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Servizio Sindacale - referente: dott. Francesco Zanelli
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22.06.2018 - lavoro

DAL 1° LUGLIO 2018 SCATTA IL DIVIETO DEL PAGAMENTO DELLE RETRIBUZIONI IN CONTANTE

Come si ricorderà, la Legge di Bilancio 2018 ha fissato, in capo al datore, il divieto di pagamento mediante denaro contante della retribuzione, nonché di ogni anticipo di essa, al lavoratore, qualsiasi sia la tipologia di rapporto di lavoro instaurato.
La norma, contenuta nei commi da 910 a 914 dell’art. 1 della Legge 27 dicembre 2017, n. 205, ha previsto una sua specifica entrata in vigore, in conseguenza della quale il suddetto divieto scatta a decorrere dal 1° luglio 2018.
Pertanto, dalla data da ultimo indicata, la retribuzione spettante al lavoratore, ivi inclusi gli acconti o gli anticipi della stessa, non potranno essere corrisposti se non tramite una banca o un ufficio postale e con uno dei mezzi, identificati dalla norma stessa, di seguito ritrascritti:

  • bonifico bancario postale sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore;
  • strumenti di pagamento elettronico;
  • pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale presso cui il datore ha aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento;
  • emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato. La norma considera “comprovato” l’impedimento quando il delegato a ricevere sia il coniuge, il convivente oppure un familiare, in linea retta o collaterale, del lavoratore, purché di età non inferiore a 16 anni.

Come detto, per espressa previsione normativa, il divieto di uso del contante si applica verso ogni tipologia di lavoro.
Al riguardo, la norma precisa che per “rapporto di lavoro” si deve intendere ogni rapporto di lavoro subordinato, indipendentemente dalla sua durata e dalle modalità di svolgimento della prestazione, ivi inclusi i contratti di collaborazione coordinata e continuativa e i contratti di lavoro instaurati in qualsiasi forma dalle cooperative con i propri soci.
Lo scopo della norma risiede nel tentativo di innalzare il livello di trasparenza nella gestione del singolo rapporto di lavoro e di consentire, attraverso la piena tracciabilità dei movimenti retributivi, un più agevole controllo della trasparenza stessa da parte degli Enti a ciò preposti.
La violazione del divieto comporta, infatti, l’applicazione, da parte degli Organi di vigilanza, di una sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma da 1.000 euro a 5.000 euro.
Il Servizio sindacale dell’Associazione resta a disposizione delle Imprese per ogni ulteriore approfondimento si rendesse necessario.

 


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