Servizio Tecnico – dott.ssa Sara Meschini - ing. Angelo Grazioli - ing. Paola Arici
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15.05.2023 - lavori pubblici

LA REVISIONE PREZZI E’ POSSIBILE ANCHE PRIMA DELLA FIRMA DEL CONTRATTO

Ance Brescia informa che il TAR Piemonte, con sentenza n. 180 del 20 febbraio 2023, è intervenuto con un’importante pronuncia in tema di caro materiali ed equilibrio contrattuale negli appalti pubblici.

Infatti, a seguito del rifiuto da parte dell’amministrazione di rinegoziare l’offerta presentata a seguito dell’aumento dei costi dei materiali per le lavorazioni, il TAR ha affermato che “costituisce pertanto onere dell’amministrazione assicurarsi di giungere alla stipula di un contratto in condizioni di equilibrio, valutando ogni sopravvenienza segnalata dagli operatori economici partecipanti alla gara che, alla luce del quadro normativo vigente e del contesto socio economico, appaia in grado di alterare tali condizioni, adottando le misure necessarie a ristabilire l’originario equilibrio contrattuale”.

L’amministrazione, nel corso del giudizio, ha evidenziato che ha svolto, di propria iniziativa e prima di giungere all’adozione del provvedimento di aggiudicazione definitiva (avvenuta in data 19.04.2022), la valutazione di congruità, chiedendo le giustificazioni relative alle principali voci di prezzo che concorrono a formare l’importo complessivo dell’appalto. Il RUP quindi, prendendo atto della correttezza e della completezza dei giustificativi, ne ha attestato la congruità.

L’amministrazione ha poi sostenuto che la richiesta di rinegoziazione delle condizioni contrattuali (presentata il 18.05.2022), oltre a non essere corredata da alcun supporto documentale o principio di prova, non poteva essere considerata credibile in considerazione della verifica di congruità svolta a fine marzo 2022 (circa quattro mesi dopo la presentazione dell’offerta). Sostiene inoltre che la mera richiesta di revisione delle condizioni contrattuali poteva apparire pretestuosa, anche alla luce della sopravvenienza della normativa di cui al D.L. n. 50/2022 (entrato in vigore il 17 maggio 2022).

I giudici del TAR Piemonte non ritengono condivisibili le argomentazioni dell’amministrazione, ed evidenziano che l’esigenza congiunturale dell’aggiornamento dei prezzi nell’ambito dei lavori pubblici, esplicitata a livello normativo dall’art. 26 del DL n. 50/2022, è successiva alla valutazione di congruità condotta dalla stazione appaltante; e che non vi è prova che tale verifica abbia preso in considerazione i costi aggiornati dei prezzi dei materiali. Al contrario nella relazione del RUP si parla di giustificazione dei prezzi offerti “relativi alle principali voci di prezzo che concorrono a formare l’importo complessivo dei lavori”.

La normativa citata, sottolineano i giudici, partendo dal presupposto della presenza di aumenti eccezionali dei costi dei materiali da costruzione, stabilisce l’obbligo di aggiornamento dei prezzi da applicare ai SAL contabilizzati nel 2022 (poi esteso anche al 2023 dalla L. n. 197/2022) sulla base dell’aggiornamento dei prezziari regionali e, nella versione modificata dalla legge di conversione, di quelli utilizzati dalle stazioni appaltanti operanti nei settori speciali per l’anno 2022.

È quindi lo stesso legislatore a prendere in espressa considerazione l’ipotesi che, a far data dal 1.1.2022, i valori delle offerte presentate al 31.12.2021 non possano più risultare congrui.

Per il TAR, ciò significa che la stazione appaltante avrebbe dovuto prima istruire la richiesta di rinegoziazione delle condizioni contrattuali e, di conseguenza, assumere le decisioni del caso accettando o meno le condizioni proposte dalla aggiudicataria, non potendo l’eventuale carenza documentale della richiesta portare ex se ad un diniego.

La credibilità della richiesta di rinegoziazione, inoltre “genera altresì un effetto sospensivo del termine assegnato per gli adempimenti post aggiudicazione, anche quando questo assume valore perentorio (nel caso di specie l’interlocuzione tra le parti e la richiesta di adempimenti nei confronti dell’aggiudicataria è proseguita ben oltre l’originario termine perentorio di 15 giorni assegnato in prima battuta dall’amministrazione per gli adempimenti post aggiudicazione)”.

Ciò è ancora più vero a seguito dell’estensione dell’applicazione obbligatoria dei meccanismi di revisione ai settori speciali. Infatti, per il TAR “la necessità di valutare la reale portata della sopravvenienza normativa e l’originaria incertezza sulla applicabilità ai settori speciali non previsti nei prezziari regionali avrebbe dovuto condurre la stazione appaltante ad un approfondimento istruttorio sulla tenuta dell’equilibrio delle condizioni contrattuali. Ciò risponde alla generale necessità di affidare un contrato in condizioni di equilibrio e costituisce principio generale dell’ordinamento dei contratti pubblici.”

L’orientamento sposato dal Collegio parte dalla constatazione per cui la legislazione in materia di appalti pubblici è sì ispirata al rispetto del principio di tutela della concorrenza e parità di trattamento, “ma è anche informata ai criteri di efficacia ed economicità che, in presenza di particolari circostanze, possono condurre alla rinegoziazione delle condizioni contrattuali sia in corso d’esecuzione che prima della stipula del contratto” (Cons. Stato, sez. V, 11.04.2022, sent. n. 2709). Infatti, costituirebbe “oramai consolidato principio quello secondo il quale l’immodificabilità del contratto non ha carattere assoluto e le variazioni contrattuali non violano sempre e comunque i principi fondamentali in materia di evidenza pubblica” (cfr. Corte di Giustizia UE, sez. VIII, nella sentenza del 7 settembre 2016, in C. 549-14).

Il Tribunale ha poi ribadito che sussiste “un legittimo margine di valutazione (il cui ambito, come infra chiarito, per le rinegoziazioni risulta obiettivamente circoscritto dalla normativa) in capo all’amministrazione tra l’alternativa di rifare appello al mercato (con le diseconomie e i rischi già evidenziati) ovvero tentare (nei limiti consentiti dall’art. 106) di ricondurre il contratto ad utilità […] la scelta dell’amministrazione di individuare i termini della necessaria rinegoziazione ancor prima di procedere alla stipulazione del contratto si configura in fondo come prudente, poiché, posto che la rinegoziazione implica ovviamente l’accordo della controparte, ove tale accordo non fosse stato raggiunto, si sarebbe rafforzata in capo all’amministrazione una possibilità di revoca fondata sulle sopravvenienze organizzative e su un ragionevole rispetto delle aspettative dell’aggiudicatario” (T.A.R. Piemonte, Sez. I, 28/06/2021, n. 667).

Infine, i giudici ricordano che è stata già affermata la legittimità della rinegoziazione delle offerte nella fase precedente la stipula del contratto, infatti “la corretta applicazione del principio di economicità, dunque di buon andamento, dell’amministrazione (richiamato dall’art. 30, comma 1, del codice dei contratti pubblici), […] scongiura una riedizione della procedura, che diversamente s’imporrebbe in tutti i casi di modifica, ancorché non “essenziale”, delle condizioni” (T.A.R. Sardegna, 16.11.2022, sent. n. 770).

Perciò, una richiesta di rinegoziazione deve essere presa in considerazione, al ricorrere di particolari circostanze di fatto che ne evidenzino la ragionevolezza e la plausibilità, risultando irragionevole accettare l’azzeramento degli esiti di una procedura di affidamento in assenza di specifiche e sostanziali illegittimità che la affliggano, come nel caso di specie.

Gli uffici di Ance Brescia sono a disposizione per eventuali chiarimenti


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