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02.08.2018 - tributi

PRIMA CASA – ACQUISTO IN COMUNIONE DEI BENI

(Corte di Cassazione Ord. 14326/2018)
In caso di acquisto dell’abitazione da parte dei coniugi in comunione dei beni, per fruire del beneficio cd. “prima casa” sull’intero immobile, è necessario che entrambi partecipino al rogito e rendano le dovute dichiarazioni, pena la revoca dell’agevolazione.
È questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione con l’Ordinanza 14326 del 5 giugno 2018, che ha riconosciuto la validità della revoca dei benefici “prima casa” per l’acquisto di un’abitazione effettuato da un coniuge in comunione dei beni, non avendo l’altro coniuge partecipato al rogito e reso le necessarie dichiarazioni di legge.
Si ricorda che le condizioni per accedere ai benefici “prima casa” (registro 2% in caso di acquisto da privato, Iva 4% in caso di acquisto da impresa, e ipotecarie e catastali in misura fissa) sono disciplinate dall’art. 1, nota II-bis della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. 131/86[1] e riguardano:
■ la natura dell’immobile (categoria catastale A diversa da A/1, A/8 e A/9);
■ l’ubicazione dell’abitazione, che deve trovarsi nel Comune in cui l’acquirente ha la propria residenza o la trasferisca entro 18 mesi dall’acquisto;
■ la non titolarità esclusiva di altra abitazione nel Comune in cui si trova l’immobile da acquistare;
■ la non titolarità, nemmeno per quote, di altra abitazione situata nel territorio dello Stato acquisita con i benefici “prima casa”.
È proprio sulle ultime due condizioni sopra indicate che si appunta la decisione della Corte di Cassazione che, nell’Ordinanza in commento, precisa che in caso di acquisto di un fabbricato con richiesta di fruire delle agevolazioni prima casa “da parte di un soggetto coniugato in regime di comunione legale dei beni, le dichiarazioni prescritte dalla legge debbano riguardare non solo il coniuge intervenuto nell’atto ma, anche, quello non intervenuto e debbano essere necessariamente rese da quest’ultimo”.
In caso contrario il beneficio fiscale sarà riconosciuto soltanto sulla quota dell’immobile spettante al coniuge che ha effettuato le dichiarazioni.

Note:
[1] Cfr. Nota II-bis, all’art.1 della Tariffa, Parte I, allegata al D.P.R. 131 del 26 aprile 1986 (estratto) –
“1. Ai fini dell’applicazione dell’aliquota del 2% agli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso e agli atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell’usufrutto, dell’uso e dell’abitazione relativi alle stesse, devono ricorrere le seguenti condizioni:
a) che l’immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui l’acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza o, se diverso, in quello in cui l’acquirente svolge la propria attività ovvero, se trasferito all’estero per ragioni di lavoro, in quello in cui ha sede o esercita l’attività il soggetto da cui dipende ovvero, nel caso in cui l’acquirente sia cittadino italiano emigrato all’estero, che l’immobile sia acquisito come prima casa sul territorio italiano. La dichiarazione di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l’immobile acquistato deve essere resa, a pena di decadenza, dall’acquirente nell’atto di acquisto;
b) che nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l’immobile da acquistare;
c) che nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni di cui al presente articolo ovvero di cui all’art. 1 della L. 22 aprile 1982, n. 168, all’art. 2 del D.L. 7 febbraio 1985, n. 12, convertito, con modificazioni, dalla L. 5 aprile 1985, n. 118, all’art. 3, comma 2, della L. 31 dicembre 1991, n. 415, all’art. 5, commi 2 e 3, dei decreti-legge 21 gennaio 1992, n. 14, 20 marzo 1992, n. 237, e 20 maggio 1992, n. 293, all’art. 2, commi 2 e 3, del D.L. 24 luglio 1992, n. 348, all’art. 1, commi 2 e 3, del D.L. 24 settembre 1992, n. 388, all’art. 1, commi 2 e 3, del D.L. 24 novembre 1992, n. 455, all’art. 1, comma 2, del D.L. 23 gennaio 1993, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 1993, n. 75 e all’art. 16 del D.L. 22 maggio 1993, n. 155, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 luglio 1993, n. 243. (…)”.


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