Print Friendly, PDF & Email
04.12.2003 - ambiente

RIFIUTI . NUOVI LIMITI AL RIUTILIZZO DELLE TERRE E ROCCE DA SCAVO

RIFIUTI – NUOVI LIMITI AL RIUTILIZZO DELLE TERRE E ROCCE DA SCAVO RIFIUTI – NUOVI LIMITI AL RIUTILIZZO DELLE TERRE E ROCCE DA SCAVO
(Legge 31/10/03, n.306)
Si segnala la pubblicazione della legge 31 ottobre 2003, n.306 (G.U. n.266 del 15 novembre 2003, supplemento ordinario n.173), cd. Legge Comunitaria 2003, che all’art.23 introduce nuove limitazioni al riutilizzo dei materiali derivanti dall’attività di escavazione a partire dal 30 novembre prossimo, data della sua entrata in vigore.
In particolare, l’art.23 modifica l’art.1, commi 17, 18 e 19 della Legge 443/2001 (cd. Legge Obiettivo) per superare la procedura di infrazione aperta dalla Commissione europea proprio nei confronti di queste ultime norme.
La possibilità di reimpiegare i materiali derivanti da escavazione senza trattamento è ora ancorata alla preventiva predisposizione di un progetto di riutilizzo ed alla autorizzazione dello stesso da parte dell’ARPA competente per territorio.
Il titolo abilitativo dell’ARPA, pertanto, si aggiunge a quello dell’autorità amministrativa competente e potrà comunque essere richiesto anche in corso d’opera non appena si prospetti per l’impresa una effettiva possibilità di riutilizzare i materiali residuati dall’attività di scavo, anzichè sottoporli alla procedura di recupero.
Nel caso di opere soggette a Valutazione d’Impatto Ambientale, invece, le modalità di riutilizzo dovranno essere approvate nell’ambito della VIA stessa.
L’art.23 della Legge Comunitaria 2003 prevede altresì che qualora i materiali da scavo vengano reimpiegati in altri cicli industriali, le pubbliche autorità investite delle funzioni di vigilanza e controllo su tali attività produttive debbano verificare anche l’effettiva destinazione dei materiali all’uso autorizzato, mentre i soggetti che li riutilizzano provvedano a documentarne la provenienza, la quantità e la specifica destinazione.
Si ricorda che in precedenza il riutilizzo delle terre e rocce da scavo – anche se inquinate, purchè con una concentrazione di sostanze inquinanti non superiore ai limiti previsti dalle norme vigenti – era ammesso senza trattamento e previa autorizzazione dell’autorità amministrativa competente in caso di destinazione delle stesse a differenti cicli di produzione industriale o di ricollocazione in altro sito.
La nuova norma lascia però aperto il problema del regime transitorio per le opere in corso di esecuzione al 30 novembre 2003.
In seguito alle azioni intraprese dall’Ance, sia in sede parlamentare che direttamente presso i Ministeri competenti, sono pervenute le prime indicazioni sul problema.
Si tratta di due note del Ministero delle Infrastrutture, una proveniente dall’Ufficio Legislativo e l’altra dal Gabinetto del Ministro in risposta all’interrogazione presentata alla Camera dei Deputati, che vanno valutate con cautela e che comunque non tengono indenni da possibili rilievi delle autorità preposte ai controlli.
In particolare, la Nota dell’Ufficio legislativo, per quanto poco motivata, consente di continuare ad utilizzare liberamente le rocce e terre da scavo purchè si tratti di riutilizzi autorizzati (in base alla normativa vigente sino all’entrata in vigore della legge comunitaria).
La risposta all’interrogazione parlamentare, maggiormente articolata, conferma la possibilità di riutilizzare il materiale in opere autorizzate (come la Nota dell’Ufficio legislativo), ma precisa che le autorità ambientali potranno intervenire se già non interessate in precedenza.
Inoltre si sottolinea che verrà chiesta l’emanazione di un’apposita circolare da parte del Ministero dell’Ambiente in modo che i nuovi controlli ed adempimenti siano attuati in modo compatibile con lo sviluppo dei lavori in corso.
L’odierna modifica legislativa pone il problema del rapporto tra la normativa prevista per le terre e rocce da scavo e quella di carattere generale introdotta dall’art.14 del Decreto Legge 138/2002 (convertito dalla Legge 178/2002).
Tale norma qualifica come rifiuto “qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell’allegato A (contenente il Catalogo Europeo dei Rifiuti) e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi”.
Secondo l’interpretazione fornita dal D.L. 138/2002 le fattispecie del “abbia deciso” e dell’ “abbia obbligo di disfarsi” non ricorrono allorquando:
– beni, sostanze o materiali residuali di produzione o di consumo possano essere o siano effettivamente ed oggettivamente riutilizzati nel medesimo o in analogo o diverso ciclo produttivo o di consumo, senza subire alcun intervento preventivo di trattamento e senza recare pregiudizio all’ambiente;
– beni, sostanze o materiali residuali di produzione o di consumo possano essere e siano effettivamente e oggettivamente riutilizzati nel medesimo o in analogo o diverso ciclo produttivo o di consumo, dopo aver subito un trattamento preventivo ma senza che si renda necessaria alcuna operazione di recupero tra quelle individuate nell’allegato C del D.Lgs. 22/1997.
Sarebbero quindi escluse dal concetto di rifiuto di quei materiali residuali, che, anche se formalmente compresi nel CER (Catalogo Europeo dei Rifiuti), siano effettivamente riutilizzati senza pregiudizio per l’ambiente.
In questi casi, pertanto, non è più possibile parlare di rifiuto: non solo non sarà rifiuto il materiale che possa essere riutilizzabile tal quale nello stesso o in un altro ciclo produttivo senza danno all’ambiente, ma addirittura non si avrà rifiuto neanche qualora sia necessario un trattamento preventivo del medesimo, purchè non si debba procedere ad operazioni di recupero.
La norma, che ha portata generale, si dovrebbe applicare conseguentemente anche alle terre e rocce da scavo, salvo che non si consideri l’art.1, commi 17-19 della L.443/2001 come normativa speciale.
È opportuno comunque ricordare che la Cassazione, con la sentenza della Sez. III penale, 11 febbraio 2003, n.291, ha per la prima volta dato attuazione a questa norma in materia di terre e rocce da scavo, affermando che non rientrano nella nozione giuridica di rifiuto e conseguentemente non sono soggette alla relativa disciplina, le terre e le rocce da scavo qualora vi sia stato un loro effettivo riutilizzo e purchè non provenienti da siti inquinati o bonifiche.


ANCE Brescia - Riproduzione e utilizzazione riservata ai sensi dell’art. 65 della Legge n. 633/1941