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03.10.2013 - tributi

AFFITTO CON PROMESSA DI VENDITA: IVA DA PAGARE SUBITO, NON AL ROGITO – ARTICOLO PUBBLICATO SU FISCOOGGI, RIVISTA TELEMATICA DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE

Riportiamo un interessante articolo pubblicato su FiscoOggi, la rivista telematica dell’Agenzia delle Entrate che approfondisce la recente sentenza della Corte di Cassazione n. 20975 del 13 settembre.

Affitto con promessa di vendita: Iva da pagare subito, non al rogito
Il rinvio della contabilizzazione dei corrispettivi, che posticipa il pagamento del tributo e realizza un indebito risparmio d’imposta, è equiparabile a una elusione fiscale

Le operazioni di locazione immobiliare con patto di futura vendita, o con prelazione di vendita, devono essere assoggettate a Iva al momento della stipula del contratto di locazione e non a quello del successivo rogito notarile per il trasferimento della proprietà dell’immobile. Il rinvio della contabilizzazione dei corrispettivi, che di fatto posticipa il pagamento del tributo e realizza un indebito risparmio d’imposta, è equiparabile a un caso di elusione fiscale, poiché il contribuente non può liberamente gestire le poste di bilancio e, quindi, decidere quando versare le imposte relative al reddito imponibile.
Questi i principi espressi dalla Corte di cassazione con la sentenza 20975 del 13 settembre.

Il fatto
Il procedimento nasce dal processo verbale di constatazione redatto dai militari della Guardia di finanza in seguito a una verifica fiscale condotta nei confronti di una società immobiliare. Le risultanze del verbale, inerenti violazioni in materia di Iva, avevano comportato l’emissione di un avviso di irrogazione sanzioni e di un atto di contestazione, contro cui la società verificata aveva proposto ricorso.
I verificatori avevano constatato che la società aveva contabilizzato i corrispettivi, relativi ai contratti di locazione con patto di futura vendita e dei contratti di locazione con prelazione di vendita, al momento della stipula del rogito per il trasferimento della proprietà dell’immobile e non a quello, precedente, della stipula del contratto di locazione, rinviando di fatto il versamento dell’Iva: da qui la contestazione delle sanzioni per tardivo versamento dell’imposta.
Il ricorso della società era respinto sia dalla Commissione tributaria provinciale sia da quella regionale, che confermavano la legittimità degli avvisi impugnati e della relativa pretesa erariale.
In particolare, a parere dei giudici di secondo grado, i colleghi di prime cure avevano ben giudicato quando avevano considerato che il momento impositivo delle operazioni esaminate era quello della stipula dei contratti di locazione immobiliare – con clausola di trasferimento della proprietà del bene locato “vincolante per entrambe le parti” – non rilevando, invece, il successivo momento di trasferimento della proprietà.
La società immobiliare impugnava la sentenza d’appello.
La Corte di cassazione, ritenendo infondati i motivi di doglianza della ricorrente, ha rigettato il ricorso, con condanna alle spese.

La decisione
Il caso sottoposto al giudizio della Cassazione attiene la corretta contabilizzazione e l’esatto trattamento fiscale, ai fini delle imposte dirette e Iva, delle locazioni immobiliari con successiva vendita, ossia di quelle operazioni che prevedono l’impegno vincolante per le parti, dopo un periodo di locazione, alla successiva vendita dell’immobile.
Dal canto suo, la società immobiliare aveva contabilizzato i corrispettivi dell’operazione, assoggettandoli a tassazione, solo al momento della stipula del rogito relativo al trasferimento della proprietà dell’immobile a favore dell’acquirente, al termine del periodo di locazione.
A parere dei giudici di merito e della stessa Corte di legittimità, tale comportamento risulta non corretto, sia dal punto di vista dei principi contabili sia da quello fiscale.
Sotto l’aspetto civilistico, la Cassazione ricorda che i principi contabili nazionali stabiliscono che, in merito alle operazioni di vendita con riserva di proprietà, la componente del ricavo in capo al cedente (e del correlato costo in capo all’acquirente) deve essere rilevata al momento della consegna del bene (principio contabile n. 19) e che, inoltre, il trattamento contabile di un’operazione è strettamente legato alla sua sostanza economica, al di là della sua origine, contrattuale o legislativa (principio n. 11).
In ragione di tali principi, a parere dei giudici di legittimità, la rilevazione contabile della società è errata in quanto la stessa, non contabilizzando i corrispettivi al momento della stipula del contratto di locazione, coincidente con la consegna del bene, “non si sarebbe conformata alla sostanza dell’operazione economica e alla sua ragione pratica”.
Dal punto di vista fiscale, il trattamento delle operazioni in oggetto è disciplinato, in materia di imposte dirette, dall’articolo 75, comma 2, lettera a), del Dpr 917/1986, che prevede l’assimilazione della “locazione con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per ambedue le parti” alla “vendita con riserva di proprietà.”
Tale criterio d’imputazione è riproposto anche in ambito Iva, laddove l’articolo 2, comma 2, del Dpr 633/1972, elencando le operazioni assimilate alle cessioni di beni, include le vendite con riserva di proprietà e le locazioni con clausola di trasferimento vincolante per ambedue le parti.
Se ne deriva, dunque, che “tanto nel caso di vendita con riserva di proprietà che in quello della locazione con patto di futura vendita, il differimento del trasferimento della proprietà non rileva ai fini Iva e l’operazione, quanto all’individuazione del momento di contabilizzazione, deve essere trattata come una ordinaria cessione di beni, soggetta a Iva per l’intero corrispettivo al momento in cui viene effettuata ai sensi dell’articolo 6 del Dpr 633/1972”.
I giudici di legittimità considerano corrette le determinazioni della Commissione tributaria regionale quando ha ritenuto che i contraenti volevano il verificarsi dell’effetto traslativo della proprietà sin dal momento della stipula della locazione, in linea con la finalità antielusiva perseguita dal summenzionato articolo 75 del Tuir, “rivolta a evitare che, mediante la stipulazione di un contratto di locazione con patto di futura vendita, fosse indebitamente rinviata al futuro, da parte del venditore o del locatore, l’imputazione a periodo dei componenti di reddito”.
In altre parole, il Legislatore ha previsto la disposizione in commento per impedire che il contribuente, mediante la locazione di un immobile con patto di futura vendita vincolante per le parti, abbia la possibilità di posticipare indebitamente la rilevazione contabile della plusvalenza emergente dalla cessione solo al momento successivo del trasferimento formale della proprietà.
Sul tema della corretta imputazione temporale dei componenti positivi e negativi di reddito, i giudici della Corte suprema hanno fornito un ulteriore contributo, affermando che “le regole sull’imputazione temporale dei componenti di reddito sono inderogabili, sia per il contribuente che per l’ufficio finanziario e, pertanto, il recupero a tassazione di ricavi nell’esercizio di competenza non può trovare ostacolo nella circostanza che essi siano stati dichiarati in un diverso esercizio: ciò infatti finirebbe per lasciare il contribuente arbitro della scelta del periodo più conveniente in cui dichiarare i propri componenti di reddito con innegabili riflessi sulla determinazione del proprio reddito imponibile” (cfr Cassazione 26665/2009, 3947/2011 e 1648/2013).
La Corte di cassazione ha ritenuto altresì infondate le doglianze della società verificata, che nel giudizio aveva richiesto l’annullamento delle sanzioni in ragione dell’incertezza normativa sulla disciplina in tema di contabilizzazione dei corrispettivi relativi alle locazioni con patto di futura vendita. Nel rigettare le ragioni della ricorrente, i giudici hanno precisato che l’incertezza normativa oggettiva, causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, “postula una condizione di inevitabile incertezza su contenuto, oggetto e destinatari della norma tributaria, ossia insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso il procedimento di interpretazione, in presenza di pluralità di prescrizioni di coordinamento difficoltoso per via di elementi positivi di confusione, che è onere del contribuente allegare; detta insicurezza ed equivocità, inoltre, vanno riferite non già a un generico contribuente, né a quei contribuenti che, per loro perizia professionale, siano capaci di interpretazione normativa qualificata, all’ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto dell’ordinamento cui è attribuito il potere – dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione – cfr ex plurimis, Cassazione 4522/13”.

Emiliano Marvulli
Pubblicato Martedì 1 Ottobre 2013

 


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