edile), ferma restando la possibilità, per il cedente/prestatore, di applicare l’IVA differita alle altre operazioni per le quali l’imposta è dovuta nelle modalità ordinarie.
In sostanza, il cedente/prestatore dovrà comportarsi nel seguente modo, ed emettere:
– fattura con l’applicazione dell’IVA differita, nel caso in cui abbia optato per tale regime e la singola operazione non sia assoggettata a “reverse charge”[4];
– fattura senza l’applicazione dell’IVA differita, nell’ipotesi in cui l’operazione ricada nel regime del “reverse charge”.
Analogamente, il cessionario/committente può ricevere:
– fattura con l’applicazione dell’IVA ad esigibilità differita, ove l’operazione effettuata nei suoi confronti segua le regole ordinarie di fatturazione, e non sia assoggettata all’inversione contabile[5];
– fattura senza l’applicazione dell’IVA ad esigibilità differita, nel caso in cui l’operazione ricada nell’ambito del “reverse charge” (ad es. appaltatore di lavori edili, per le prestazioni di servizi resa dal subappaltatore).
In tale ultima ipotesi, questi deve integrare la fattura ricevuta dal cedente/prestatore indicando la corretta aliquota IVA e l’imposta dovuta, annotare l’operazione sia nel registro delle fatture emesse (o in quello dei corrispettivi[6]), sia nel registro degli acquisti[7], e versare l’imposta all’Erario.

3. Adempimenti
3.1 Adempimenti del cedente/prestatore
Sotto tale profilo, il Decreto 26 marzo 2009 richiama l’art.7 del DL 185/2008 e stabilisce che, fermi restando gli obblighi di cui al titolo II del D.P.R. 633/1972, per quanto concerne il cedente/prestatore:
– ai fini dell’applicazione del nuovo regime di esigibilità dell’IVA, questi deve emettere fattura evidenziando che si tratta di un’operazione con “IVA ad esigibilità differita ai sensi dell’art.7 del Decreto Legge 29 novembre 2008, n.185, convertito dalla Legge 28 gennaio 2009, n.2” (art.1, comma 3, Decreto 26 marzo 2009).
In particolare, la C.M. n.20/E/2009 ha chiarito che, in mancanza di tale indicazione in fattura, l’imposta si considera esigibile secondo le regole ordinarie, di cui all’articolo 6 del D.P.R. 633/1972, di modo che tale annotazione è prevista a pena di decadenza dal regime dell’IVA ad esigibilità differita;
– le operazioni soggette all’ “IVA per cassa” concorrono sia alla formazione del volume d’affari, sia alla determinazione della percentuale di detrazione (di cui all’art.19-bis D.P.R. 633/1972), in relazione all’anno in cui l’operazione si intende effettuata (art.2, comma 2, Decreto 26 marzo 2009);
– questi deve computare l’imposta nella liquidazione periodica (mensile o trimestrale), in cui è avvenuto il pagamento del corrispettivo, o nella prima liquidazione utile dopo la scadenza del termine di un anno dall’effettuazione dell’operazione (art.2, comma 3, Decreto 26 marzo 2009);
– in caso di acconti, l’imposta sarà esigibile pro-quota, in base alla proporzione esistente fra la somma incassata e il corrispettivo complessivo, come già anticipato dalla C.M. n.8/E/2009 (art.2, comma 4, Decreto 26 marzo 2009);
In merito, la C.M. n.20/E/2009 ha chiarito, altresì, che, per individuare il momento del pagamento delle prestazioni eseguite, non effettuato in contanti (es. assegni bancari, RI.BA, RID, bonifico bancario), al verificarsi del quale l’imposta diventa esigibile, il cedente/prestatore deve fare riferimento alle risultanze dei propri conti bancari, dalle quali è ricavabile la data di accreditamento del corrispettivo.

3.2 Adempimenti del cessionario/committente
L’art.3 del Decreto 26 marzo 2009, come confermato anche dalla C.M. n.20/E/2009, dispone che il cessionario/committente che riceve una fattura con IVA ad esigibilità differita:
– deve numerare la fattura ricevuta, ed annotarla nel registro degli acquisti (di cui all’art.25 D.P.R. 633/1972);
– ha diritto alla detrazione dell’imposta a partire dal momento in cui viene effettuato il pagamento del corrispettivo.
In particolare, la citata C.M. n.20/E/2009 ha precisato che il cessionario/committente, al fine di effettuare la detrazione, deve «dare evidenza della data del pagamento» del corrispettivo;
– in caso di pagamento di acconti, ha diritto alla detrazione dell’imposta nella proporzione esistente fra gli anticipi pagati ed il corrispettivo dovuto per l’operazione.

4. Le ipotesi che comportano il venir meno del meccanismo
4.1. Il decorso del termine massimo di un anno dall’operazione
L’art.7 del DL 185/2008 stabilisce che, nell’ipotesi in cui il cedente/prestatore abbia optato per l’applicazione dell’ “IVA per cassa”, il tributo diviene, comunque, esigibile, dopo il decorso di un anno dal momento di effettuazione dell’operazione (cfr. anche art.1, comma 1, Decreto 26 marzo 2009).
In tal ambito, la C.M. n.20/E/2009 ha chiarito che il termine di un anno, che rende, comunque, esigibile l’imposta anche senza il pagamento del corrispettivo, decorre a partire dal “momento di effettuazione dell’operazione”, individuato in base alle regole generali dell’art.6 del D.P.R. 633/1972[8].
Inoltre, nell’ipotesi in cui, dopo il decorso di un anno dall’emissione della fattura, non sia stato versato il relativo corrispettivo, il cessionario/committente, potrà, comunque, esercitare il diritto alla detrazione.
Resta fermo, in ogni caso, che, in assenza di pagamento del corrispettivo entro un anno dall’emissione della fattura, il cedente/prestatore è tenuto ad operare la liquidazione dell’IVA con riferimento al periodo in cui scade il predetto termine.
Il medesimo DL 185/2008 prevede che tale limite temporale non opera qualora il cessionario/committente, prima del decorso del termine annuale, sia stato assoggettato a procedure concorsuali o esecutive[9].
Come chiarito dalla C.M. n.20/E/2009, ciò vuol dire che, in presenza di tale circostanza, l’esigibilità dell’imposta rimane «sospesa a beneficio di tutti i cedenti/prestatori che abbiano emesso fatture con IVA ad esigibilità differita, fino all’effettivo incasso del corrispettivo e, limitatamente all’ammontare di quest’ultimo».
Di conseguenza, si ritiene che anche il relativo diritto alla detrazione, da parte del cessionario/committente, sia sospeso fino alla data di percepimento del corrispettivo, a conclusione della procedura concorsuale.
L’agenzia delle Entrate si è espressa, altresì, con riferimento all’ipotesi in cui, nel corso dell’anno, siano state emesse note di variazione della base imponibile, o dell’imposta (art.26 del D.P.R. 633/1972).
In particolare, in caso di:
– variazioni in aumento (ai sensi dell’art.26, comma 1, del D.P.R. 633/1972), anche per il nuovo ammontare dell’imponibile o dell’IVA, il termine di un anno si calcola a decorrere dall’effettuazione dell’operazione originaria;
– variazioni in diminuzione, il termine annuale decorre dalla data in cui è stata effettuata l’operazione originaria. Tale principio si applica solo nel caso in cui tali modifiche debbano essere effettuate entro il termine di un anno, come previsto dall’art.26, comma 3, del D.P.R. 633/1972, ossia nell’ipotesi di sopravvenuto accordo tra le parti, ovvero a seguito di rettifica di inesattezze nella fatturazione[10].
In tutti gli altri casi (art.26, comma 2, del D.P.R. 633/1972), tenuto conto che le disposizioni in materia di IVA non stabiliscono un termine per l’effettuazione della variazione in diminuzione, la disposizione in esame non ha rilevanza.

4.2 Il superamento del volume d’affari
Con riferimento al limite di volume d’affari, entro il quale è consentita l’applicabilità dell’IVA differita, l’art.1 del Decreto 26 marzo 2009 stabilisce:
– l’applicabilità di tale regime per i cedenti/prestatori che, nell’anno solare precedente, hanno realizzato o, in caso di inizio attività, prevedano di realizzare un volume d’affari non superiore a 200mila euro (art.1, comma 1, Decreto 26 marzo 2009);
– l’esclusione dall’ “IVA per cassa” con riguardo alle operazioni realizzate successivamente al momento in cui è superato il limite di 200mila euro di volume d’affari (art.1, comma 4, Decreto 26 marzo 2009).
Su tale specifica ipotesi, l’Agenzia delle Entrate si è pronunciata nella richiamata C.M. n.20/E/2009, chiarendo che:
– le operazioni effettuate successivamente al superamento della soglia dei 200mila euro non possono fruire del regime dell’esigibilità dell’IVA differita, mentre quelle effettuate prima del superamento di tale limite, restano, comunque, assoggettate, su opzione del cedente/prestatore, al regime dell’esigibilità dell’imposta al pagamento del corrispettivo;
– nell’ipotesi di erroneo differimento dell’esigibilità dell’ IVA, per operazioni effettuate dopo il superamento del citato limite, l’imposta deve essere calcolata nella liquidazione periodica relativa al mese, o trimestre, nel corso del quale l’operazione si considera effettuata (ai sensi dell’art.6 del D.P.R. 633/1972).
Pertanto, il cedente/prestatore che non ha provveduto a liquidare l’IVA in tale arco temporale, secondo le regole generali relative al “momento di effettuazione dell’operazione”, incorre in un’ipotesi di omesso versamento del tributo.
Pur essendo stato fissato un limite di fatturato d’imposta limitato rispetto a quello medio delle imprese associate, si richiama l’importanza del Provvedimento, tenuto conto sia delle prestazioni appaltate o subappaltate ad imprese con volume d’affari non superiore a 200mila euro, sia dell’incidenza di tale nuova modalità di liquidazione dell’IVA sulla gestione amministrativa delle imprese, dal momento che il diritto alla detrazione IVA è, in presenza di fattura in entrata ad esigibilità differita[11], rinviato al momento in cui effettivamente l’impresa paga i corrispettivi contrattuali.

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[1] Infatti, l’art.66 della Direttiva 2006/112/CE consente già, agli Stati membri, di stabilire, per talune categorie di soggetti o di operazioni, che l’imposta diventi esigibile non oltre il momento di incasso del prezzo (cfr. anche la C.M. n.20/E/2009).
[2] Al contrario, chiarisce la C.M. n.20/E/2009, qualora il cedente/prestatore intenda applicare il regime dell’esigibilità immediata dell’IVA, deve optare espressamente per tale modalità di fatturazione, apponendo sulla fattura l’annotazione “Iva ad esigibilità immediata” – cfr. anche la C.M. n.328/E/1997.
[3] Quali, ad esempio, quelli previsti per i produttori agricoli, per le attività di agriturismo o per il settore editoriale.
[4] Per gli adempimenti, ai quali è tenuto in tal caso il cedente/prestatore, si rinvia al successivo paragrafo 3.1.
[5] Per gli adempimenti che, in tal caso, il cessionario/committente deve porre in essere, si rinvia al successivo paragrafo 3.2.
[6] Ai sensi degli artt. 23 e 24 del D.P.R. 633/1972.
[7] Ai sensi dell’art 25. del D.P.R. 633/1972.
[8] In merito, la C.M. n.20/E/2009 chiarisce che, nell’ipotesi in cui venga emessa fattura prima del momento in cui l’operazione si considera effettuata secondo le regole generali, per quest’ultima l’Iva diviene esigibile «limitatamente all’importo fatturato, alla data della fattura; da tale data decorre l’anno di differimento dell’esigibilità. Nel caso di fattura emessa entro il giorno 15 del mese successivo a quello di consegna o spedizione con riguardo alle cessioni effettuate nel corso del mese solare precedente, la cui consegna o spedizione risulti da documento di trasporto (c.d fattura differita), si ritiene che il termine di un anno decorra comunque dalla data di effettuazione delle singole operazioni riepilogate nella fattura differita».
[9] Sul punto, l’Agenzia delle Entrate chiarisce che in caso di revoca della procedura concorsuale, che sia intervenuta dopo un anno dall’operazione, l’Iva diviene esigibile e deve essere computata nella prima liquidazione successiva alla data di revoca.
[10] Nell’ipotesi in cui siano state emesse fatture per operazioni inesistenti, ovvero nella fattura i corrispettivi, o le imposte, erano stati indicati in misura superiore a quella reale – cfr. anche art.21, comma 7, D.P.R. 633/1972.
[11] In base all’art.7 del D.L. 185/2008.


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