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25.11.2014 - lavori pubblici

IL CERTIFICATO ISO 9000 NON PUO’ ESSERE OGGETTO DI AVVALIMENTO

(Consiglio di Stato, sez. III, n. 887 del 25/2/2014)

. . . omissis . .

7. – L’avvalimento, quindi ed anche nel caso in esame, va letto secondo la sua funzione propria (arg. ex Cons. Stato, III, 1° ottobre 2012 n. 5161), nel senso che tal istituto risponde sì all’esigenza della massima partecipazione alle gare consentendo ai concorrenti, che siano privi dei requisiti richiesti dal bando, di concorrere ricorrendo ai requisiti di altri soggetti, ma che il sotteso favore alla massima concorrenza deve assicurare la massima garanzia per la stazione appaltante e per la sicura ed efficiente esecuzione degli appalti.
Appunto per questo non va sminuito il passaggio del TAR sull’evidente scissione tra titolarità del contratto aggiudicato e responsabilità della sua materiale esecuzione, quale risultante di un avvalimento sulle certificazioni de quibus.
Reputa al riguardo il Collegio che la certificazione di qualità si connoti dal fine di valorizzare tutti e ciascun elemento di eccellenza nell’organizzazione complessiva dell’impresa. Certificando siffatta qualità, dunque, il competente organismo non fa che constatare come tal organizzazione sia e si mostri preordinata ed abile a raggiungere e mantenere nel tempo lo standard di qualità chiesto dalla relativa norma tecnica. Il che è come dire che il dato di qualità è un metodo ed un know how che trascende, perlomeno finché è in grado di durare, la mera efficienza nella strutturazione dei fattori della produzione e diviene l’essenza stessa dell’impresa, di per sé e coeteris paribus non riproducibile tal quale all’esterno.
Già l’avvalimento d’ogni requisito tecnico implica la sostituzione del sotteso dato organizzativo e produttivo dell’impresa ausiliare a quello, inidoneo per l’interesse dedotto in appalto, dell’impresa ausiliata. Dal che l’obbiettiva e notoria “difficoltà”, al di là dell’enfasi liberale sull’uso dell’istituto, di precisarne l’oggetto tra le parti del relativo contratto, nonché i parimenti conosciuti “problemi” agitati in giurisprudenza sull’adeguatezza di siffatte precisazioni. A più forte ragione, quando si intendano comunicare requisiti soggettivi speciali come le citate certificazioni, il contenuto del contratto d’avvalimento resta o sfuggente (e, dunque, nullo per indeterminabilità o assenza dell’oggetto) o impossibile (perché tutta l’azienda ausiliare dovrebbe esser trasferita così com’è e per tutta la durata dell’appalto). Piace allora al Collegio sul punto citare un precedente arresto della Sezione (cfr. Cons. St., III, 18 aprile 2011 n. 2344), il quale, pure, riconduce la certificazione di qualità tra i requisiti di carattere tecnico – organizzativo che possono essere oggetto di avvalimento. Ebbene, la Sezione allora affermò che «… una volta ammessa l’astratta operatività dell’avvalimento, non può essere trascurata l’evidente difficoltà “pratica” di dimostrare, in concreto, l’effettiva disponibilità di un requisito che, per le sue caratteristiche, è collegato all’intera organizzazione dell’impresa, alle sue procedure interne, al bagaglio delle conoscenze utilizzate nello svolgimento delle attività…».
Proprio in ciò risiede la “soggettività” dei requisiti stessi e la conseguente impossibilità di dedurli in avvalimento, si badi, non per l’angustia della norma nazionale rispetto a quella comunitaria, né a causa di interpretazioni fallaci o grette. L’impossibilità dell’avvalimento si ha solo a causa della evidente, materiale irriproducibilità, al di là, cioè, d’ogni diritto positivo o di mentalità giuridica, della qualità fuori dal contesto in cui è generata e viene certificata. Sussiste evidente l’intima correlazione tra l’ottimale gestione dell’impresa nel suo complesso ed il riconoscimento della qualità, cosa, questa, che conferisce alla relativa certificazione un connotato, tutt’altro che implicito, d’insopprimibile soggettività.
Anche ad accedere, perciò, alla tesi dell’appellante, la rigorosa applicazione dell’art. 49 del Dlg 163/2006 implicherebbe pur sempre, per communis opinio della giurisprudenza (cfr. appunto, Cons. St., III, n. 2344/2011, cit.), che l’impresa ausiliaria dovrebbe prestare non il requisito “soggettivo” di qualità quale mero valore astratto, ma tutti i fattori della produzione e tutte le risorse proprie, necessari ad assicurare gli indispensabili livelli di qualità nell’esecuzione dell’appalto. precisando poi i criteri d’ammissibilità come testé esposti nel periodo precedente. Al di là del modo di confezionarne in concreto il contratto, l’avvalimento nella specie è “difficile” non per la modalità di redazione di quest’ultimo, ma proprio perché dimostrare la concretezza dell’impegno, quando si deve prestare una qualità e non un altro requisito tecnico o finanziario, non attingerà la soglia della meritevolezza e della specificità, se non dissimulando la sostanza del subappalto. Si avrebbe così un uso incongruo dell’avvalimento, teso, nei fatti almeno, a dissimulare una sorta di subappalto tra impresa ausiliaria (che, per forza, deve mettere a disposizione tutto ciò che serve a produrre e generare la qualità certificata) e quella ausiliata.
Da ciò discende, per un verso, che l’intima connessione tra qualità e status (non importa quanto transeunte) dell’impresa ausiliaria comporta che l’una non è cedibile ad altre organizzazioni se non congiuntamente all’altro, ossia in una con l’intero complesso aziendale in capo al quale è stato riconosciuto il sistema di qualità. Discende altresì, senza che ciò suoni a disparità di trattamento (se non nella natura delle cose), la non assimilabilità, per oggetto, di ciò che vale per gli appalti di lavori –per i quali l’attestazione SOA è l’inscindibile sintesi d’un insieme eterogeneo di requisiti, tra cui quelli di qualità e come tale deducibile in avvalimento nella sua totalità–, rispetto alle forniture ed ai servizi, per i cui appalti la qualificazione non è predefinita, né centralizzata. Discende infine la non necessità di rimettere la presente questione alla Corte di giustizia UE, in quanto in realtà la questione NON attiene all’interpretazione ed all’uso dell’avvalimento, ma riguarda il concetto stesso di qualità che, nell’ordinamento comunitario, ha pari dignità con il predetto istituto e va con esso temperato ed armonizzato, in relazione all’interesse creditorio della stazione appaltante che, pure, l’avvalimento deve garantire.

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