Servizio Tecnico - referente: dott.ssa Sara Meschini
Tel. 030.399133 - Email: sara.meschini@ancebrescia.it
05.05.2025 - lavori pubblici

IL CONSIGLIO DI STATO SULL’OMESSA INDICAZIONE DEL CCNL NEGLI APPALTI PUBBLICI

(Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza 28 marzo 2025, n. 2605)

Il caso

Con sentenza 28 marzo 2025, n. 2605/2025, il Consiglio di Stato – Sezione V – ha respinto l’appello di Almaviva – The Italian Innovation Company S.p.A., capogruppo di RTI costituendo, avverso la pronuncia del TAR Umbria n. 581/2024 che aveva confermato l’esclusione dell’offerente dalla procedura aperta indetta da Valle Umbra Servizi S.p.A. per la realizzazione di una rete smart per la gestione dell’acquedotto nella Valle Umbra.

La procedura, indetta con bando dell’8 marzo 2024, prevedeva l’aggiudicazione secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (80 punti tecnica, 20 punti economica), base d’asta € 33.927.000 + IVA. Almaviva denunciava malfunzionamenti del portale PRO‑Q durante il caricamento dei modelli di offerta, con comparsa di un “warning” rosso su file economico, ma aveva comunque trasmesso la documentazione entro termine, ricevendo conferma di trasmissione.

Tuttavia, Valle Umbra Servizi aveva escluso Almaviva ritenendo incompleta l’offerta economica per mancata indicazione, nei modelli 5‑6, del CCNL applicato dai componenti del RTI e dell’impegno ex art. 91, comma 5, d.lgs. n. 36/2023. Poiché tali elementi erano definiti “indispensabili” dalla lex specialis (§ 17 disciplinare) e non sanabili con soccorso istruttorio, la commissione di gara dichiarava la documentazione non regolare. Come si legge nel provvedimento di esclusione: «Il principio di tassatività delle cause di esclusione non può dirsi violato a fronte di carenze dell’offerta economica. La mancanza dell’offerta economica, come pure la carenza o incertezza assoluta di un suo elemento essenziale ovvero del suo contenuto, comportano l’esclusione dalla gara, anche nel caso in cui la lex specialis sia silente sul punto; a maggior ragione nel caso in esame, in cui era chiara ed espressa la previsione della legge di gara sul punto, costituente autovincolo insuscettibile di essere modificato o disapplicato. Un diverso orientamento della Commissione rappresenterebbe una palese violazione dei principi di par condicio, di immodificabilità dell’offerta, di certezza e trasparenza delle regole di gara e del suo svolgimento. La commissione pertanto respinge l’offerta economica del concorrente per i suddetti motivi dichiarando la documentazione non regolare e non ammette il concorrente alla ulteriore prosecuzione della procedura di gara».

Successivamente, il TAR Umbria, con sentenza n. 581/2024, confermava l’esclusione, ritenendo corretto qualificare il CCNL e l’impegno ex art. 91 come parte integrante dell’offerta economica, la cui incompletezza determina l’esclusione a norma dell’art. 101 d.lgs. n. 36/2023.

La decisione del Consiglio di Stato

Con il primo motivo di ricorso, Almaviva deduce che la pronuncia del giudice di primo grado violerebbe il principio di tipicità delle cause di esclusione di cui all’art. 10, comma 2 del d.lgs. n. 36/2023 alla luce del quale non tutti gli adempimenti contemplati dal Codice (ovvero da altre disposizioni) possono considerarsi previsti a pena di esclusione, questa evenienza configurandosi solo «ove venga in rilievo, infatti, un precetto previsto da una norma imperativa che impone un determinato onere ai partecipanti alla gara».

Tale motivo è infondato.

Al riguardo, il Collegio ritiene di doversi conformare al precedente, in forza del quale «nelle procedure di gara, la carenza di uno degli elementi dell’offerta ritenuti essenziali dalla lex specialis rende legittima l’esclusione dell’offerta difettosa, senza che ciò possa comportare alcuna violazione del principio di tassatività delle cause d’esclusione, previsto dall’art. 83, comma 8, d.lgs. n.50/2016» (Cons. Stato, V, 28 giugno 2022, n. 5347).

Infatti, ai sensi dell’art. 11 del d.lgs. n. 36 del 2023, al personale impiegato negli appalti pubblici dev’essere applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro, laddove gli operatori economici possono anche indicare nella propria offerta il differente contratto collettivo da essi applicato, ma se si avvalgono di questa facoltà, «prima di procedere all’affidamento o all’aggiudicazione le stazioni appaltanti e gli enti concedenti acquisiscono la dichiarazione con la quale l’operatore economico individuato si impegna ad applicare il contratto collettivo nazionale e territoriale indicato nell’esecuzione delle prestazioni oggetto del contratto per tutta la sua durata, ovvero la dichiarazione di equivalenza delle tutele. In quest’ultimo caso, la dichiarazione è anche verificata con le modalità di cui all’articolo 110».

Non è corretto sostenere che la previsione dell’art. 11 cit. sia del tutto slegata da quella di cui all’art. 41 del Codice, a mente del quale, nei contratti di lavori e servizi, per determinare l’importo posto a base di gara la stazione appaltante o l’ente concedente devono individuare nei documenti di gara i costi della manodopera, prevedendo che gli stessi (unitamente a quelli della sicurezza) vadano scorporati dall’importo assoggettato al ribasso.

Neppure è possibile affermare fondatamente che le previsioni dei richiamati artt. 11 e 41 non siano norme imperative inderogabili, sia in virtù della loro formulazione testuale inequivocabile sia per il chiaro scopo di tutelare i lavoratori sotto il profilo giuridico ed economico.

Inoltre, come si ricava dal combinato disposto degli artt. 110, comma 1, e 108, comma 9, del d.lgs. n. 36/2023, le clausole del CCNL effettivamente richiamato in offerta incidono anche sulla valutazione di eventuali anomalie, qualora l’offerente abbia adottato un CCNL – e, quindi, un costo della manodopera – differente da quello posto a base di gara.

Con il secondo motivo di appello vengono invece riproposte le censure dedotte contro le previsioni dei paragrafi 14, 17 e 21 del disciplinare di gara, ove da interpretarsi nel senso di sanzionare automaticamente con l’esclusione la carenza delle dichiarazioni di cui si è detto in precedenza, senza ammettere il soccorso procedimentale o quello istruttorio.

A tal fine il Collegio sottolinea che la scelta di un CCNL piuttosto che di un altro non incide direttamente sui costi della manodopera – componente essenziale dell’offerta – i quali dipendono invece da fattori quali la tipologia di contratto individuale, il numero e l’inquadramento delle risorse impiegate, l’eventuale ricorso al subappalto o la presenza di ulteriori fonti integrative del contratto nazionale.

Neppure questo motivo può essere accolto.

Ai sensi dell’art. 57, comma 1 del d.lgs. n. 36 del 2023, “Per gli affidamenti dei contratti di appalto di lavori e servizi diversi da quelli aventi natura intellettuale […] i bandi di gara, […], tenuto conto della tipologia di intervento, […] devono contenere specifiche clausole sociali con le quali sono richieste, come requisiti necessari dell’offerta, misure orientate tra l’altro a garantire […] l’applicazione dei contratti collettivi nazionali e territoriali di settore, tenendo conto, in relazione all’oggetto dell’appalto o della concessione e alle prestazioni da eseguire anche in maniera prevalente, di quelli stipulati dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e di quelli il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente, nonché a garantire le stesse tutele economiche e normative per i lavoratori in subappalto rispetto ai dipendenti dell’appaltatore e contro il lavoro irregolare”.

È evidente che l’applicazione di un determinato contratto collettivo incide direttamente sul costo del lavoro indicato in offerta (parametro fondamentale sia per la valutazione iniziale sia per il sub-procedimento di anomalia, correttezza e sostenibilità). Non è pertanto sostenibile la tesi dell’appellante secondo cui la mera e generica accettazione preliminare delle condizioni di gara esonererebbe l’offerente dall’indicare tale informazione specifica e decisiva, né che possa “correggere” automaticamente l’indicazione di un contratto che offre garanzie inferiori rispetto a quello previsto come riferimento nella legge di gara.

 

ALLEGATO: Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza 28 marzo 2025, n. 2605


ANCE Brescia - Riproduzione e utilizzazione riservata ai sensi dell’art. 65 della Legge n. 633/1941