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08.05.2018 - urbanistica

LA VIA POSTUMA È LEGITTIMA PER SANARE IRREGOLARITÀ

Il quesito posto alla corte: è ammissibile una via postuma su un impianto già realizzato?
La Corte di Giustizia UE con sentenza del 28 febbraio 2018 causa C-117/17 si è nuovamente pronunciata sulla legittimità della VIA a posteriori da effettuarsi cioè, come nel caso di specie, su un impianto o un’opera già realizzati e in esercizio e sui quali all’epoca della costruzione l’amministrazione procedente non ha ritenuto necessario svolgere né le verifica di assoggettabilità né la VIA.

Fattispecie e contesto normativo
Per comprendere la portata della sentenza UE vale la pena evidenziare in quale contesto normativo ha trovato origine la questione. Entrambi i casi affrontati dalla due sentenze richiamate si riferiscono ad impianti realizzati nella regione Marche ove, in materia di normativa VIA, si sono succeduti nel recente passato diversi interventi legislativi e giurisprudenziali che hanno generato l’incertezza sul regime di VIA applicabile ad alcune categorie di progetti.

Le motivazioni dei giudici Ue
Prima di tutto la Corte di Giustizia ha ribadito il principio generale sul carattere preventivo della VIA vale a dire sulla necessità che tale procedura venga svolta prima della autorizzazione del progetto/impianto/attività.
La Corte di Giustizia, riprendendo, poi, quanto già affermato alcuni mesi fa, in una analoga fattispecie sollevata sempre da un tribunale amministrativo italiano, ha ammesso la non contrarietà del diritto dell’Unione Europea ad effettuare una VIA postuma finalizzata, come in questo caso, a rimediare all’omessa effettuazione di tale valutazione in una fase antecedente (ossia secondo il normale l’iter) purché ciò non diventi una prassi per eludere o disapplicare le norme europee/nazionali. La Corte ha motivato la sentenza evidenziando che gli Stati membri hanno l’obbligo di eliminare le conseguenze derivanti dalla omissione della VIA e a tal fine possono disciplinare normativamente la possibilità di effettuare la VIA postuma purché essa non si limiti a valutare solo le ripercussioni future dell’opera sull’ambiente ma prenda in considerazione altresì l’impatto ambientale intervenuto già a partire dalla sua realizzazione.

Nota di commento
Non è la prima volta che, sul presupposto dell’indiscutibile carattere preventivo della VIA, i giudici nazionali ed europei intervengono a risolvere in via interpretativa l’ammissibilità della cd. VIA postuma a volte ritenendola ammissibile, seppur a determinate condizioni, altre volte esprimendo indirizzo contrario.
Le pronuncia in esame si aggiunge a quelle che affermano la legittimità della VIA postuma purché con essa siano, in ogni caso, considerate e valutate le conseguenze ambientali generate a partire dalla realizzazione dell’opera.
L’ammissibilità della VIA postuma può essere ritenuta condivisibile come misura finalizzata ad evitare le conseguenze più gravose derivanti dall’obbligo di demolizione e rimessione in pristino dell’opera, ovviamente nella premessa più volte evidenziata anche dai giudici UE che ciò poi non diventi un modo per eludere la normativa.
Occorrerebbe, semmai, tenere distinte le fattispecie che possono rendere necessaria una VIA postuma. E’ ben evidente che il caso di un intervento legittimamente autorizzato anche senza la VIA perché al tempo della sua esecuzione essa non era prevista, è ben diverso dal caso in cui essa sia stata omessa per colpa imputabile al proponente o all’autorità amministrativa.
La Regione Toscana ha, ad esempio, previsto una disciplina della VIA postuma piuttosto rigorosa. L’art. 43 comma 6 della legge regionale n. 10/2010 afferma, infatti, che “Le domande di rinnovo di autorizzazione o concessione relative all’esercizio di attività per le quali all’epoca del rilascio non sia stata effettuata alcuna valutazione di impatto ambientale e che attualmente rientrino nel campo di applicazione delle norme vigenti in materia di VIA, sono soggette alla procedura di VIA, secondo quanto previsto dalla presente legge. Per le parti di opere o attività non interessate da modifiche, la procedura è finalizzata all’individuazione di eventuali misure idonee ad ottenere la migliore mitigazione possibile degli impatti, tenuto conto anche della sostenibilità economico-finanziaria delle medesime in relazione all’attività esistente. Tali disposizioni non si applicano alle attività soggette ad autorizzazione integrata ambientale (AIA)”.

Normativa nazionale a seguito del D. Lgs. 104/2017
Il D. Lgs. 104/2017 che ha riformato la disciplina nazionale in materia di VIA recependo la Direttiva 2014/52/UE ha modificato l’articolo 29 del D. Lgs. 152/2006 prevedendo, sia per il caso di progetti realizzati senza la previa sottoposizione alla verifica di assoggettabilità o alla VIA ovvero al (nuovo) procedimento unico, sia per il caso di annullamento (in sede giurisdizionale o di autotutela) di tali provvedimenti relativi a un progetto già realizzato o in corso di realizzazione, che l’Autorità competente assegni un termine all’interessato entro il quale avviare un nuovo procedimento e possa consentire la prosecuzione dei lavori o delle attività a condizione che tale prosecuzione avvenga in termini di sicurezza con riguardo agli eventuali rischi sanitari, ambientali o per il patrimonio culturale. Scaduto inutilmente il termine assegnato all’interessato, ovvero nel caso in cui il nuovo provvedimento di VIA abbia contenuto negativo, l’Autorità competente dispone la demolizione delle opere realizzate e il ripristino dello stato dei luoghi.
Pertanto ora è proprio il TU Ambiente, come riformato, ad aver previsto in modo esplicito l’ammissibilità di poter effettuare una forma di “procedimento in sanatoria” che sarà svolto però secondo le modalità ordinarie previste per la VIA ex ante.

 


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