CONCESSIONE DI LAVORI – LE VALUTAZIONI CIRCA LA SOSTENIBILITÀ DEL PEF E DELL’OFFERTA RIENTRANO NELL’ AMBITO DI VALUTAZIONE TECNICA DELL’AMMINISTRAZIONE CONCEDENTE
(Consiglio di Stato, Sez. V, 28/08/2025, n. 7127)
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Il motivo non può essere accolto.
Va preliminarmente ricordato che, per costante orientamento giurisprudenziale, “le valutazioni circa la sostenibilità del PEF e dell’offerta rientrano in un ambito di valutazione tecnica riservato all’amministrazione concedente, tendenzialmente insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che nelle ipotesi di manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza” (ex multis, Cons. Stato, V, 30 gennaio 2023, n. 1042).
In particolare, va ribadito che la funzione assunta dal piano economico finanziario nelle concessioni di lavori e di servizi (quale è il casi in esame), in ragione della previsione dell’art. 3, comma primo, lettere uu) e vv) del d.lgs. n. 50 del 2016 (per cui la concessione è un contratto a titolo oneroso che ha per oggetto l’affidamento, da parte della stazione appaltante, della esecuzione di lavori o della fornitura e gestione di servizi in cui il concessionario ricava il corrispettivo ad esso spettante per l’esecuzione del contratto esercitando il diritto a gestire le opere o i servizi e a trattenere i ricavi della gestione, assumendosi i rischi connessi a tale gestione), consiste nel garantire l’equilibrio economico e finanziario dell’iniziativa (ossia la “contemporanea presenza delle condizioni di convenienza economica e sostenibilità finanziaria”) attraverso la “corretta allocazione dei rischi” (ex art. 165, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016) – allocazione che può eventualmente essere temperata da un intervento finanziario posto a carico dell’amministrazione concedente – lungo tutto l’arco temporale della gestione.
Come noto, la concessione sia di lavori pubblici che di servizi, si caratterizza per un dato: la remunerazione degli investimenti compiuti dall’operatore economico privato e delle prestazioni rese nell’esecuzione della concessione è costituita dal diritto di gestire funzionalmente ed economicamente il servizio (o i servizi) erogati attraverso le opere pubbliche realizzate. Il che significa, come emerge agevolmente dalla lettura sia delle definizioni di cui all’art. 3, comma 1, lett. cit. [si vedano anche le lettere zz), aaa), bbb) e ccc) – nelle quali è scolpita la definizione delle diverse tipologie di rischi trasferiti in capo al concessionario] – sia dell’art. 165 del d.lgs. n. 50 del 2016, che i servizi in questione debbono avere una chiara natura imprenditoriale, nel senso che si rivolgono ad un mercato composto da una pluralità di utenti che ne domandano le prestazioni.
Il rischio assunto dal concessionario si valuta proprio intorno alla aleatorietà della domanda di prestazioni, poiché l’errore di valutazione del livello di domanda attendibile evidentemente condiziona la remuneratività dell’investimento e misura la validità imprenditoriale dell’iniziativa economica.
Si tratta, come noto, di una tipologia di rischio imprenditoriale diversa da quella riscontrabile nel contratto di appalto (di lavori, servizi o forniture), proprio perché entra in giuoco un elemento imponderabile (cioè la domanda di prestazioni per quel servizio pubblico, non determinabile a priori); elemento che nell’appalto non compare.
Se dunque la concessione si qualifica per il trasferimento del rischio operativo dal concedente al concessionario, il PEF è lo strumento mediante il quale si attua la concreta distribuzione del rischio tra le parti del rapporto, la cui adeguatezza e sostenibilità deve essere valutata dall’amministrazione concedente alla luce delle discipline tecniche ed economiche applicabili e sulla base delle eventuali prescrizioni che la stessa amministrazione ha dettato con la lex specialis della procedura per la selezione del concessionario.
Controllo che non si svolge secondo gli schemi propri del giudizio di anomalia dell’offerta nelle procedure d’appalto, il cui oggetto è comunque circoscritto sia per la (di regola) limitata durata nel tempo dell’affidamento, sia per l’assenza di uno specifico rischio operativo e della domanda in capo all’appaltatore: l’assunzione del rischio imprenditoriale da parte del concessionario, nonché i limiti entro i quali tale assunzione è ammissibile e non compromette il proficuo svolgimento dell’attività affidata al terzo [la convenienza economica e la sostenibilità finanziaria: art. 3, comma 1, lett. fff)], rappresentano dunque l’oggetto delle valutazioni riservate all’amministrazione concedente.
Tale ricostruzione riprende gli orientamenti più recenti (cfr. Cons. Stato, V, 4 febbraio 2022, n. 795, ed ivi ulteriori precedenti conformi) che sottolineano come la funzione del PEF sia quella di dimostrare la concreta capacità dell’operatore economico di eseguire correttamente le prestazioni per l’intero arco temporale prescelto, attraverso la prospettazione di un equilibrio economico e finanziario di investimenti e connessa gestione che consenta all’amministrazione concedente di valutare l’adeguatezza dell’offerta e l’effettiva realizzabilità dell’oggetto della concessione (cfr. anche Cons. Stato, V, 26 settembre 2013, n. 4760). In altri termini, il PEF è un documento che giustifica la sostenibilità dell’offerta, quale dimostrazione che l’impresa è in condizione di trarre utili tali da consentire la gestione proficua dell’attività (Cons. Stato, V, 10 febbraio 2010, n. 653).
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