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18.11.2022 - economia

CESSIONE DI AREE CON UNITÀ COLLABENTI – ALIQUOTA IVA

Se viene trasferita un’area su cui insiste un fabbricato da demolire, accatastato nella categoria F2, come “unità collabente”, l’oggetto della cessione è l’edificio, e non l’area, e si applica l’IVA al 22%, mentre il regime di esenzione da IVA è escluso. Le imposte di Registro ed Ipo-catastali si applicano in misura fissa, pari a 200 euro ciascuna.

Così si è espressa l’Agenzia delle Entrate nella Risposta n.554 del 7 novembre 2022, ad un’istanza d’interpello avente ad oggetto il corretto regime IVA applicabile alla cessione di un terreno sul quale insiste un complesso immobiliare alberghiero da demolire, accatastato nella categoria catastale F2, come “unità collabente”.

La questione esaminata riguarda la qualificazione dell’oggetto della cessione, come “terreno edificabile”, ovvero come fabbricato, che incide proprio sul trattamento fiscale, agli effetti dell’IVA, applicabile all’operazione.

Innanzitutto, l’Amministrazione finanziaria richiama il concetto di “collabenza” collegato all’accatastamento nella categoria F2, valido per le costruzioni caratterizzate da un elevato livello di degrado (impossibilità di produrre reddito senza interventi incisivi di recupero edilizio, mancanza di allacci alle utenze, impossibilità di accatastamento in altre categorie catastali – cfr. C.M. 27/E/2016).

Viene citata anche la giurisprudenza comunitaria, secondo la quale la particolarità dei fabbricati collabenti, destinati alla demolizione a seguito della cessione non impedisce di considerare che, ai fini IVA, il bene ceduto sia proprio il fabbricato, e non l’area edificabile sottostante, anche se questo non è più idoneo ad espletare la sua funzione (cfr., da ultimo, la sentenza della Corte UE 2019 C-71/18).

L’Agenzia delle Entrate accoglie tali indicazioni comunitarie, che si riflettono anche sull’applicabilità della disciplina IVA italiana relativa alla cessione dei fabbricati, che prevede un generale regime di esenzione, salve specifiche ipotesi di opzione per l’imponibilità ad IVA dell’operazione (art.10, co.1, n. 8-bis ed 8-ter, del D.P.R. 633/1972).

Sul punto, nella Risposta n.554/E/2022 viene confermato che le predette regole IVA si applicano sulla base di due presupposti, quali l’ultimazione del fabbricato, nonché la “natura oggettiva” dei beni ceduti (cd. “criterio catastale” che distingue i fabbricati abitativi/strumentali – cfr., da ultimo, la C.M. 18/E/2013). Invece, nell’ipotesi in cui gli immobili ceduti siano “non ultimati” (ad es. in corso di costruzione), gli stessi devono intendersi ancora inseriti nel circuito produttivo, con esclusione del regime di esenzione ed imponibilità ad IVA della cessione secondo le regole ordinarie (cfr. le C.M. 12/E/2007 e, da ultimo, la Risposta 241/E/2020).

Alla luce di tale ricostruzione, nel caso di specie l’Agenzia delle Entrate conferma il proprio orientamento già espresso in fattispecie similari e ribadisce che, ai fini IVA, in caso di cessione di un’area che comprenda “unità collabenti”:

– l’oggetto della compravendita sono i fabbricati, ancorché da demolire, e non l’area su cui essi si trovano, in base alla “natura oggettiva” dei beni ceduti (cd. “criterio catastale”);

– la cessione dei medesimi edifici è soggetta ad IVA, con l’aliquota ordinaria del 22%, come fabbricati “non ultimati”, ma ancora inseriti nel circuito produttivo. Quindi la cessione ricade nell’ordinario regime di imponibilità ad IVA e non si applica la regola generale di esenzione dall’imposta prevista per il trasferimento dei fabbricati strumentali.

Pertanto, le imposte di Registro, Ipotecaria e catastale sono dovute nella misura fissa di 200 euro ciascuna (principio di alternatività IVA/Registro).

Per completezza, si ricorda che l’orientamento dell’Agenzia delle Entrate espresso nell’ipotesi di trasferimento di aree sulle quali insistono fabbricati da demolire vale non solo ai fini IVA, ma anche ai fini delle imposte sul reddito (art.67, co.1, lett. a e b, del D.P.R. 917/1986 – TUIR), come chiarito nella C.M. 23/E/2020.

Infatti, accogliendo le istanze dell’ANCE, in tale pronuncia l’Amministrazione finanziaria ha rivisto la propria posizione originaria, secondo la quale il bene trasferito veniva qualificato come “area edificabile”: la cessione anche ultra quinquennale era sempre tassabile ad IRPEF, come plusvalenza.

In sostanza, con la C.M. 23/E/2020 è stato chiarito che, anche ai fini IRPEF, l’oggetto della compravendita è il trasferimento dell’edificio (e non dell’area sottostante), a nulla rilevando la circostanza che l’immobile sia destinato alla successiva demolizione in base ad uno strumento urbanistico.

Di conseguenza, il regime fiscale ai fini della plusvalenza deve essere quello, più favorevole, relativo ai fabbricati, in base al quale la tassazione opera unicamente in caso di cessione dell’immobile entro 5 anni dall’acquisto (fatte salve le eccezioni normativamente previste).

 

 


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