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26.05.2020 - lavori pubblici

REGOLAMENTO UNICO CODICE APPALTI – NUOVA BOZZA – INDICAZIONI SUL TESTO E SULL’ITER DI APPROVAZIONE

Si informa che in questi giorni si è tornato a parlare di Regolamento unico di attuazione del Codice appalti, con una nuova bozza resa disponibile dalla Commissione ministeriale che lo sta redigendo, che ha fornito anche alcune indicazioni sul testo e sull’iter di approvazione.

La Commissione di supporto giuridico-amministrativo appositamente costituita dal MIT negli ultimi mesi del 2019 ha diffuso infatti una nuova bozza del “Regolamento unico” recante disposizioni di esecuzione, attuazione e integrazione del Codice dei contratti pubblici di cui al D. Leg.vo 50/2016.

L’atteso provvedimento, annunciato a seguito della riforma introdotta ormai un anno fa con il D.L. 32/2019 (c.d. “Sblocca cantieri”) e su cui è ancora possibile qualche piccolo aggiustamento, sembra finalmente aver ripreso il lungo e complesso iter per l’emanazione.

Il cammino è però ancora piuttosto lungo, dal momento che il testo – “proposto” dal Ministero delle infrastrutture e trasporti e che verrà però emanato sotto forma di decreto del Presidente della Repubblica – deve acquisire preliminarmente il “concerto” Ministro dell’economia e delle finanze, il parere della Conferenza Stato-Regioni, e poi passare per i pareri (non vincolanti) del Consiglio di Stato e delle competenti Commissioni parlamentari prima di essere definitivamente approvato dal Consiglio dei Ministri e approdare finalmente in Gazzetta Ufficiale.

La bozza, inoltre, è peraltro destinata a viaggiare in parallelo con le modifiche già annunciate al Codice Appalti (il D.Lgs. 50/2016) e bisognerà anche aspettare gli esiti del Dl Semplificazioni, annunciato dalla ministra delle Infrastrutture Paola De Micheli sempre in questi giorni, in modo da armonizzare il testo appena messo a punto con le eventuali novità sugli appalti che dovessero uscire dal nuovo decreto.

La notizia dell’imminente conclusione dei lavori sul regolamento non è ovviamente sfuggita al composito mondo di costruttori e professionisti che animano il tavolo tecnico sulle costruzioni (Ance, Oice, Rete professioni tecniche, artigiani, Soa), che hanno subito chiesto un incontro a Porta Pia, per discutere le novità, a valle delle consultazioni sulla prima bozza del testo effettuate a inizio anno. Inutile dire che le prime versioni, considerate non proprio un modello di semplificazione, non avevano destato entusiasmo tra gli operatori.

Il regolamento rimane unico anche nella bozza diffusa in questi giorni, ma con distinzioni nette nella disciplina dei vari settori di riferimento sul mercato. La bozza del provvedimento su cui si sta discutendo ora consta di 315 articoli, suddivisi in 7 parti:

1) disposizioni comuni;

2) sistemi di affidamento e realizzazione di appalti pubblici e concessioni di lavori;

3) sistemi di affidamento dei contratti concernenti servizi e forniture;

4) concessioni e partenariato pubblico privato;

5) appalti relativi a beni culturali;

6) contratti relativi a lavori, servizi e forniture nei settori speciali;

7) norme transitorie e finali.

Riservando più approfondite analisi a successivi contributi, si segnala in questa sede:

– Il provvedimento non prevede alcun periodo transitorio per la sua entrata in vigore, ma – fatte salve le (peraltro molte) disposizioni transitorie indicate all’art. 313 – entra in vigore decorsi i canonici 15 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta;

– A quanto risulta dalla bozza in circolazione le abrogazioni di provvedimenti già emanati sono in numero inferiore rispetto a quelle previste e annunciate dal D.L. 32/2019. L’arrivo del regolamento non spazzerà via tutte le linee guida di Anac. Molte resteranno in piedi e continueranno a fare il loro lavoro di indirizzo per gli operatori del settore. Tra le abrogazioni espresse, il regolamento fa riferimento soltanto a due linee guida dell’Anticorruzione: la linee guida numero 3, con compiti e requisiti del Rup e la linea guida numero 4, con le indicazioni di dettaglio per gli appalti sotto-soglia. Tutte le altre, sembra di capire, rimarranno in piedi;

– Per gli affidamenti di importo inferiore a 40.000 euro, in coerenza con quanto stabilito dalla lettera a) del comma 2 dell’articolo 36, viene consentito l’affidamento diretto, senza quindi necessità di procedere ad alcun confronto comparativo, neanche nella forma minimale della preventiva richiesta di più preventivi. A tal fine è sufficiente che la volontà di procedere all’affidamento diretto sia indicata nella determina a contrarre;

– Per gli affidamenti di importo ricompreso tra 40.000 euro e 150.000 euro (per i lavori) ovvero la soglia comunitaria (per i servizi e le forniture) la modalità è diversamente individuata a seconda che si tratti di lavori ovvero di servizi e forniture.

Nel caso di lavori la bozza prevede di procedere attraverso la richiesta di preventivi (in numero minimo di tre, come indicato dalla norma primaria), mentre per le forniture e i servizi si parla più genericamente di consultazione degli operatori economici (in numero minimo di cinque). In realtà la differenza appare più che altro nominale, poiché si deve ritenere che anche in questo secondo caso non si possa che procedere, almeno nella fase iniziale, attraverso una richiesta di offerta.

In ogni caso la richiesta di preventivi può avvenire secondo modalità informali, purché in forma scritta. Nel caso in cui pervengano preventivi in numero inferiore a quanto richiesto o addirittura pervenga un solo preventivo, l’ente appaltante è libero di decidere se procedere comunque all’affidamento ovvero richiedere ulteriori preventivi.

Quanto alla fase di aggiudicazione, la regola è che vi provvede sempre il Rup – anche qualora il criterio prescelto sia quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa – a meno che l’ente appaltante non ritenga di nominare una commissione giudicatrice.

Inoltre, in sede di verifica di congruità delle offerte, gli unici elementi che devono essere presi in considerazione sono quelli relativi ai costi della manodopera e agli oneri di sicurezza, nonché ai trattamenti salariali minimi. È inoltre ribadito il meccanismo di esclusione automatica delle offerte anomale.

Infine, è consentito all’ente appaltante di procedere, prima dell’atto formale di affidamento, alla rinegoziazione di condizioni migliorative rispetto a quelle contenute nell’offerta, ma questo aspetto è sicuramente da approfondire ulteriormente per le conseguenze che potrebbe comportare e Ance si è già attivata a riguardo.

È comunque consentito far precedere l’affidamento dalla consultazione preventiva di due o più operatori, e in questo caso si applicano le regole indicate successivamente per gli affidamenti di importo più elevato.

– Per gli affidamenti di lavori di importo superiore a 150.000 euro e fino a 1 milione di euro, fascia di importo di cui all’articolo 36, comma 2, lettera c), il ricorso alla procedura negoziata si deve svolgere tra un minimo di dieci concorrenti (per lavori fino a 350.000 euro) ovvero di quindici concorrenti (per lavori di importo superiore a 350.000 e 1 milione di euro).

La scelta dei soggetti da invitare può avvenire, secondo le regole vigenti, in base a una duplice modalità: indagini di mercato o ricorso agli elenchi di fiducia, i cui criteri di funzionamento sono indicati successivamente.

L’invito deve essere inviato contemporaneamente a tutti gli operatori economici e deve contenere una serie di elementi – puntualmente indicati nella norma regolamentare – idonei a consentire la formulazione dell’offerta.

Va segnalato che anche in questi casi di procedura negoziata vale la regola secondo cui la valutazione delle offerte è effettuata di norma dal Rup anche nel caso di utilizzo del criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Infine, viene specificato che le sedute di gara sono pubbliche, ad eccezione di quelle relative alla valutazione delle offerte tecniche.

– In relazione agli affidamenti di importo fino a 40.000 euro pare consentito procedere alla stipula del contratto sulla base della semplice autodichiarazione rilasciata dall’affidatario in merito al possesso dei requisiti generali e speciali. Per gli affidamenti di importo superiore (fino a 150.000 euro per i lavori e fino alla soglia comunitaria per servizi e forniture) tale autodichiarazione è acquisita in sede di offerta, ma non è chiaro se analogamente a quanto previsto per la fascia di importo inferiore si possa procedere alla stipula del contratto sulla base della stessa.

Su queste autodichiarazioni sono previsti genericamente idonei controlli da parte dell’ente appaltante. È tuttavia stabilito che nel contratto sia inserita una clausola secondo cui, nel caso dagli accertamenti successivi risulti che l’affidatario era carente dei requisiti autodichiarati, il contratto si risolve, con conseguente incameramento della cauzione o, in alternativa, applicazione di una penale nella misura massima del 10 % dell’importo contrattuale.

–  Vengono sostanzialmente ribaditi i principi già enunciati nelle Linee guida Anac, in particolare il principio di rotazione negli affidamenti sotto soglia comunitaria.

Di conseguenza la rotazione opera qualora il nuovo affidamento sia immediatamente successivo al precedente e i due affidamenti riguardino il medesimo settore merceologico o la medesima categoria di opere o lo stesso settore di servizi. Non opera invece qualora in sede di procedura negoziata non vi sia alcuna limitazione in ordine al numero di soggetti da invitare.

L’applicazione di tale principio comporta poi che di regola l’affidamento non possa avvenire a favore del contraente uscente e che quest’ultimo non possa essere invitato alla procedura negoziata. Ciò a meno che non ricorrano circostanze eccezionali che vanno adeguatamente evidenziate.

È tuttavia consentito l’affidamento diretto al contraente uscente o l’invito del medesimo alla procedura negoziata qualora tra il precedente affidamento e l’avvio della nuova procedura siano trascorsi più di 18 mesi. Si tratta di una previsione che non era presente nelle Linee guida Anac e che costituisce una significativa attenuazione del divieto di affidamento o di invito del contrente uscente, considerato che il periodo temporale di 18 mesi dal precedente affidamento non appare eccessivo.

Infine, è stabilito che il principio di rotazione non opera per gli affidamenti di importo inferiore a 5.000 euro.

– Le indagini di mercato rappresentano una delle due modalità attraverso cui selezionare gli operatori da invitare sia alla presentazione dei preventivi (per gli affidamenti di importo più limitato) che alle procedure negoziate (per gli affidamenti di importo maggiore). In linea generale viene individuata una forma di indagine di mercato “informale” che non risponde ad alcuna specifica modalità e che deve unicamente rispettare i principi generali di non discriminazione, trasparenza e proporzionalità.

Accanto a questa modalità “informale” – che sembra utilizzabile in via generalizzata – viene poi delineata una seconda tipologia di indagine di mercato, maggiormente strutturata ed utilizzabile per selezionare i soggetti da invitare alle procedure negoziate. Essa si fonda sulla pubblicazione di un avviso sul profilo del committente per un periodo di regola non inferiore a quindici giorni. L’avviso deve contenere il valore dell’affidamento, gli elementi essenziali del contratto, i requisiti richiesti, i criteri di selezione, il numero dei soggetti che si intendono invitare.

Se il numero dei soggetti che manifestano interesse all’invito è superiore a quello indicato dall’ente appaltante, quest’ultimo procede alla scelta sulla base dei criteri preventivamente indicati nell’avviso, tra cui è esplicitamente ammesso il sorteggio.

– In alternativa alle indagini di mercato gli enti appaltanti possono procedere alla selezione degli operatori economici da invitare attraverso l’istituzione di appositi elenchi. L’elenco viene formato sulla base di un avviso pubblico che deve indicare i requisiti richiesti per l’iscrizione, che possono essere diversamente articolati in relazione alla tipologia di prestazioni e al valore del contratto.

Ai fini dell’iscrizione negli elenchi gli operatori autodichiarano la sussistenza dei requisiti richiesti, fermo restando che l’ente appaltante deve effettuare idonei controlli con cadenza periodica su tali autodichiarazioni.

È infine previsto che, tramite specifici accordi, più stazioni appaltanti possano promuovere l’istituzione di elenchi comuni e che una stazione appaltante possa utilizzare l’elenco di un’altra stazione appaltante.

– Qualcosa, infine, cambia anche per i Rup, i responsabili del procedimento. La bozza del regolamento definisce i requisiti di queste figure tecniche interne alle amministrazioni. Resta il ruolo di “pubblico ufficiale”. Si aggiunge la necessità di dimostrare un'”adeguata competenza quale Project Manager, acquisita anche mediante la frequenza di corsi di formazione in materia di Project Management” nella gestione di appalti complessi che impongono anche laurea e esperienza di almeno cinque anni.

– Un’altra novità che salta all’occhio è la marcia indietro sul ripristino dell’appalto integrato su progetto preliminare (ora di fattibilità tecnico-economica). Questa ipotesi non viene in realtà cancellata del tutto ma resta in piedi per i casi di project financing, contratti di disponibilità, leasing immobiliare, urbanizzazioni e calamità naturali, sulla falsariga di quanto previsto dal codice.

– Nella bozza di regolamento trova finalmente anche spazio il Bim con la richiesta di piani di formazione alle stazioni appaltanti e la previsione di “capitolati informativi” e “offerta di gestione in formativa in fase di gara”.

– Aumentano le categorie Soa e le classi di importo, aumenta la segmentazione degli importi nelle fasce intermedie e avviene la scissione per due categorie generali e una specialistica. Anche in mancanza dell’allegato riepilogativo sulle categorie generali e specialistiche, il testo del regolamento rivela che i tecnici hanno confermato l’intenzione di seguire la tendenza a specializzare ulteriormente i vari lavori.

Nel testo si leggono infatti i riferimenti alle future categorie generali OG3-A e OG3-B, lasciando capire che chi oggi opera nella grande categoria che oggi include strade, autostrade, ponti, viadotti, ferrovie, linee tranviarie, metropolitane, funicolari, piste aeroportuali, avrà di fronte un bivio: asfalto da una parte e strade ferrate dall’altra, presumibilmente. Stessa cosa per la categoria generale OG6, che ingloba acquedotti, gasdotti, oleodotti, opere di irrigazione e di evacuazione, dove arriverà un frazionamento tra OG6-A e OG6-B. Novità anche nelle specialistiche dove si conferma la scissione della categoria OS24 (verde e arredo urbano), con la comparsa delle categorie OS24-A e OS24-B.

«Le attestazioni di qualificazione rilasciate dalle SOA relative alle nuove categorie introdotte dal presente regolamento OG3-A, OG3-B, OS24-A e OS24-B possono essere utilizzate, ai fini della partecipazione alle gare, a decorrere dal trecentosessantaseiesimo giorno dalla data di entrata in vigore del presente regolamento», si legge nel testo.

Segmentazione ancora più spinta nelle classi di importo, che diventano 12, invece delle attuali dieci. Praticamente immutata la prima soglia di importo, che diventa 250mila euro (invece della attuale 258mila). Anche per l’ultima soglia di importo (illimitato) si conferma un valore non molto diverso dal precedente: 15 milioni di euro (invece dell’attuale cifra di 15.494.000 euro). La vera novità sta nel mezzo, dove si assiste a una diversa segmentazione di classifiche di importi intermedi che produce la nuova classe di importo VIII – tra 5 milioni e 7,5 milioni di euro – e la nuova classe di importo X, tra 10 milioni e 12,5 milioni di euro. La XII e ultima classe di importo include valori tra 15 milioni e importo illimitato (che, ai fini della qualificazione è convenzionalmente indicato in 20 milioni di euro).

– Diverse novità riguardano poi riserve e fase esecutiva del contratto.

Gli artt. 147 e ss. della bozza ripercorrono più o meno fedelmente gli artt. 180 e ss. del Dpr 207/2010, con l’importante novità (art. 159) del richiamo all’utilizzo, da parte del direttore dei lavori, di strumenti informatici certificati e idonei alla redazione della contabilità i quali – nel caso in cui la direzione lavori sia affidata a professionisti esterni all’Amministrazione appaltante – dovranno essere preventivamente accettati ed autorizzati dal Rup (art. 162, comma 6).

L’art. 153 ribadisce – in continuità con l’art. 14 Dm 49/2018 – la centralità ed importanza del registro di contabilità (noto agli operatori del settore come il documento “principe” della contabilità dei lavori) definendolo come il documento «che accentra e riassume l’intera contabilizzazione dell’opera, in quanto a ciascuna quantità di lavorazioni eseguite e registrate nel libretto vengono applicati i corrispondenti prezzi contrattuali, in modo tale da determinare l’avanzamento dei lavori non soltanto sotto il profilo delle quantità eseguite ma anche sotto quello del corrispettivo maturato dall’esecutore».

Gli artt. 156 e 157 (pagamento dei Sal e ritardi) rappresentano il portato dell’art. 113-bis D.lgs. 50/2016 (nella versione in vigore dal 26 maggio 2019) e la conseguente riforma integrale dei precedenti artt. 143 e 144 Dpr 207/2010, i quali – seppur spesso richiamati anche nei contratti stipulati successivamente all’entrata in vigore del nuovo Codice (19 aprile 2016) – risultavano formalmente abrogati già dal Dlgs 50/2016 (ed ancor più dal Dm 49/2018).

L’art. 157, in particolare, introduce al primo comma il riferimento esplicito alle «disposizioni di cui al decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, in tema di interessi moratori» e, al secondo comma, ripropone un’importante previsione che era completamente sparita dai radar del nuovo codice e delle linee guida di cui al Dm 49/2018: la possibilità per l’appaltatore, nel caso in cui l’importo delle rate di acconto non corrisposte raggiunga il 25% dell’importo contrattuale, di agire ai sensi dell’art. 1460 c.c. (rifiuto dell’adempimento della propria obbligazione) «ovvero, previa costituzione in mora dell’amministrazione aggiudicatrice e trascorsi sessanta giorni dalla data della costituzione stessa», di agire in giudizio per la risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1453 del codice civile.

L’art. 166 (Ritardata consegna dei lavori) rappresenta un evidente innovazione rispetto all’art. 157, comma 2, Dpr 207/2010 ed all’art. 5, comma 14, Dm 49/2018: permane, nell’impostazione generale della norma, la facoltà dell’appaltatore di recedere dal contratto nel caso di tardata consegna delle opere (recesso che dovrà essere comunicato con apposita istanza alla stazione appaltante) ma muta completamente il quadro nell’ipotesi in cui l’istanza di recesso non sia accolta.

Al contrario delle norme che l’hanno preceduto, infatti, l’art. 166 commi 4 e 10 prevede espressamente il diritto dell’appaltatore – in caso di rigetto dell’istanza di recesso – al risarcimento dei danni subiti per effetto del ritardo nella consegna dei lavori, ancorando la relativa richiesta allo schema-tipo della riserva (comma 10) e, soprattutto, non limitando tale danno «all’interesse legale calcolato sull’importo corrispondente alla produzione media giornaliera prevista dal cronoprogramma nel periodo di ritardo» (come previsto dalla previgente disciplina di legge). Se ne deduce che, con ogni probabilità, il risarcimento dei danni in tali casi sarà riconducibile, piuttosto, all’anomalo andamento dell’appalto e/o allo stravolgimento del cronoprogramma lavori (che comporta, come noto, una riduzione della percentuale stimata di produzione giornaliera con i relativi e conseguenti maggiori oneri in capo all’appaltatore).

L’art. 176 comma 3 reintroduce una previsione che – come altre – era stata (illogicamente) eliminata dal sistema preesistente: il pagamento in acconto, da parte della stazione appaltante, degli importi maturati fino alla data di sospensione nel caso in cui questa abbia una durata superiore ai 45 giorni (sul punto, è importante evidenziare che una norma siffatta è stata inutilmente invocata dalle associazioni di categoria in un periodo molto complesso e delicato, quale quello della ripresa dall’emergenza Covid-19!).

L’art. 177 ripropone fedelmente le previsioni di cui all’art. 10, comma 2, Dm 49/2018 in tema di danni da sospensione illegittima, peraltro eliminando l’esplicito richiamo – contenuto, invece, nell’art. 160, comma 2, Dpr 207/2010 – alle «ulteriori voci di danno», ammesse a risarcimento «solo se documentate e strettamente connesse alla sospensione dei lavori».

L’art. 184, dettato in tema di revisione prezzi, esplicita meglio ed in maniera più articolata le disposizioni già inserite nell’art. 106, comma 1 lett. a), Dlgs 50/2016, proponendo una reintroduzione tout court del meccanismo della revisione prezzi ma ancorandolo e condizionandolo ad una preventiva ed esplicita previsione nelle clausole contrattuali e nei bandi di gara.

La parte interessante dell’articolo in esame, tuttavia, è rappresentata dal comma 5, il quale prevede: «qualora la stazione appaltante si sia avvalsa delle clausole di cui al comma 1, non si applica il comma 1 dell’articolo 1664 del codice civile», il che porta a dedurre (fatti salvi i successivi chiarimenti che dovessero intervenire sul punto) che, nell’ipotesi in cui la stazione non si avvalga delle clausole di “revisione prezzi”, il comma 1 dell’art. 1664 c.c. risulterà pacificamente applicabile fra le parti, con la conseguenza di riaprire (finalmente) la strada al riequilibrio economico dell’appalto nell’ipotesi in cui “circostanze impreviste ed imprevedibili” lo stravolgano (si pensi solo a quanto più semplice, nell’attuale emergenza sanitaria ed economica, sarebbe il ricorso al meccanismo dell’equo compenso se la normativa e la prassi contrattuale non prevedessero, come ora accade, la rinuncia dell’appaltatore alle previsioni del citato comma 1 dell’art. 1664 c.c.!).

La novità più interessante della bozza di Regolamento è senz’altro rappresentata dalla reintroduzione – ad opera dell’art. 187 – di una precisa disciplina delle riserve (nel senso dei tempi e dei modi della loro iscrizione in contabilità), la quale, per effetto della genericità ed “evanescenza” del precedente art. 9 Dm 49/2018, aveva dato luogo a dibattiti ed incertezze circa l’effettiva sua regolazione (ad onor del vero, tuttavia, si deve precisare che la formalizzazione delle riserve in contabilità nella vigenza delle attuali normative ricalca nella sostanza, se non nella forma, le previsioni di cui al Dpr 207/2010; ciò non solo per i continui richiami a quel sistema che, comunque, l’attuale normativa presenta – si pensi all’art. 170, comma 4, D.lgs. 50/2016 o agli artt. 5, 10 e 14 Dm 49/2018 – bensì anche e soprattutto per le esplicite previsioni che spesso – se non sempre – in questo senso fanno i Capitolati speciali d’appalto).

L’art. 188, in tema di accordo bonario, richiama esplicitamente l’art. 205, commi 6 e 6-bis, del D.lgs. 50/2016 («L’impresa, in caso di rifiuto della proposta di accordo bonario ovvero di inutile decorso del termine per l’accettazione [45 gg. dalla ricezione della proposta], può instaurare un contenzioso giudiziario entro i successivi sessanta giorni, a pena di decadenza») con un’importante postilla innovativa, contenuta nel comma 2: «Non rileva, ai fini della decorrenza del termine di cui al comma precedente, la comunicazione con cui il responsabile del procedimento ritiene di non dare avvio alla procedura di accordo bonario».

Questa precisazione, all’evidenza, dipana ogni dubbio interpretativo che – nel corso degli anni – era stato avanzato dagli operatori del diritto circa l’effettiva decorrenza o meno del termine di 60 gg. per l’introduzione dell’azione giudiziaria in caso di mancato raggiungimento dell’accordo bonario e rende giustizia anche degli accaniti dibattiti sul punto che, in un passato ancora più “remoto”, aveva provocato la disciplina (piuttosto imprecisa) dell’art. 33 Dm 145/2000 (Capitolato generale dei lavori pubblici).

L’art. 193, infine, ripercorre le previsioni di cui all’art. 102 D.lgs. 50/2016 per quanto riguarda i tempi ed i modi del collaudo dei lavori, introducendo – al comma 6 – un’interessante previsione: «La stazione appaltante può richiedere all’organo di collaudo in corso d’opera pareri su eventuali varianti, richieste di proroga, sulle riserve iscritte dall’appaltatore al fine di giungere a un accordo bonario o a una transazione e situazioni particolari determinatesi nel corso dell’appalto».

Il ruolo del collaudatore nella definizione delle riserve, pertanto, non è più solo ancorato alla relazione riservata allegata al certificato di collaudo, bensì assume rilievo anche per l’eventuale definizione delle riserve “in corso d’opera” (sempreché, è ovvio, l’importo delle medesime raggiunga le soglie indicate dall’art. 205, comma 1, Dlgs 50/2016).

La breve (e necessariamente sintetica) disamina delle novità della bozza di Regolamento, che qui si è proposta, porta a due considerazioni finali:

1) sia le novità che le conferme della nuova normativa, se non subiranno stravolgimenti, risulteranno sicuramente utili a rendere più chiaro e decifrabile, anche e soprattutto per gli operatori “tecnici”, il quadro dei rapporti appaltante/appaltatore;

2) proprio per tale ragione, è auspicabile che le fasi di analisi ed elaborazione del “nuovo” Regolamento, trascorsi ormai quattro anni dall’entrata in vigore del nuovo Codice, giungano al più presto al termine, per consentire l’effettiva entrata in vigore delle norme medesime e la loro applicazione “sul campo”.

Nel fare riserva di ulteriore commento, si pubblica in allegato della bozza di Regolamento diffusa in data 13 maggio u.s..

Gli uffici di Ance Brescia rimangono a disposizione per fornire ulteriori chiarimenti si rendessero necessari.

 

Allegato: Bozza_Regolamento

 


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