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21.12.2012 - ambiente

TERRE E ROCCE DA SCAVO – ANALISI DELL’ANCE SULLE NUOVE REGOLE PER IL RIUTILIZZO

TERRE E ROCCE DA SCAVO – ANALISI DELL’ANCE SULLE NUOVE REGOLE PER IL RIUTILIZZO

L’Ance, nella nota che pubblichiamo di seguito, compie una prima disamina della nuova normativa sulla disciplina delle terre e rocce da scavo nell’ottica di fornire indicazioni di natura operativa, sulle modalità per il riutilizzo di tali materiali come sottoprodotti.

DM 161/2012 GESTIONE TERRE E ROCCE

IL DECRETO
Con il DM 20 agosto 2012 n. 161 la gestione delle terre e rocce provenienti da attività di costruzione, ovvero dalla lavorazione di materiali lapidei, trova finalmente una sua regolamentazione che sicuramente non potrà dirsi conclusa sino a quando non intervenga anche il provvedimento previsto per la gestione di quelle derivanti dai cantieri edili con movimenti sino a 6000 mc.
Peraltro, l’entrata in vigore del DM 161 fa decadere le prescrizioni dell’art. 186 del d.lgs 152/06, salvo in alcuni casi, così come previsto dall’art. 39 del d.lgs 205/10.
Il DM 161 ha sicuramente il merito di definire una serie di questioni importanti quali l’individuazione della normale pratica industriale, il collegamento tra Piano di utilizzo ed opere da realizzare (superando le indicazioni temporali restrittive del/’art. 186 come riformato nel 2008), la possibilità che i materiali siano frammisti a sostanze estranee impiegate per lo scavo, la facoltà di realizzare un deposito intermedio rispetto al sito di produzione, eccetera. Nello stesso tempo però le procedure individuate dal DM 161 risultano essere complesse dal punto di vista tecnico ed amministrativo, nonché onerose per le imprese ed economicamente sostenibili solo per quantitativi rilevanti.
L’ANCE, nell’ambito dell’iter di formazione ha più volte evidenziato queste problematiche, ma le scelte del DM 161, conseguenti anche al Decreto Legge 1/2012, art. 49, sono la conferma di una scelta volta a privilegiare l’esecuzione di alcune grandi opere. Infatti, nella stesura della prima bozza del DM 161 era stato previsto un regime di gestione delle terre e rocce intermedio per i cantieri con quantitativi minori, scelta che non è stata confermata dall’attuale Governo.
L’ANCE, pur nel confermare l’importanza del DM 161, ritiene che si debba intervenire con la massima urgenza anche a favore dei lavori edili minori, soprattutto perché questi ultimi debbano essere non solo oggetto di procedure semplificate, ma anche perché a loro favore debbano essere applicabili alcune disposizioni del DM 161 (es. piano di utilizzo e tempo di utilizzo, normale pratica industriale ecc.).
Nel merito dei contenuti del DM 161 e prima di entrare nello specifico, c’è comunque da segnalare che l’articolato, in più punti, contiene disposizioni che si prestano a diverse formule interpretative e sulle quali l’ANCE è già intervenuta presso il Ministero dell’Ambiente affinché esse possano essere chiarite.
Si tratta ad esempio dell’utilizzo all’interno del cantiere di produzione (esente dall’applicazione del DM 161 ai sensi dell’art. 185 del d.lgs 152/06 e della Direttiva 2008/98/CE), delle difficoltà applicative relative alla dichiarazione di avvenuto utilizzo, delle disposizioni sul trasporto al limite della loro praticabilità, degli adempimenti in tema di caratterizzazione ecc., dell’utilizzo in altra produzione industriale.
Per completezza è opportuno ricordare che il provvedimento è stato trasmesso, prima della sua emanazione, dal Governo alla Direzione Europea per la concorrenza che non ha formulato osservazioni contrarie, in contemporanea però un’organizzazione ambientalista italiana ha presentato al Commissario Europeo all’ambiente un esposto avverso il decreto sul quale si attende un parere in tempi comunque medio lunghi.
Il decreto 161/2012 delinea una procedura per la gestione delle terre e rocce che schematicamente può essere così riassunta:
– piano di utilizzo da presentarsi all’autorità competente
– approvazione ed esecuzione del piano di utilizzo (con possibilità di aggiornamento in corso d’opera)
– trasporto dei materiali e dichiarazione di avvenuto utilizzo

DA QUANDO SI APPLICA
La procedura è operante dal 6 ottobre 2012 (entrata in vigore del dm 161/2012) per la gestione dei materiali di scavo derivanti da opere edili, indipendentemente dal loro quantitativo.

QUANDO SI APPLICA
Il dm 161/2012 si applica in tutti i casi in cui si desidera gestire le terre e rocce derivanti da scavi e i residui derivanti dalla lavorazione di materiali lapidei (su questo aspetto vi potrebbero essere delle incertezze applicative) come sottoprodotti.
Qualora ciò non sia possibile i materiali saranno trattati nell’ordine secondo il principio end of waste (ancora da definire da parte del Ministero dell’ambiente) ovvero come rifiuti.

A COSA SI APPLICA
Ai materiali di scavo derivanti da lavori di costruzione, demolizione, recupero, ristrutturazione, restauro, manutenzione (art. 1 c. 1 ) relativi a scavi in genere, perforazioni, trivellazioni, palificazioni, consolidamento ecc., opere infrastrutturali, rimozione e livellamento opere in terra, materiali litoidi e simili provenienti da escavazioni effettuate negli alvei sia dei corpi idrici superficiali.
Ai residui derivanti dalla lavorazione di materiali lapidei anche non connessi alla realizzazione di un/opera e non contenenti sostanze pericolose.
Non si ritiene che il dm, nonostante alcuni richiami contenuti nel testo, possa essere applicato ai materiali provenienti da operazioni di vero e proprio dragaggio che hanno una loro propria disciplina. Inoltre, risulta che per essi il Ministero dell’ambiente, unitamente a quello delle infrastrutture, stia predisponendo un apposito provvedimento.

SANZIONI
Il dm 161, in quanto atto amministrativo, non può prevedere l’applicazione di sanzioni per il mancato rispetto delle procedure indicate, ma in diversi passaggi sottolinea che in caso di mancata osservanza dei suoi contenuti il materiale sarà considerato come un rifiuto e quindi assoggettato alla relativa disciplina sanzionatoria. Per altro, non essendo indicate nel testo delle modalità attraverso cui evidenziare che la disciplina applicabile è quella dei rifiuti, anziché quella dei sottoprodotti, è necessario operare con la massima cautela nel rispetto del piano di utilizzo.
Nel testo sono state apportate le seguenti abbreviazioni:
AC -Autorità competente
PU -Piano di Utilizzo
DAU -Dichiarazione di Avvenuto Utilizzo

LA TIPOLOGIA DEI MATERIALI DI SCAVO (ART. 1)
L’art. 1 consente di gestire come sottoprodotti i materiali di scavo contenenti (art. 1 co. llett. b-d)
– “eventuali presenze di riporti” come definiti all’ Allegato 9
– Calcestruzzo *
– Bentonite *
– Policloruro di vinile (PVC)*
– Vetroresina (VTR) *
– Miscele cementizie *
– Addittivi per lo scavo meccanizzato *
Nei casi la composizione media dell’intera massa non deve presentare concentrazioni di inquinanti superiori ai limiti massimi ammessi dal dm 161 (il riferimento, in condizioni “normali”, dovrebbe ritenersi quello delle csc colonne A -B tabella 1 allegato 5 alla Parte IV del d.lgs 152/06). Il dm non indica, fatta eccezione per i riporti, la percentuale di sostanze estranee rispetto alle terre e rocce.

LE ALTRE DEFINIZIONI (ART. 1)
Oltre ai materiali di scavo all’art.1, vi sono una serie di definizioni di cui è opportuno tenere conto e che, almeno per quelle principali, si ritiene utile riportare:
Autorità competente: il soggetto che autorizza la realizzazione dell’opera
Proponente: colui che presenta il piano di utilizzo
Esecutore: colui che esegue il piano di utilizzo
Sito di produzione: uno o più siti perimetrati da cui è generato il materiale di scavo
Sito di destinazione: quello in cui il materiale da scavo è utilizzato (diverso comunque dal luogo di produzione)
Sito di deposito intermedio: quello in cui il materiale è temporaneamente depositato in attesa del trasferimento nel sito di destinazione
Materiale inerte di origine antropica -riporto: l’orizzonte stratigrafico costituito da una miscela di eterogenea di materiali di origine antropica come definiti dall’Allegato 9
Ambito territoriale con fondo naturale: la porzione di territorio in cui può essere dimostrato che il suolo/sottosuolo reca valori superiori alle ese di cui alle colonne A -B della Tabella 1 dell’allegato 5 alla Parte IV del d.lgs 152/06
Normale pratica industriale: sono le operazioni indicate n eli’ Allegato 3. Si tratta
comunque di una esemplificazione indicativa.

LE CONDIZIONI PER I SOTTO PRODOTTI (ART. 183 D.LGs. 152/06)
Le condizioni generali affinché un materiale sia qualificato come sotto prodotto sono quelle indicate dall’art. 183 comma 1 lett. qq del d.lgs 152/06, che per i materiali di scavo vengono così precisate e che dovranno essere comprovate dal piano di utilizzo (PU).
– Origine dalla realizzazione di un’opera di cui costituisce parte integrante e il cui scopo primario non è la produzione del materiale
– Utilizzo in conformità al piano di utilizzo PU
a) nella stessa opera che lo ha prodotto o in un’opera diversa per reinterri, riempimenti, rimodellazioni, rilevati, ripascimenti, interventi a mare, miglioramenti fondiari o viari o altre forme di ripristini e miglioramenti ambientali (un’elencazione così tassativa farebbe escludere altre destinazioni d’uso)
b) in processi produttivi al posto degli inerti da cava
– Idoneità ad essere utilizzato direttamente, ossia senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale (come definita dall’Allegato 3)
– Soddisfacimento dei requisiti di qualità ambientale indicati nell’Allegato 4
– Caratterizzazione ambientale dei materiali di scavo, vale a dire l’attività svolta per dimostrare che essi hanno le caratteristiche di cui agli allegati 1 -2 del dm 161 e quindi possono essere gestiti come sottoprodotti.

PIANO DI UTILIZZO – PU (ART. 5)
Il PU costituisce l’elemento essenziale per la gestione dei materiali di scavo come non rifiuto, deve seguire le procedure nonché recare la documentazione indicata nell’art. 5 e negli allegati al dm 161/2012.

CHI LO PRESENTA (COMMA 1)
Il PU è presentato dal proponente all’autorità competente e dovrà essere modificato dall’esecutore qualora si verifichino le fattispecie di cui all’art. 8.
La definizione di “proponente” (art. 1) e cioè colui che presenta il PU, lascia in qualche modo indeterminata la figura del soggetto che materialmente lo presenta, almeno per determinate tipologie di opere. Infatti, l’art. 5 prevede che il PU debba essere presentato almeno 90 gg prima dell’inizio delle opere e quindi è evidente che il proponente può essere anche un soggetto diverso dal titolare del titolo abilitativo edilizio come ad esempio l’impresa esecutrice/appaltatrice/subappaltatrice per la parte relativa agli scavi.
Nel caso di opera pubblica, invece, il PU sarà redatto dalla stazione appaltante oppure presentato dall’appaltatore, se espressamente incaricato della gestione dei materiali come sottoprodotti, alla stazione appaltante in quanto autorità competente.

A CHI SI PRESENTA (COMMA 1)
Il PU deve essere presentato all’autorità competente per l’opera da cui derivano i materiali di scavo anche in via telematica, redatto in conformità all’Allegato 5 e corredato da una dichiarazione sostitutiva di atto notorio nella quale il proponente attesta la sussistenza dei requisiti relativi ai sottoprodotti (art. 4 comma 1).

QUANDO SI PRESENTA (COMMA 1)
Le possibilità sono diverse e alternative tra loro e cioè:
– Almeno 90 gg prima dell’inizio dei lavori
In fase di approvazione del progetto definitivo
– Prima dell’espressione del parere di valutazione ambientale per le opere soggette a VIA

LA PROCEDURA (COMMI 2, 3, 4 E 5)
La procedura si può definire di due tipologie e cioè:
– Ordinaria
– Speciale per determinati siti
In entrambi i casi è previsto l’intervento dell’ARPA in via facoltativa su richiesta dell’autorità competente o in via obbligatoria nel caso di siti particolari (con valori di fondo naturale superiori ai limiti ammessi o siti da bonificare). In via ordinaria l’AC, una volta ricevuta la proposta di piano di utilizzo, può chiedere entro 30 gg dalla presentazione integrazioni alla documentazione ricevuta. Il proponente, salvo che l’autorità competente non lo abbia espressamente indicato, non ha un termine per produrre le integrazioni richieste e comunque il termine di 90 gg inizierà di nuovo a decorrere esclusivamente dopo la presentazione della documentazione.
L’AC potrà richiedere l’intervento dell’ARPA (regionale o provinciale) con motivato provvedimento. L’ARPA dovrà esprimersi entro i 45 gg successivi e comunque nel termine complessivo di 90 gg.
Nel caso di opere soggette a VIA, considerato che il PU deve essere presentato prima della espressione del relativo parere VIA, la procedura e soprattutto la tempistica, per quanto non espressamente detto nell’art. 5, potrebbe essere oggetto di una diversa scansione temporale.
Non si ritiene che il PU possa essere adottato mediante silenzio-assenso nonostante la formula del DM 161 lasci un certo spazio a tale tesi interpretativa.

FONDO NATURALE (COMMA 4)
Se il sito di produzione è caratterizzato da fenomeni naturali a seguito dei quali il materiale di scavo presenta concentrazioni di elementi superiori alle CSC di cui alle colonne A e B della Tabella 1 dell’Allegato 5 alla parte IV del d.lgs. 152/06 esse potranno essere assunte pari al valore di fondo naturale esistente per tutti i parametri superati.
In questo caso prima di predisporre il PU il proponente dovrà segnalarne il superamento all’AC attraverso un piano di accertamento eseguito in contraddittorio con l’ARPA territorialmente competente.
Si evidenzia come l’art. 5, comma 4, non individui alcun termine per l’effettuazione di questa procedura preliminare.
Successivamente all’esecuzione del piano di accertamento si potrà presentare il PU secondo la procedura e i termini previsti in via ordinaria.
In ogni caso l’utilizzo del materiale sarà consentito solo nel sito di produzione ovvero in altro sito con fondo naturale con caratteristiche analoghe.
Si segnala che la previsione di un utilizzo ammesso nel sito di produzione potrebbe sottointendere che il PU, almeno in situazioni di questo genere, vada comunque sempre predisposto contraddicendo cosi alle indicazione dell’art. 185 del d.lgs 152/06 che, invece, lo escludono almeno nel caso di materiali con inquinamento nei limiti di cui alle colonne A e B della Tabella 1 dell’Allegato 5 alla parte IV del d.lgs. 152/06.
Le situazioni in cui i valori di fondo naturali sono superiori ai limiti ammessi dovrebbero essere assimilate a quelle nei quali i limiti di inquinamento rientrano nelle soglie consentite.
Per i materiali provenienti da siti oggetto di interventi di bonifica ovvero di ripristino ambientale i requisiti di qualità ambientale dovranno essere individuati dall’ARPA su richiesta del proponente.
SITI DA BONIFICARE (COMMA 5)
Il PU non potrà essere presentato se non sia stata attivata una sorta di procedura preliminare.
L’ARPA dovrà fornire una risposta entro 60 gg sui valori riscontrati indicando la compatibilità dei materiali di scavo (compresi i riporti) con la destinazione d’uso urbanistica del sito di destinazione.
La presentazione del PU che avverrà, secondo la procedura ordinaria, è subordinata all’esito positivo dell’ARPA.

QUANTO DURA IL PU (COMMA 6-7)
Il PU ha validità sino a quando non sono completate le opere/gli utilizzi indicati nel PU medesimo.
Le attività indicate nel PU dovranno avere inizio entro 2 anni dalla sua presentazione salvo deroghe motivate da parte dell’AC .
Il comma 7 prevede che il PU possa essere prorogato 2 mesi prima della scadenza dei termini per la durata massima di 1 anno (la formula utilizzata sembrerebbe escludere la possibilità di una proroga per l’avvio dell’attività).
Se il materiale scavato e collocato in deposito non viene utilizzato nei termini previsti, in contrasto rispetto a quanto indicato nell’art. 5 comma 7, esso potrà essere oggetto di un nuovo PU (art. 10 comma 5).
Il PU va conservato per 5 anni nel sito di produzione del materiale o presso la sede legale di colui che lo ha presentato o eseguito. L’obbligo di conservazione incombe anche a carico dell’AC.

L’INTERVENTO DELL’ARPA (COMMA 10)
L’intervento dell’ARPA è sempre a carico del proponente ed i costi saranno definiti da un apposito decreto ministeriale, da emanarsi entro il 21 marzo 2013. Nelle more di tale definizione si applicherà il tariffario locale. Peraltro, entro il 21 marzo 2013 il MATI (Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare) dovrà individuare anche le “idonee garanzie finanziarie qualora l’opera di progettazione e il relativo PU non vada a buon fine’.

IL PU SI PUÒ/DEVE MODIFICARE? (ART. 8)
Se:
– c’è un aumento> 20% del volume in banco dei materiali (aggiornamento entro 15 gg. dall’evento di modifica)
– la destinazione del materiale è per un sito diverso da quello indicato*
– la destinazione del materiale è per un sito intermedio diverso*.
* in questi casi sino a quando l’aggiornamento del PU non è stato approvato si potrà procedere solo mantenendo le previsioni del PU originario.
Le procedure e i termini per l’aggiornamento del PU sono le medesime di quelle previste per la presentazione.

ADEMPIMENTI PER IL PU (ART. 9)
Il proponente deve comunicare all’AC il nominativo dell’esecutore del PU prima dell’inizio dei lavori e questi ne è responsabile. L’esecutore redige i documenti relativi al trasporto e la dichiarazione di avvenuto utilizzo (DAU).

IL DEPOSITO (ART. 10)
Il materiale scavato, in attesa dell’utilizzo, può essere accantonato all’interno del sito di produzione, dei siti di deposito intermedio, dei siti di destinazione che saranno indicati nel PU e comunque l’utilizzo dovrà avvenire nei termini del PU.
Il deposito dovrà sempre prevedere la distinzione tra i vari materiali scavati oggetto di differenti PU ed essere munito di apposita segnaletica.

CONTENUTI DEL PU (ALL. 5)
– Indicazione sito di produzione e dei relativi volumi in banco suddivisi per tipologie.
– Indicazione siti di utilizzo e dei processi industriali di impiego dei materiali, indicazione dei relativi volumi suddivisi per tipologie.
– Indicazione degli eventuali siti di deposito intermedio o in attesa di utilizzo.
– Operazioni di normale pratica industriale che saranno effettuate per migliorare le caratteristiche merceologiche tecniche ecc. dei materiali da scavo in funzione dal loro utilizzo (AlI. 3).
– Modalità di esecuzione e risultanze della caratterizzazione ambientale da eseguirsi in fase progettuale.
– Risultati dell’indagine conoscitiva dell’area di intervento.
– Modalità di accompagnamento, preparazione dei campioni ed analisi con indicazione del set dei parametri analitici (AlI. 2-4).
– Indicazione della necessità di ulteriori approfondimenti in corso d’opera (se è impossibile farlo in sede progettuale, utilizzo di tecnologie di scavo con sostanze estranee – AIl.8).
– Individuazione dei percorsi previsti per il trasporto dei materiali di scavo. Inquadramento territoriale, urbanistico, geologico ed idrogeologico.
– Descrizione attività svolta nel sito.
– Piano campionamento e analisi.

COSA È LA CARATTERIZZAZIONE AMBIENTALE (ALL.1)
Serve per accertare la sussistenza dei requisiti di qualità ambientale dei materiali di scavo, va inserita nella progettazione. La svolge il proponente in fase progettuale o comunque prima dell’inizio dello scavo. La caratterizzazione ambientale deve avere un livello di approfondimento almeno pari al livello progettuale soggetto all’espletamento della procedura di approvazione dell’opera. Se in fase progettuale si ravvisa la necessità di effettuare una caratterizzazione ambientale in corso d’opera, il PU dovrà indicarne le modalità di esecuzione (AlI. 8).
In questo caso, l’onere della caratterizzazione sarà a carico dell’esecutore.
Se si prevede di ricorrere a metodologie di scavo in grado di non determinare un rischio di contaminazione, il PU può prevedere, salvo diversa indicazione dell’AC, che non sia necessario ripetere la caratterizzazione ambientale in corso d’opera.
Le procedure di campionamento in fase di progettazione vanno indicate nel PU ed eseguite secondo le indicazioni dell’AlI. 2.

QUALI SONO LE OPERAZIONI DI NORMALE PRATICA INDUSTRIALE? (ALL. 3)
Sono tutte le operazioni finalizzate al miglioramento delle caratteristiche merceologiche del materiale per renderne l’utilizzo maggiormente produttivo e tecnicamente efficace.
L’AlI. 3 indica alcune tipologie già di normale pratica industriale e questo con l’obiettivo di superare le incertezze interpretative di natura giurisprudenziale.
Si tratta di: selezione granolumetrica riduzione volumetrica mediante macinazione stabilizzazione a calce, cemento ecc. (concordando preventivamente con l’ARPA le modalità di utilizzo nel PU) stesa al suolo per consentire l’asciugatura ecc. e favorire l’eventuale biodegradazione naturale degli additivi utilizzati per lo scavo riduzione degli elementi estranei (es. VTR, PVC ecc.) presenti nei materiali.
È consentita la presenza di pezzature eterogenee di natura antropica non inquinante (non ne è indicata la percentuale), purché rispondente ai requisiti tecnicifprestazionali.

PROCEDURE DI CARATTERIZZAZIONE CHIMICO-FISICHE (ALL. 4)
Le procedure di caratterizzazione chimico-fisiche devono essere effettuarsi secondo le indicazione dell’AlI. 4.
Inoltre, viene previsto che per volumi (in banco) tra 6.000 e 150.000 mc le analisi chimiche sui campioni potranno essere effettuate su un numero ridotto di sostanze (sostanze indicatrici).
Nulla è detto per quantitativi diversi.

DESTINAZIONI DEI MATERIALI DI SCAVO (ALL. 4)
Si tratta di reinterri, riempimenti, rimodellazioni, ripascimenti, interventi in mare, miglioramenti viari/fondiari, altre forme di ripristini e miglioramenti ambientali, per rilevati e sottofondi, in processi produttivi in sostituzione dei materiali di cava.
Se la concentrazione di inquinanti rientra nei limiti di cui alla colonna A l’utilizzo potrà aversi in qualsiasi sito a prescindere dalla sua destinazione, se invece è compresa fra i limiti di cui alle colonne A-B in siti con destinazione produttiva (commerciale, artigianale).
Inoltre, per il riutilizzo in impianti industriali la concentrazione di inquinanti non dovrà superare i limiti della colonna B e per materiali con concentrazioni di inquinanti compresa tra le colonne A e B esso sarà possibile sono nel caso in cui il processo industriale di destinazione preveda la produzione di prodotti o manufatti merceologicamente distinti dai materiali da scavo che comporti la sostanziale modifica delle loro caratteristiche chimico-fisico iniziali.

PER IL TRASPORTO? (ART. 11)
Il trasporto dovrà essere accompagnato da un apposito modulo compilato, in originale, in 4 copie (produttore, proponente, trasportatore, responsabile del sito di utilizzo).
AI modulo deve essere allegata la caratterizzazione analitica e il PU (dalla formula utilizzata sembrerebbe essere sufficiente allegare l’atto di formale approvazione del PU).
Prima dell’effettuazione del trasporto deve essere inviata all’AC una comunicazione attestante:
– generalità della stazione appaltante
– generalità della ditta appaltatrice
– generalità della ditta di trasporto
– generalità della ditta che riceve il materiale nel luogo di destinazione (targa dei veicolo, data e ora del trasporto, quantità e tipologie del materiale).

LA DICHIARAZIONE DI AVVENUTO UTILIZZO – DAU (ART. 12, ALL. 7)
AI fine di garantire la tracciabilità dell’avvenuto utilizzo dei materiali di scavo come sottoprodotti è previsto che l’esecutore presenti all’AC un’apposita dichiarazione.
La dichiarazione, nella forma della dichiarazione sostitutiva di atto notorio, va redatta secondo lo schema predisposto nell’Allegato 7 del DM e corredato della relativa documentazione (es. certificati di analisi dei campioni, eventuale titolo abilitativo dell’opera nella quale avviene l’utilizzo).
La dichiarazione va effettuata entro il termine di validità del PU ed è conservata per 5 anni (dalla data di presentazione) ed è resa dall’esecutore (che può essere persona diversa da colui che ha presentato il PU) o da un terzo se l’utilizzo è effettuato da soggetto diverso da colui che ha presentato il PU o dall’esecutore degli scavi.
La formula utilizzata, in realtà, non è chiara poiché sembrerebbe che la dichiarazione debba comunque essere presentata dal proponente o dall’esecutore indicando il termine di utilizzo, salvo comunque l’obbligo, per l’utilizzatore di comunicare a sua volta l’avvenuto utilizzo.
In pratica nei confronti del proponente/esecutore il decreto impone un obbligo di sorveglianza sul rispetto del PU dal cui mancato rispetto deriverà l’immediata applicazione della normativa sui rifiuti.

SITUAZIONI DI EMERGENZA (ART. 6)
Qualora si verifichino situazioni di emergenza (es. dissesto idrogeologico) il materiale potrà essere gestito come sottoprodotto presentando una dichiarazione sostitutiva di atto notorio redatta “nella forma” (si ritiene con la documentazione indicata) della dichiarazione di avvenuto utilizzo.
Dalla data di presentazione il materiale sarà gestito come sottoprodotto, salvo l’obbligo per il soggetto che ha rilasciato la dichiarazione di presentare entro 15 gg dalla data di inizio dei lavori il PU.
Questa procedura non è applicabile nel caso in cui la situazione di emergenza si sia verificata in aree soggette a bonifica.

IL PERIODO TRANSITORIO (ART. 15)
Per tutti i progetti di utilizzo redatti prima del 6 ottobre (anche solo presentati) ai sensi dell’art. 186 del D.lgs. 152/06 è data la possibilità di portarli a compimento secondo le “vecchie regole” o in alternativa di conformarli, attraverso un nuovo PU, alle indicazioni del DM 161/2012.


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