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23.02.2015 - urbanistica

IL CONTRATTO DI APPALTO È NULLO PER LAVORI SENZA PERMESSO, MA È POSSIBILE UN’AZIONE DI INDEBITO ARRICCHIMENTO

(Cassazione, Seconda Sezione, sentenza 9 ottobre 2014 n.21350)

Continua a consolidarsi la giurisprudenza, secondo la quale il contratto di appalto per la costruzione di un immobile senza concessione edilizia è nullo, né può essere convalidato in virtù di una concessione intervenuta successivamente alla realizzazione dell’opera. La Cassazione ha accolto il ricorso contro la pronuncia della corte di appello di Brescia che confermava una pronuncia del Tribunale di Mantova, con la quale era stato respinta l’opposizione al decreto ingiuntivo presentato da parte del titolare di un’impresa edile, per il mancato pagamento della fornitura e posa in opera di materiali per la realizzazione di una stalla. Opposizione che il ricorrente aveva motivato, eccependo la nullità del contratto di appalto, perché il titolo edilizio era stato rilasciato dopo la consegna del manufatto.
Mentre la Corte territoriale ed il giudice di primo grado, sostenevano che doveva escludersi la nullità del contratto di appalto, essendo stato accertato che la concessione edilizia – già richiesta prima dell’inizio dei lavori – era stata rilasciata posticipatamente, con efficacia retroattiva e che il reato urbanistico risultava estinto, l’orientamento giurisprudenziale è diverso.
La pronuncia della Corte di Cassazione di legittimità si allinea, infatti, al prevalente indirizzo della giurisprudenza, in base al quale il contratto di appalto di un’opera edilizia, senza la prescritta concessione, è nullo ab origine per illiceità dell’oggetto, derivante dalla violazione delle norme imperative delle leggi urbanistiche, che impongono il previo rilascio del titolo abilitativo.
L’appaltatore non può quindi pretendere il quantum pattuito, né il committente l’adempimento del contratto o il risarcimento del danno per il relativo inadempimento (Cassazione, n.4015/2007).
Tanto meno l’appaltatore può pretendere, in forza del contratto nullo, il pagamento del corrispettivo, senza che possa assumere rilievo l’eventuale ignoranza del mancato rilascio del titolo edilizio, non potendo tale ignoranza ritenersi scusabile per la grave colpa di quest’ultimo, «il quale, con l’ordinaria diligenza, avrebbe potuto avere conoscenza della reale situazione, attraverso un’ indagine conoscitiva presso gli uffici del Comune» (v., ex plurimis, Cassazione n.9508/1999).
Nel caso di specie, invece, l’opera appaltata risulta ultimata prima del rilascio della concessione edilizia. Il che mina irrimediabilmente – e per sempre – la validità del contratto tra l’appaltatore e il committente, anche se sopraggiunge un provvedimento di sanatoria.
L’appaltatore può, quindi, proporre azione di indebito arricchimento, ai sensi dell’articolo 2042 del codice civile, per farsi indennizzare del pregiudizio subito, sempre che ricorra l’unicità del fatto costitutivo dell’arricchimento e dell’impoverimento (Cassazione n. 6647/2002). Tale azione può, infatti, essere proposta dall’appaltatore che non abbia ricevuto il corrispettivo pattuito a causa della nullità del contratto di appalto avente ad oggetto la realizzazione di un’opera senza la prescritta autorizzazione edilizia, «non potendosi escludere la locupletazione del committente in ragione della precarietà del suo diritto dominicale sull’immobile abusivamente costruito, dovendosi tener conto dell’impiego che egli ne abbia eventualmente fatto nonostante quella precarietà e delle utilità economiche così ricavatene» (Cassazione nn. 8040/2009 e 2884/2002)

 


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