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Servizio Sindacale – dott. Francesco Zanelli - dott.ssa Sara Zoni
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28.08.2020 - lavoro

DECRETO-LEGGE 14 AGOSTO 2020, N. 104 – NOVITÀ IN MATERIA DI LAVORO – PRIMA ILLUSTRAZIONE DA PARTE DI ANCE

Il Decreto Legge 14 agosto 2020, n. 104 (c.d. “Decreto Agosto”), pubblicato sulla G.U. n. 203 del 14 agosto, supplemento ordinario n. 30, ed entrato in vigore lo scorso 15 agosto, è intervenuto introducendo nuove misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell’economia.

In particolare, al Capo I, sono state introdotte disposizioni in materia di lavoro, delle quali si riporta di seguito una prima sintesi, sulla base di quanto diramato sul punto da ANCE, con riserva di fornire ulteriori approfondimenti non appena verranno resi disponibili dagli organi competenti.

Cassa integrazione

In materia di integrazione salariale, l’articolo 1, rubricato “Nuovi trattamenti di cassa integrazione ordinaria, assegno ordinario e cassa integrazione in deroga” prevede che i datori di lavoro che, nel 2020, sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da Covid-19, possono presentare domanda di concessione dei trattamenti di CIGO, assegno ordinario e CIGD per una durata massima di nove settimane, incrementate di ulteriori nove settimane.

Le complessive 18 settimane devono essere collocate nel periodo ricompreso tra il 13 luglio 2020 e il 31 dicembre 2020. A tale riguardo, la norma precisa che eventuali periodi di integrazione salariale precedentemente richiesti ed autorizzati ai sensi del decreto legge n. 18/2020, e collocati, anche parzialmente, in periodi successivi al 12 luglio scorso sono imputati alle prime nove settimane previste dal Decreto in parola.

Le ulteriori nove settimane di trattamento sono riconosciute esclusivamente ai datori di lavoro cui sia stato già interamente autorizzato il precedente periodo di nove settimane. Per tali ulteriori nove settimane è stato introdotto un contributo addizionale a carico del datore di lavoro determinato sulla base del raffronto tra il fatturato del primo semestre 2020 e quello del primo semestre 2019.

In particolare, l’importo di tale contributo è pari:

  • al 9% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate durante la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, per i datori di lavoro che hanno avuto una riduzione del fatturato inferiore al venti per cento;
  • al 18% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate durante la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, per i datori di lavoro che non hanno avuto alcuna riduzione del fatturato.

Il contributo non è dovuto dai datori di lavoro che abbiano subito una riduzione del fatturato pari o superiore al 20% o che abbiano avviato l’impresa successivamente al 1° gennaio 2019.

Il termine di presentazione delle domande di accesso ai trattamenti salariali viene confermato nella fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa. In fase di prima applicazione, il termine di decadenza è fissato entro la fine del mese successivo a quello di entrata in vigore del Decreto in commento.

Esonero contributivo in alternativa all’utilizzo della Cassa integrazione

L’articolo 3 introduce, a determinate condizioni, l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali per i datori di lavoro privati che non richiedano i trattamenti di cassa integrazione sopraelencati e che abbiano già fruito, nei mesi di maggio e giugno 2020, dei trattamenti di integrazione salariale di cui agli articoli da 19 a 22-quinquies del decreto-legge 17 marzo 2020, n.18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27 e successive modificazioni.

L’esonero è riconosciuto per un periodo massimo di quattro mesi, fruibili entro il 31 dicembre 2020, nel limite del doppio delle ore di integrazione salariale già fruite nei mesi di maggio e giugno 2020, con esclusione dei premi e dei contributi dovuti all’INAIL ed è riparametrato e applicato su base mensile.

Esonero contributivo per le assunzioni a tempo indeterminato

L’articolo 6 introduce un esonero dal versamento dei contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro per assunzioni a tempo indeterminato. In particolare, la norma prevede che ai datori di lavoro che assumono, fino al 31 dicembre prossimo, lavoratori subordinati a tempo indeterminato è riconosciuto l’esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL, per un periodo massimo di sei mesi decorrenti dall’assunzione, nel limite massimo di un importo di esonero pari a 8.060 euro su base annua, riparametrato e applicato su base mensile.

Dall’esonero sono esclusi i contratti di apprendistato, nonché i contratti conclusi con lavoratori che abbiano avuto, presso la medesima impresa, un contratto a tempo indeterminato nei sei mesi precedenti all’assunzione.

La norma precisa che l’esonero è riconosciuto anche nei casi di trasformazione del contratto di lavoro subordinato a tempo determinato in contratto di lavoro a tempo indeterminato successiva all’entrata in vigore del Decreto in commento.

L’esonero, inoltre, è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote previsti dalla normativa vigente, nei limiti della contribuzione previdenziale dovuta.

Modifiche alla disciplina dei contratti a termine

L’articolo 8 apporta una serie di modifiche all’art. 93, comma 1, del D.L. n. 34/2020 convertito in Legge n. 77/2020 (Decreto Rilancio) in materia di contratti a termine.

In particolare, viene confermata la possibilità di rinnovare o prorogare contratti a termine “senza causale” (in deroga all’articolo 21 del d. lgs n. 81/2015). Tale possibilità può essere esercitata fino al 31 dicembre 2020, per una sola volta, per un periodo massimo di 12 mesi, ferma restando la durata massima complessiva di 24 mesi.

La norma, inoltre, abroga il comma 1 bis del Decreto Legge 19 maggio 2020, n. 34., che prevedeva la proroga automatica dei contratti di apprendistato e di lavoro a tempo determinato, anche in regime di somministrazione, per un periodo pari alla sospensione dell’attività lavorativa in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19.

L’abrogazione del comma 1 bis opera per il futuro e lascerebbe inalterata l’attuazione delle proroghe “automatiche” dei contratti a termine che fossero stati oggetto di sospensione (nei termini previsti dal comma 1 bis) e che fossero in essere fino al giorno 14 agosto 2020, ossia il giorno precedente l’entrata in vigore di tale norma abrogativa.

Proroga del divieto di licenziamento

L’articolo 14 rubricato «Proroga delle disposizioni in materia di licenziamenti collettivi e individuali per giustificato motivo oggettivo» rivede la disciplina del “blocco” dei licenziamenti.

Nello specifico, l’articolo in questione proroga fino al 31 dicembre 2020 il blocco dei licenziamenti per i datori di lavoro che non abbiano integralmente fruito dei trattamenti di integrazione salariale riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19 ovvero dell’esonero dal versamento dei contributi previdenziali previsti dal Decreto in commento.

Il blocco non si applica, oltre che al personale già impiegato nell’appalto e riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore, anche nelle seguenti fattispecie:

  • licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attività dell’impresa, sempre che nel corso della liquidazione della società non si configuri un trasferimento d’azienda o di ramo d’azienda, ai sensi dell’art. 2112 c.c.;
  • ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono all’accordo medesimo;
  • licenziamenti intimati in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa, ovvero ne sia disposta la cessazione.

Viene inoltre confermata la previsione che il datore di lavoro che, indipendentemente dal numero dei dipendenti, nell’anno 2020, abbia proceduto al recesso del contratto di lavoro per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604, può, in deroga alle previsioni di cui all’articolo 18, comma 10, della legge 20 maggio 1970, n. 300, revocare in ogni tempo il recesso purché contestualmente faccia richiesta del trattamento di cassa integrazione salariale, di cui agli articoli da 19 a 22-quinquies del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, a partire dalla data in cui ha efficacia il licenziamento. In tal caso, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità, senza oneri ne’ sanzioni per il datore di lavoro.

Cassa integrazione per lavoratori domiciliati o residenti nelle ex zone rosse

L’articolo 19, infine, disciplina l’accesso alla cassa integrazione per i lavoratori delle ex-zone rosse.

In particolare, la norma introduce la possibilità di presentare domanda per i trattamenti di cui agli articoli da 19 a 22 quinquies del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, e successive modificazioni, con specifica causale «COVID-19 – Obbligo permanenza domiciliare». Tale possibilità viene riconosciuta ai datori di lavoro che abbiano sospeso l’attività lavorativa a causa dell’impossibilità di raggiungere il luogo di lavoro da parte dei lavoratori alle proprie dipendenze, domiciliati o residenti in Comuni per i quali la pubblica autorità abbia emanato provvedimenti di contenimento e di divieto di allontanamento dal proprio territorio, per i quali non hanno trovato applicazione le tutele previste dalle vigenti disposizioni per l’emergenza COVID-19.

Le domande possono essere presentate per periodi decorrenti dal 23 febbraio 2020 al 30 aprile 2020, per la durata delle misure previste dai provvedimenti della pubblica autorità, fino a un massimo di quattro settimane, limitatamente alle imprese operanti nelle Regioni Emilia-Romagna, Regione del Veneto e Lombardia.

Le domande sono trasmesse esclusivamente all’INPS, a pena di decadenza, entro il 15 ottobre 2020.

Come detto in apertura, ci riserviamo di fornire i necessari approfondimenti sulle singole misure introdotte o modificate dal decreto legislativo in commento alla luce sia dei chiarimenti interpretativi che interverranno che delle eventuali successive modificazioni che verranno apportate in sede di conversione in legge.

 

 


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