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29.06.2015 - urbanistica

LA DEMOLIZIONE A SEGUITO DI ABUSO COMPIUTO DA TEMPO DEVE ESSERE MOTIVATA DA RAGIONI DI INTERESSE PUBBLICO

Il Consiglio di Stato con la sentenza della sez. VI, 18 maggio 2015, n. 2512 ha stabilito che, in presenza di abusi edilizi compiuti da tempo, si determina una posizione di legittimo affidamento del privato e pertanto l’ordinanza di demolizione del Comune deve essere motivata da ragioni di interesse pubblico che hanno portato alla applicazione della sanzione molto tempo dopo il compimento dell’abuso.
Applicando questo principio (già espresso nella sentenza della sez. V 15 luglio 2013, n. 3847), il Consiglio ha dichiarato illegittimo e annullato il provvedimento sanzionatorio di un Comune perché non forniva adeguata motivazione sulle ragioni che avevano indotto l’amministrazione ad applicare la sanzione demolitoria nonostante il notevole lasso di tempo trascorso dall’abuso (1958 – 2010) ed il conseguente affidamento ingeneratosi in capo al privato.
Inoltre i giudici hanno evidenziato che in presenza di un edificio per il quale è stato rilasciato un titolo abilitativo edilizio (nella fattispecie una licenza edilizia) non possono essere qualificate variazioni essenziali (oggi elencate dall’art. 32 del Dpr 380/2001 “Testo Unico Edilizia”) e dunque non costituiscono “abusi totali” che obbligano alla demolizione dell’intero manufatto ai sensi dell’art. 31 del TUE, una posizione leggermente diversa dell’edificio sul lotto di pertinenza (spostamento di 45 cm) e un aumento minimo della superficie (3 metri per ciascuno dei due piani costituenti l’edificio per un totale di 6 metri). Si tratta infatti di lievi difformità dal titolo abilitativo edilizio.
Si ricorda che il comma 2-ter dell’art. 34 del TUE (inserito dal Decreto legge 70/2011) prevede che non si ha parziale difformità dal permesso di costruire in presenza di violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che non eccedano per singola unità immobiliare il 2% delle misure progettuali.

 


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