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10.04.2009 - tributi

SANZIONI PER REVERSE CHARGE – CHIARIMENTI MINISTERIALI

SANZIONI PER REVERSE CHARGE – CHIARIMENTI MINISTERIALI
 
Nell’ipotesi in cui, a seguito di accertamento, risulti che l’appaltatore non abbia assolto l’IVA con il meccanismo del “reverse charge”, si applica la sanzione dal 100% al 200% dell’imposta dovuta, ma viene comunque mantenuto il diritto alla detrazione dell’IVA.
Questo quanto chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella Risoluzione n.56/E del 6 marzo 2009, nell’ambito del sistema sanzionatorio previsto per la mancata o erronea applicazione del meccanismo dell’inversione contabile, introdotto dalla legge Finanziaria 2008 (art.1, comma 155, legge 244/2007) ed attualmente disciplinato dall’art.6, comma 9-bis, del D.Lgs. 471/1997.
Come noto, quest’ultima disposizione normativa prevede essenzialmente due tipologie di sanzioni:
– quella, più grave, dal 100 al 200% dell’imposta dovuta (con un minimo di 258 euro), che trova applicazione in tutti i casi in cui l’IVA non sia stata assolta dal contribuente, se non a seguito di verifica o controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria, oppure in caso di ravvedimento spontaneo ai sensi dell’art.13 del D.Lgs. 472/1997;
– quella, più lieve, pari al 3% dell’imposta irregolarmente assolta (con un minimo di 258 euro), che trova, invece, applicazione in tutti i casi in cui l’IVA sia stata comunque assolta da parte dell’appaltatore/acquirente o del subappaltatore/cedente, anche se erroneamente (ad esempio, nell’ipotesi in cui il subappaltatore, anzichè emettere fattura in “reverse charge”, applichi l’IVA nei modi ordinari, operandone comunque il versamento).
Solo in quest’ultima ipotesi, ossia qualora l’imposta sia stata comunque assolta, ancorchè erroneamente, il Legislatore ha espressamente fatto salvo il diritto alla detrazione (art.6, comma 9-bis, secondo periodo, D.Lgs. 471/1997 [1]), salvaguardando, in tal modo, il principio di neutralità fiscale, in base al quale la detrazione dell’IVA deve essere riconosciuta tutte le volte in cui gli obblighi sostanziali siano stati soddisfatti.
Diversamente, la norma non fornisce indicazioni espresse in ordine all’applicazione del medesimo principio nel caso in cui l’IVA sia stata assolta, non spontaneamente, ma solo a seguito di controllo.
Sul punto, l’Amministrazione finanziaria, con la citata R.M. 56/E/2009, recepisce pienamente l’orientamento espresso dalla Corte di Giustizia Europea, in base al quale “una prassi di rettifica e di accertamento che sanziona l’inosservanza, ad opera del soggetto passivo, degli obblighi contabili e di dichiarazione con un diniego del diritto a detrazione, eccede chiaramente quanto necessario per conseguire l’obiettivo di garantire il corretto adempimento di tali obblighi” (cfr. Sentenza dell’8 maggio 2008, cause riunite C-95/07 e C-96/07).
Pertanto, l’Agenzia delle Entrate afferma che, in via generale, laddove, a seguito di controllo, sia constatata una violazione relativa al mancato assolvimento dell’IVA tramite il regime dell’inversione contabile, deve essere in ogni caso riconosciuto il diritto alla detrazione della medesima imposta.
Ciò implica che, ferma restando l’applicazione della sanzione amministrativa compresa tra il 100 e il 200%, con un minimo di 258 euro (di cui all’art. 6, comma 9-bis, primo periodo del D.Lgs. 471/1997), il contribuente non sarà tenuto a versare alcun ammontare a titolo di imposta all’Erario (semprechè lo stesso abbia un diritto pieno alla detrazione).
Inoltre, l’Amministrazione chiarisce che tale principio è comunque valido, anche qualora l’accertamento intervenga oltre il termine entro il quale il contribuente può esercitare il diritto alla detrazione, fissato “al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo” (art.19, comma 1, D.P.R. 633/1972).

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[1] Art.6, D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 471
(omissis)
9-bis. È punito con la sanzione amministrativa compresa fra il 100 e il 200 per cento dell’imposta, con un minimo di 258 euro, il cessionario o il committente che, nell’esercizio di imprese, arti o professioni, non assolve l’imposta relativa agli acquisti di beni o servizi mediante il meccanismo dell’inversione contabile di cui agli articoli 17 e 74, commi settimo e ottavo, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni.
La medesima sanzione si applica al cedente o prestatore che ha irregolarmente addebitato l’imposta in fattura omettendone il versamento.
Qualora l’imposta sia stata assolta, ancorchè irregolarmente, dal cessionario o committente ovvero dal cedente o prestatore, fermo restando il diritto alla detrazione ai sensi dell’articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, la sanzione amministrativa è pari al 3 per cento dell’imposta irregolarmente assolta, con un minimo di 258 euro, e comunque non oltre 10.000 euro per le irregolarità commesse nei primi tre anni di applicazione delle disposizioni del presente periodo.
Al pagamento delle sanzioni previste nel secondo e terzo periodo, nonchè al pagamento dell’imposta, sono tenuti solidalmente entrambi i soggetti obbligati all’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile.
È punito con la sanzione di cui al comma 2 il cedente o prestatore che non emette fattura, fermo restando l’obbligo per il cessionario o committente di regolarizzare l’omissione ai sensi del comma 8, applicando, comunque, il meccanismo dell’inversione contabile.
(omissis)


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