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Servizio Tecnico – dott.ssa Sara Meschini - ing. Angelo Grazioli - ing. Paola Arici
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20.10.2023 - lavori pubblici

GLI STATI DI AVANZAMENTO, I LIBRETTI DELLA MISURAZIONE E LA CONTABILITÀ RELATIVA AI LAVORI SONO ATTI PUBBLICI

(Consiglio di Stato, sez. V, 18 ottobre 2023, n. 9076)

Secondo consolidata giurisprudenza “Gli stati di avanzamento, i libretti della misurazione e la contabilità relativa ai lavori dati in appalto dalla P.A. sono atti pubblici e non certificazioni amministrative, perché formati da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni per costituire la prova dei fatti giuridicamente rilevanti dai quali derivano obblighi a carico della P.A.” (Cassaz. Civ., III, 27 agosto 2014, n. 18316).

Di seguito la sentenza in esame.

Pubblicato il 18/10/2023
N. 09076/2023REG.PROV.COLL.
N. 04006/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4006 del 2017, proposto da
OMISSIS S.r.l. in liquidazione e amministrazione giudiziaria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Carlo Celani e Mariano Maggi, con domicilio digitale come da registri di giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio legale Sanino in Roma, viale Parioli, 180;
contro
OMISSIS, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania (Sezione Prima) n. 1012 del 2017, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di OMISSIS – Agenzia Regionale Campana Difesa Suolo;
Viste le memorie delle parti;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 ottobre 2023 il Cons. Elena Quadri e uditi per le parti gli avvocati Celani e l’avvocato dello Stato Caselli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

OMISSIS S.r.l., subentrata a precedente esecutore nell’appalto per interventi di sistemazione idrogeologica nel territorio comunale di Palma Campania, a suo tempo bandito dal Commissario di Governo per l’emergenza idrogeologica nella regione Campania, avanzava pretesa di riconoscimento di maggiori oneri a causa dell’incremento repentino dei prezzi delle materie prime occorso nell’anno 2008, ai sensi dell’articolo 1 del d.l. n. 162/2008 (convertito in legge n. 201/2008), e del decreto di attuazione del Ministero infrastrutture e trasporti del 30 aprile 2009, pubblicato in G.U.R.I. il 9 maggio 2009.
La pretesa economica veniva attivata da OMISSIS S.r.l. nei confronti di OMISSIS – Agenzia Regionale Campana per la difesa del suolo, in quanto succeduta nel rapporto obbligatorio al predetto Commissario, mediante decreto ingiuntivo n. 1956/2013 del Tribunale civile di Napoli, il quale, su opposizione di OMISSIS, lo revocava, dichiarando il difetto di giurisdizione del G.O.
In seguito a tale declaratoria di difetto di giurisdizione OMISSIS S.r.l. riassumeva innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Campania il giudizio, avente ad oggetto la domanda di condanna di OMISSIS al pagamento della somma di euro 617.903,11 e interessi di legge sino al saldo, oltre spese, diritti ed onorari a titolo di maggiori oneri sostenuti a causa dell’“incremento repentino dei prezzi intervenuto nel corso dell’anno 2008”, ai sensi del d.l. n.162/2008, convertito in l. n. 201/2008, nonché del d.M. 30 aprile 2009 e secondo i criteri di liquidazione indicati nelle medesime disposizioni normative.
Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania accoglieva solo in parte il ricorso, condannando OMISSIS al pagamento della somma di euro 46.704,96, oltre interessi legali dalla domanda giudiziale al soddisfo, con sentenza n. 1012 del 2017, appellata da OMISSIS S.r.l. in liquidazione e amministrazione giudiziaria per i seguenti motivi di diritto:
I) nullità della perizia di verificazione per mancato rispetto del termine di deposito;
II) nullità della sentenza per violazione del contraddittorio e del diritto alla difesa;
III) illegittimo rifiuto dell’istanza di remissione in termini;
IV) omesso esame della documentazione probatoria ed integrazione del vizio di motivazione ed erroneità delle conclusioni formulate dall’organo verificatore, con conseguente erroneità della misura della condanna;
V) iniquità della disposta compensazione delle spese di giustizia.
Si è costituita per resistere all’appello OMISSIS – Agenzia Regionale Campana Difesa Suolo.
Successivamente le parti hanno prodotto memorie a sostegno delle rispettive conclusioni.
All’udienza pubblica del 12 ottobre 2023 l’appello è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Giunge in decisione l’appello proposto da OMISSIS S.r.l. in liquidazione e amministrazione giudiziaria per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania n. 1012 del 2017 che ha accolto solo in parte il suo ricorso per la condanna di OMISSIS al pagamento della somma di euro 617.903,11 e interessi di legge sino al saldo, oltre spese, diritti ed onorari a titolo di maggiori oneri sostenuti a causa dell’“incremento repentino dei prezzi intervenuto nel corso dell’anno 2008”, condannando OMISSIS al pagamento della somma di euro 46.704,96, oltre interessi legali dalla domanda giudiziale al soddisfo.
Più specificamente, dopo aver disposto una verificazione con ordinanza n.105 del 2016, il Tar, con la sentenza appellata, ha respinto l’istanza di rimessione in termini per la produzione di ulteriore documentazione da parte della difesa della ricorrente con la seguente motivazione: “Le allegazioni attoree formulate a sostegno della richiesta di rimessione in termini per l’ulteriore produzione documentale sono, infatti, del tutto insufficienti a dimostrare una situazione di oggettiva impossibilità di produrre in precedenza detta documentazione e, in particolare, allorquando il Tribunale si è determinato a svolgere attività istruttoria ex officio mediante l’istituto della verificazione e durante tutto il periodo di svolgimento di questa, tenuto conto anche delle proroghe del termine per il deposito della relazione conclusiva, richieste e accordate all’organismo verificatore”.
Tenuto conto dell’esito della verificazione, che ha determinato il credito vantato da OMISSIS nei confronti di OMISSIS, a titolo di compensazione ex d.l. n. 162/2008, in euro 46.704,96, la sentenza ha, dunque condannato la resistente Agenzia al pagamento, in favore della parte istante, della suddetta somma, oltre agli interessi nella misura legale a far data dalla domanda giudiziale e fino al soddisfo, compensando le spese di giudizio.
Con il primo motivo di gravame l’appellante ha dedotto la nullità della verificazione per mancato rispetto del termine di deposito, che il Tar avrebbe illegittimamente prorogato più volte in “via di sanatoria” a termine scaduto.
Con il secondo motivo l’appellante ha dedotto la nullità della sentenza per violazione del contraddittorio e del diritto alla difesa, avendo omesso di considerare la documentazione dallo stesso prodotta prima dell’udienza di discussione nei termini di legge senza valida giustificazione, così disattendendo il proprio dovere istruttorio. Ne discenderebbe un manifesto pregiudizio del diritto alla difesa ed al contraddittorio dell’appellante per violazione degli artt. 24, comma 2, della Costituzione e 101 c.p.c., certamente applicabili anche al processo amministrativo.
All’udienza del 25 gennaio 2017 l’appellante avrebbe, invero, insistito affinché il Collegio chiedesse all’organo verificatore di integrare e rettificare la sua relazione alla luce dei nuovi documenti depositati dall’Amministrazione giudiziaria e delle osservazioni contenute nelle depositate memorie; tuttavia, l’adito Giudice ha trattenuto la causa in decisione riservandosi di verificare, in quella sede, il contenuto dei documenti prodotti e l’opportunità di ulteriori provvedimenti. Con l’impugnata sentenza è stato, però, così statuito: “In limine litis, il Collegio rigetta l’istanza di rimessione in termini per la produzione di ulteriore documentazione da parte della difesa attorea”.
Con il terzo motivo l’appellante ha dedotto l’illegittimo rifiuto dell’istanza di remissione in termini: secondo l’art. 37 c.p.a.: “Il giudice può disporre, anche d’ufficio, la rimessione in termini per errore scusabile in presenza di oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto o di gravi impedimenti di fatto”.
Nella fattispecie in esame, verrebbero in rilievo due impedimenti:
a. l’incertezza in ordine al termine finale assegnato dal primo giudice, che lo ha “prorogato” ex post per ben due volte, in difetto di adempimento da parte dell’organo verificatore, il quale ha consegnato la propria relazione con sette mesi di ritardo, però beneficiando di “sanatoria” sempre successiva al termine inutilmente scaduto;
b. la forza maggiore che ha sottratto all’intestata Amministrazione giudiziaria la disponibilità dei documenti prodotti con il secondo deposito poiché questi si trovavano nella sede di Venezia, il cui possesso è stato acquisito, in ragione del disposto sequestro, in tempi incompatibili con il rispetto del primo termine.
Sussisteva, dunque, una oggettiva impossibilità di accesso alla documentazione che è stata poi depositata, che il Tar non ha colto o valutato con equità, anche in considerazione del fatto che l’Amministrazione giudiziaria è organo statuale operante nel perseguimento dell’interesse pubblico.
Con la quarta doglianza è stato dedotto l’omesso esame della documentazione probatoria depositata dall’appellante il 15 dicembre 2016, giacché quest’ultima non risulta considerata né dal verificatore, né dal Giudice con conseguente difetto di istruttoria.
Atteso che OMISSIS ha depositato gli ulteriori documenti in data 15 dicembre 2016, ossia almeno quaranta giorni liberi prima dell’udienza pubblica, non si comprendono le motivazioni per cui il Tar ne abbia omesso l’analisi, soprattutto alla luce del fatto che:
a. nessuno ha contestato detta produzione;
b. il deposito supera il presunto difetto di prova sul quale si appunta ed arresta la valutazione del verificatore.
Il Tar avrebbe, quindi, dovuto valutare i suddetti documenti e riconoscere le corrispondenti maggiori somme chieste da OMISSIS.
Inoltre, secondo consolidata giurisprudenza “Gli stati di avanzamento, i libretti della misurazione e la contabilità relativa ai lavori dati in appalto dalla P.A. sono atti pubblici e non certificazioni amministrative, perché formati da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni per costituire la prova dei fatti giuridicamente rilevanti dai quali derivano obblighi a carico della P.A.” (Cassaz. Civ., III, 27 agosto 2014, n. 18316). Ne discenderebbe che dai documenti in atti emergerebbe un credito di OMISSIS S.r.l. di euro 63.152,91, come risulta dalla relazione del Direttore dei lavori e rilevato dal nominato verificatore, con riguardo a compensazioni prezzi a valere su un periodo precedente alle fatture depositate dall’appellante nel giudizio. Pertanto, ferme le difficoltà istruttorie già evidenziate, non si comprenderebbe perché tale dato, cristallizzato in un atto pubblico antecedente alle ulteriori fatture prodotte in causa, debba essere messo in discussione. Infatti, i successivi documenti contabili si riferirebbero ad altre forniture, parimenti meritevoli di compensazione prezzi, che dovrebbero essere aggiunte e non sottratte dal predetto importo.
Pur in assenza della richiesta rimessione in termini, il credito di OMISSIS avrebbe, dunque, dovuto essere liquidato come segue: a) “relazione del Direttore dei Lavori” euro 63.152,91; b) liquidazione del verificatore (pag. 9) euro 46.704,96: totale euro 109.857,87 per sola sorte capitale e, dunque, oltre I.V.A ed interessi.
Inoltre, la compensazione sarebbe dovuta anche per i materiali impiegati dai subcontraenti di OMISSIS, ai quali sono stati pagati, pur in assenza di dedicate fatture intestate all’appellante. L’assenza delle relative fatture non comporterebbe, infatti, inesistenza del credito.
Con il quinto motivo l’appellante ha dedotto l’iniquità della disposta compensazione delle spese di giustizia, chiedendo di riconoscere all’intestata Amministrazione giudiziaria la vittoria delle spese nei due gradi di giudizio, essendo la stessa risultata comunque vittoriosa.
In conclusione, l’appellante ha chiesto l’effettuazione di una nuova verificazione o la condanna per la somma richiesta di euro 480.348,62, oppure della diversa somma da accertare in corso di causa, a titolo di importi dovuti per revisione prezzi ex art. 1 del decreto legge 23 ottobre 2008, n. 162, convertito in legge 22 dicembre 2008, n. 201, oltre I.V.A. ed interessi dal giorno del dovuto al saldo.
L’appello è fondato per la violazione del diritto di difesa, atteso che la sentenza ha omesso del tutto di considerare la documentazione prodotta dall’istante prima dell’udienza di discussione nei termini di legge.
Ed invero, dalla documentazione versata in atti risulta che, successivamente al deposito da parte di OMISSIS dei documenti richiesti dal verificatore, quest’ultimo ha chiesto una proroga di 90 giorni per il deposito della relazione, che ha effettivamente depositato il 10 ottobre 2016, quando era già scaduto il termine originario di deposito e prima che la proroga del medesimo fosse autorizzata.
In considerazione della data di fissazione dell’udienza al 9 novembre 2016, OMISSIS, dopo aver preso visione della relazione di verificazione, ha chiesto rimessione in termini per depositare ulteriori documenti.
Il Tar ha autorizzato la proroga al verificatore, fissando udienza al 25 gennaio 2017 per lasciare integri i termini a difesa.
OMISSIS ha, quindi, provveduto a depositare gli ulteriori documenti il 15 dicembre 2016, ossia quaranta giorni liberi prima dell’udienza.
Con la sentenza appellata il Tar ha, però, affermato che la documentazione è stata depositata tardivamente rispetto a quando: “il Tribunale si è determinato a svolgere attività istruttoria ex officio mediante l’istituto della verificazione e durante tutto il periodo di svolgimento di questa, tenuto conto anche delle proroghe del termine per il deposito della relazione conclusiva, richieste e accordate all’organismo verificatore”.
Le statuizioni della sentenza si pongono in violazione del diritto di difesa dell’appellante.
Ed invero, ai sensi dell’art. 45, comma 4, c.p.a.: “La mancata produzione, da parte del ricorrente, della copia del provvedimento impugnato e della documentazione a sostegno del ricorso non implica decadenza”, mentre per il comma 1 dell’art. 73 dello stesso d.lgs. n. 104 del 2010: “Le parti possono produrre documenti fino a quaranta giorni liberi prima dell’udienza, memorie fino a trenta giorni liberi e presentare repliche, ai nuovi documenti e alle nuove memorie depositate in vista dell’udienza, fino a venti giorni liberi”.
Ne consegue che, per il combinato disposto delle norme succitate, il comportamento dell’appellante nel giudizio di primo grado non concretizza una violazione di una regola processuale, come invece statuito dal Tar, atteso che lo stesso, non essendo decaduto dalla produzione di documentazione a sostegno della pretesa, dopo aver preso visione della relazione del verificatore, ha provveduto a depositare entro il termine dei quaranta giorni liberi prima dell’udienza ulteriori documenti a suo parere necessari per contraddirne le conclusioni.
La sentenza, non tenendo conto di tale documentazione depositata nei termini di legge, ha violato il suo diritto di difesa.
Ai sensi dell’art. 105, comma 1, c.p.a.: “Il Consiglio di Stato rimette la causa al giudice di primo grado soltanto se è mancato il contraddittorio, oppure è stato leso il diritto di difesa di una delle parti, …”.
Alla luce delle suesposte considerazioni l’appello va accolto, e, per l’effetto, la sentenza appellata va annullata con rinvio al primo giudice per violazione del diritto di difesa, ai sensi dell’art. 105, comma 1, c.p.c.
Sussistono, tuttavia, in considerazione delle peculiarità della presente controversia, giusti motivi per disporre l’integrale compensazione fra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e, per l’effetto, annulla la sentenza appellata con rinvio al primo giudice per violazione del diritto di difesa, ai sensi dell’art. 105, comma 1, c.p.c.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 ottobre 2023 con l’intervento dei magistrati:
Rosanna De Nictolis, Presidente
Angela Rotondano, Consigliere
Alberto Urso, Consigliere
Elena Quadri, Consigliere, Estensore
Gianluca Rovelli, Consigliere

L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Elena Quadri
Rosanna De Nictolis

IL SEGRETARIO

 


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