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28.02.2006 - tributi

FINANZIARIA 2006 – RIVALUTAZIONE DEI BENI D’IMPRESA E DELLE AREE EDIFICABILI

FINANZIARIA 2006 – RIVALUTAZIONE DEI BENI D’IMPRESA E DELLE AREE EDIFICABILI FINANZIARIA 2006 – RIVALUTAZIONE DEI BENI D’IMPRESA E DELLE AREE EDIFICABILI
(L. 23/12/05, n. 266, art. 1 commi 469-476)

In attesa degli specifici chiarimenti ministeriali, pubblichiamo un primo approfondimento dell’ANCE sulla riapertura dei termini per la rivalutazione dei beni e delle aree edificabili delle imprese.
La Finanziaria 2006, legge 23 dicembre 2005, n. 266 dispone, all’art. 1 commi 469-476, la riapertura dei termini per la rivalutazione dei beni d’impresa, prevista dalla legge 342/2000 ed una rivalutazione specifica delle aree fabbricabili, anche di risulta, destinate ad essere edificate entro i cinque anni successivi.
Tenuto conto dell’importanza che riveste questa misura, in termini, sia di stimolo a nuovi e incisivi interventi di riqualificazione urbana (spesso ostacolati dal prelievo fiscale connesso alle plusvalenze realizzate all’atto di immissione degli immobili nel ciclo produttivo), sia di adeguamento dei valori patrimoniali dei bilanci delle imprese (anche in vista dell’entrata dei nuovi criteri di rating previsti da Basilea 2), si ritiene utile fornire una prima illustrazione delle disposizioni agevolative, in attesa dell’emanazione dei chiarimenti ministeriali.
A tal fine, si ritiene comunque opportuno richiamare alcune delle precisazioni fornite dall’Amministrazione Finanziaria in occasione delle precedenti norme di rivalutazione, tenuto conto che le disposizioni attualmente in vigore rinviano, in quanto compatibili, alle previsioni normative della legge 342/2000, nonchè (art.1, comma 476) ai decreti ministeriali attuativi, D.M. 13 aprile 2001, n.162 e D.M. 19 aprile 2002, n.86 (quest’ultimo emanato in occasione della riapertura dei termini disposta dalla legge 448/2001).

Indice
1. Rivalutazione generale dei beni d’impresa
1.1 Soggetti ammessi
1.2 Beni rivalutabili e condizioni di applicabilità
1.3 Imposta sostitutiva: aliquote e versamento
1.4 Decorrenza degli effetti fiscali
1.5 Aspetti contabili: il saldo attivo
1.5.1 L’affrancamento del saldo attivo
2. Rivalutazione specifica delle aree edificabili e di risulta
2.1 Aree rivalutabili e modalità applicative
2.1.1 Condizione di applicabilità
2.2 Imposta sostitutiva: aliquota e versamento
2.3 Decorrenza degli effetti fiscali e principali questioni applicative

1. Rivalutazione generale dei beni d’impresa
L’art. 1, comma 469, prevede che la rivalutazione dei beni d’impresa, di cui alla Sezione II, del Capo I, della legge 342/2000, si applichi ai beni risultanti dal bilancio relativo all’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2004.
Vengono, così, riaperti i termini per effettuare, in via facoltativa, la rivalutazione dei beni d’impresa prevista dalla legge 342/2000 (già precedentemente oggetto di proroghe e di riaperture dei termini), con il versamento di un’imposta sostitutiva delle imposte sul reddito e dell’IRAP.
L’attuale rivalutazione generale presenta alcune rilevanti differenze rispetto alla precedente, relative:
– alle aliquote dell’imposta sostitutiva, attualmente pari al 6% per i beni non ammortizzabili ed al 12% per quelli ammortizzabili e fissate, invece, dalla legge 342/2000 rispettivamente al 15% ed al 19%. La misura ridotta del regime sostitutivo ora applicabile, rispetto a quello precedente, contribuisce sicuramente a rendere più vantaggiosa l’attuale rivalutazione;
– alla decorrenza degli effetti fiscali della rivalutazione che, nella legge Finanziaria di quest’anno, è spostata al terzo esercizio successivo a quello con riferimento al quale la stessa è effettuata (in sostanza dal 2008). A differenza di quanto detto per le aliquote dell’imposta sostitutiva, sotto questo profilo, l’attuale facoltà appare molto meno vantaggiosa, in quanto la legge 342/2000 attribuiva efficacia fiscale immediata alla rivalutazione.

1.1 Soggetti ammessi
La norma non esplicita quali siano i soggetti ammessi alla rivalutazione. Tuttavia, il richiamo alla legge 342/2000 si ritiene idoneo a confermare l’ambito soggettivo dell’agevolazione già da quest’ultima delineato nella precedente disposizione di rivalutazione (in particolare, dagli artt.10 e 15, della stessa legge 342/2000).
Tenuto conto di ciò e di quanto precisato sul punto dall’Amministrazione Finanziaria con la Circolare n. 207/E/2000, sono ammessi anche all’attuale rivalutazione i seguenti soggetti, a prescindere dal regime contabile adottato (ordinario o semplificato):
– società di capitali (società per azioni, società in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata);
– società di persone (società in nome collettivo e società in accomandita semplice) e società ad esse equiparate ai sensi dell’art. 5 del TUIR-DPR 917/1986;
– enti pubblici e privati diversi dalle società, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali e soggetti equiparati;
– enti pubblici e privati diversi dalle società, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali, per i beni relativi all’attività commerciale esercitata;
– persone fisiche che svolgono attività produttiva di reddito d’impresa (ai sensi dell’art. 55 del TUIR-DPR 917/1986), per i beni relativi all’attività commerciale esercitata;
– società ed enti di ogni tipo nonchè persone fisiche non residenti, relativamente alle stabili organizzazioni situate nel territorio stesso.
Diversamente, risultano esclusi i soggetti che determinano il reddito su base forfetaria e le società semplici (C.M. 5/E/2001).

1.2 Beni rivalutabili e condizioni di applicabilità
Tenuto conto dell’ambito oggettivo della precedente norma agevolativa, si può affermare che anche l’attuale rivalutazione generale sia ammessa per tutti i beni materiali ed immateriali relativi all’impresa, purché iscritti tra le immobilizzazioni nel bilancio relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2004.
In quest’ambito, l’unica differenza riguarda l’attuale esclusione dalla rivalutazione generale delle aree edificabili, ammesse comunque alla specifica rivalutazione con aliquota del 19%, più avanti illustrata.
Sono ammessi, quindi, alla rivalutazione generale:
– i fabbricati strumentali (es. opifici), iscritti in bilancio tra le immobilizzazioni materiali (non destinati alla vendita);
– i fabbricati non strumentali (es. case di abitazione), iscritti in bilancio tra le immobilizzazioni materiali (non destinati alla vendita);
– gli impianti, i macchinari, le attrezzature industriali (immobilizzazioni materiali);
– le immobilizzazioni immateriali, costituite da beni consistenti in diritti giuridicamente tutelati (es. marchi e brevetti, diritti di concessione, etc.);
– le partecipazioni in società controllate o collegate (ai sensi dell’art. 2359 Codice Civile), sempre che costituiscano immobilizzazioni.
Anche un’impresa che svolge attività di gestione immobiliare può rivalutare i fabbricati dalla stessa posseduti e concessi in locazione, purché iscritti in bilancio tra le immobilizzazioni (C.M. 5/E/2001).
Inoltre, possono essere oggetto di rivalutazione anche i beni già completamente ammortizzati (art. 2, commi 1 e 3, D.M. 162/2001).
Non possono invece, in generale, essere rivalutati:
– i beni merce (ossia i beni alla cui produzione o scambio è diretta l’attività, per esempio il magazzino delle imprese edili);
– l’avviamento, i costi pluriennali, i beni monetari (es. crediti, obbligazioni etc.);
– le aree fabbricabili non ancora edificate, o risultanti tali a seguito della demolizione degli edifici esistenti, sia se iscritte tra le immobilizzazioni, sia costituenti beni merce (ossia destinate alla vendita), in quanto ammesse alla specifica rivalutazione più avanti illustrata.
La rivalutazione deve avvenire nel bilancio, o rendiconto, relativo all’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2004, per il quale il termine di approvazione scade dopo il 1° gennaio 2006 (data di entrata in vigore della legge 266/2005 – finanziaria 2006). In sostanza, in caso di esercizio coincidente con l’anno solare, la stessa deve essere eseguita nel bilancio relativo all’esercizio 2005 (da approvare entro aprile 2006 o, in caso di proroga, entro giugno 2006).
Queste, inoltre, le condizioni di applicabilità dell’agevolazione che sono state esplicitate dal D.M. 162/2001 e che, si ritiene, devono essere rispettate anche con riferimento all’attuale rivalutazione:
– i beni rivalutabili devono risultare iscritti tra le immobilizzazioni nel bilancio relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2004 ed in quello successivo, nel quale la rivalutazione è eseguita (art. 2, D.M. 162/2001);
– la rivalutazione non può essere eseguita per singoli cespiti, ma deve riguardare tutti i beni appartenenti alla stessa categoria omogenea (art.4, D.M. 162/2001). A tal fine, per categorie omogenee si intendono:
– azioni o quote raggruppate per natura;
– beni materiali ammortizzabili, diversi dagli immobili e dai beni mobili registrati, raggruppati per anno di acquisizione e coefficiente di ammortamento (ai sensi del D.M. 31 dicembre 1988);
– beni immateriali singolarmente;
– beni mobili registrati, distinti in aeromobili, veicoli, navi ed imbarcazioni;
– beni immobili, distinti in:
–  aree non edificabili;
– fabbricati non strumentali;
– fabbricati strumentali per destinazione (ossia effettivamente utilizzati nell’esercizio dell’attività, ai sensi dell’art. 43, comma 2, primo periodo, del TUIR-DPR 917/1986);
– fabbricati strumentali per natura (ossia quelli non suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni, ai sensi dell’art. 43, comma 2, secondo periodo del TUIR – DPR 917/1986). Si tratta, in sostanza, dei fabbricati classificati nelle categoria catastale A/10 – uffici e studi privati o nei gruppi B – unità immobiliari per uso di alloggio collettivo, C – unità a destinazione ordinaria commerciale e varie, D – immobili a destinazione speciale (es. opifici e fabbricati industriali) ed E – immobili a destinazione particolare.
In tal ambito, è stato precisato (C.M. 57/E/2001) che un bene strumentale per natura, che sia anche impiegato nello svolgimento dell’attività da parte dell’impresa proprietaria (cioè che sia strumentale anche per destinazione, es. un ufficio di fatto utilizzato come tale dall’impresa) deve essere raggruppato nella categoria dei fabbricati strumentali per destinazione.
I requisiti di appartenenza alle categorie omogenee vanno verificati alla data della chiusura del bilancio nel quale la rivalutazione è stata eseguita (C.M. 57/E/2001), quindi, in caso di esercizio coincidente con l’anno solare, al 31 dicembre 2005 (ferma restando comunque la collocazione tra le immobilizzazioni nel bilancio relativo all’esercizio 2004).
Nel caso in cui dovessero essere oggetto di rivalutazione, non tutti, ma solo alcuni dei beni appartenenti alla stessa categoria omogenea, vengono disconosciuti gli effetti fiscali della rivalutazione (C.M. 57/E/2001).
– il valore attribuito ai singoli beni, a seguito della rivalutazione, non può risultare in nessun caso superiore (art. 11, comma 2, legge 342/2000 e art. 6, D.M. 162/2001) al:
– valore realizzabile nel mercato, tenuto conto dei prezzi di mercato e delle quotazioni di borsa;
– maggior valore che può essere fondatamente attribuito in base alla valutazione della capacità produttiva;
– maggior valore che può essere fondatamente attribuito in base alla valutazione della possibilità di utilizzazione economica nell’impresa.
Deve, inoltre, essere utilizzato un unico criterio (tra quelli appena elencati) per i beni appartenenti alla stessa categoria omogenea (art. 4, comma 8, D.M. 162/2001).

1.3 Imposta sostitutiva: aliquote e versamento
Circa il costo della rivalutazione generale, il comma 471 prevede il pagamento di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi (IRES/IRPEF) e dell’IRAP, da applicare sul maggior valore attribuito ai beni, con aliquota pari al:
– 6% per i beni non ammortizzabili;
– 12% per i beni ammortizzabili.
L’imposta sostitutiva deve necessariamente essere versata in un’unica soluzione, entro il termine di versamento del saldo delle imposte sul reddito relative al periodo d’imposta in cui la rivalutazione è eseguita (per la maggior parte dei soggetti, quindi, entro il 20 giugno 2006).
Da evidenziare che, nell’ambito della precedente rivalutazione, l’art.12 della legge 342/2000 ha previsto che l’imposta sostitutiva da versare può essere oggetto di compensazione, ai sensi del D.Lgs. 241/1997, ed è indeducibile. La norma attuale (comma 471) non dispone niente al riguardo, limitandosi a definire la misura delle aliquote e la scadenza per il versamento della medesima imposta. Tuttavia, anche per questa rivalutazione, dovrebbero trovare applicazione le citate disposizioni dell’art. 12 della legge 342/2000.

1.4 Decorrenza degli effetti fiscali
Per espressa previsione normativa (art. 1, comma 470), gli effetti fiscali delle rivalutazione generale, ai fini delle imposte sul reddito (IRES/IRPEF) e dell’IRAP, decorrono dal terzo periodo d’imposta successivo a quello con riferimento al quale la medesima è eseguita (in sostanza dal 2008, in caso di esercizio coincidente con l’anno solare).
Ciò implica che, sia gli ammortamenti, sia le plusvalenze (o minusvalenze) realizzate con l’eventuale vendita dei cespiti, potranno essere calcolati sul valore rivalutato degli stessi solo a decorrere dal 2008.
Nell’ipotesi di cessione dei beni prima di tale data, le relative plusvalenze devono essere calcolate tenendo conto del costo degli stessi prima della rivalutazione e, in questo caso, dovrebbe trovare applicazione l’art. 3, comma 3, del D.M. 86/2002 che, riguardo alle precedenti norme agevolative (L.  448/2001), ha stabilito che, al soggetto che ha eseguito la rivalutazione, è attribuito un credito d’imposta (ai fini delle imposte sul reddito) pari all’ammontare dell’imposta sostitutiva pagata (ora 6% o 12%) riferibile ai beni ceduti.

1.5 Aspetti contabili: il saldo attivo
Contabilmente, l’operazione di rivalutazione dà luogo ad un saldo attivo, costituito dall’importo iscritto nel passivo del bilancio come contropartita dei maggiori valori attribuiti ai beni che, al netto dell’imposta sostitutiva, deve essere imputato al capitale o accantonato in un’apposita riserva, con esclusione di ogni diversa utilizzazione (art. 13, comma 1, legge 342/2000).
Nel caso in cui il saldo attivo venga attribuito ai soci (mediante riduzione della riserva o del capitale sociale o del fondo), lo stesso, aumentato dell’imposta sostitutiva, concorre a formare il reddito imponibile della società che ha eseguito la rivalutazione (art. 13, comma 3, legge 342/2000). In tal caso, alla medesima società spetta un credito d’imposta, ai fini delle imposte sui redditi, pari all’ammontare dell’imposta sostitutiva pagata (6% o 12%).
Il medesimo importo distribuito, inoltre, verrà tassato, ai fini delle imposte sul reddito, in capo ai soci, quale utile percepito dagli stessi (quindi, per un ammontare pari al 5% se il socio è un soggetto IRES, ovvero per il 40% del relativo ammontare, se il percettore è un soggetto IRPEF esercente attività commerciale. Per i soci non esercenti attività commerciale, la tassazione avverrà sul 40% dell’ammontare percepito se la partecipazione alla società è qualificata, o sul 100%, ma con l’aliquota del 12,50%, in caso di partecipazione non qualificata).
In occasione della precedente riapertura dei termini della rivalutazione, prevista dalla legge 448/2001 (che spostava gli effetti fiscali della stessa al secondo periodo d’imposta successivo), nonchè dal relativo Decreto Ministeriale di attuazione 86/2002, l’Agenzia delle Entrate ha affrontato, tra l’altro, le conseguenze relative:
(a) all’utilizzo della riserva prima della decorrenza fiscale della rivalutazione.
Al riguardo, l’art. 4, comma 3, del D.M. 86/2002 ha previsto che, in caso di distribuzione del saldo ai soci prima della decorrenza fiscale della rivalutazione, lo stesso concorre alla determinazione della base imponibile della società e, in deroga al principio di differimento degli effetti fiscali, il maggior valore attribuito ai beni a seguito della rivalutazione viene riconosciuto fiscalmente a decorrere dalla medesima data.
In sostanza, in tal caso, l’attribuzione ai soci del saldo attivo, concorrendo al reddito imponibile della società, “libera” i maggior valori iscritti sui beni rivalutati, per cui questi ultimi sono riconosciuti fiscalmente a partire dall’inizio del periodo d’imposta nel quale il saldo attivo distribuito ha concorso al reddito (C.M. 57/E/2002, par. 3.6 e 3.7). Nell’ipotesi di distribuzione parziale della riserva, il riconoscimento fiscale dei maggior valori opera sino a concorrenza degli importi attribuiti ai soci ed il contribuente dovrà indicare i beni per i quali opera tale riconoscimento.
Diversamente, in caso di utilizzo del saldo a copertura di perdite anche prima della decorrenza degli effetti fiscali della rivalutazione, lo stesso non concorre alla determinazione del reddito imponibile della società, per cui non si verifica l’anticipazione del riconoscimento fiscale dei maggiori valori attribuiti ai beni (C.M. 57/E/2002, par. 3.7);
(b) alla cessione del bene rivalutato effettuata nel periodo di “sospensione” dell’efficacia tributaria della rivalutazione e gli effetti che si producono sul saldo attivo.
In questo caso, la plusvalenza (o minusvalenza) che si determina a seguito della vendita del bene deve essere determinata avuto riguardo al costo dello stesso prima della rivalutazione e spetta alla società un credito d’imposta pari all’ammontare dell’imposta sostitutiva pagata per la rivalutazione. Contestualmente, la parte di riserva di rivalutazione riferibile al bene ceduto viene “liberata” fiscalmente, per cui nel caso in cui sia attribuita ai soci non concorre alla formazione del reddito imponibile della società (C.M. 9/E/2002).
Su tali questioni, si attendono comunque i necessari chiarimenti ministeriali, volti a precisare l’applicabilità di tali disposizioni anche all’attuale rivalutazione.

1.5.1 L’affrancamento del saldo attivo
L’art. 1, comma 472, prevede la possibilità di affrancamento, in tutto o in parte, del saldo attivo che si genera a seguito della rivalutazione generale, mediante il pagamento di un’imposta sostitutiva delle imposte sul reddito e dell’IRAP, pari al 7%.
Con l’affrancamento del saldo attivo, la società ha la facoltà di “liberare” fiscalmente la riserva che si genera a seguito della rivalutazione, evitando così che tale ammontare, se distribuito, concorra nei modi ordinari alla determinazione del proprio reddito imponibile da assoggettare all’aliquota IRES del 33%, o all’aliquota marginale IRPEF.
A seguito dell’affrancamento, infatti, l’attribuzione ai soci del saldo attivo non genera più materia imponibile per la società, alla quale non spetta comunque il credito d’imposta pari all’imposta sostitutiva versata per la rivalutazione (6% o 12%). Resta ferma, in ogni caso, la tassazione in capo ai soci della relativa attribuzione del saldo attivo, quale utile percepito.
L’imposta sostitutiva del 7% deve essere obbligatoriamente versata in tre rate annuali, senza interessi, entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi, rispettivamente secondo i seguenti importi:
– 10% nel 2006,
– 45% nel 2007,
– 45% nel 2008.
Circa le modalità applicative, il citato comma 472 della legge 266/2005 fa rinvio, in quanto compatibili, alle disposizioni di cui all’art. 1, commi 475, 477 e 478, della legge 311/2004 (Finanziaria 2005), che ha previsto la possibilità di affrancamento di alcune riserve in sospensione d’imposta, tra cui anche il saldo attivo relativo alla rivalutazione disciplinata dalla legge 342/2000.
Tale rinvio normativo dovrebbe rendere applicabili, anche all’attuale affrancamento, i chiarimenti forniti dall’Amministrazione finanziaria con la Circolare 33/E/2005, tra i quali quelli relativi all’efficacia fiscale dello stesso. In tal ambito, è stato precisato (par. 4.2 della citata Circolare ministeriale 33/E/2005) che l’affrancamento produce effetti fiscali dall’inizio del periodo d’imposta in cui viene effettuato e con riferimento alla distribuzione dei saldi attivi eseguita anche prima del versamento dell’imposta sostitutiva.
In base agli attuali termini, ciò dovrebbe implicare la possibilità di distribuire le riserve da rivalutazione già a partire dal 1° gennaio 2006, versando l’imposta sostitutiva (per il 10%) entro il 20 giugno 2006, in caso di esercizio coincidente con l’anno solare.
Tenuto conto, però, che nella precedente norma di affrancamento l’imposta sostitutiva doveva essere versata in un’unica soluzione, è necessario che l’Amministrazione finanziaria confermi l’applicabilità dei suddetti chiarimenti, considerato che la norma attuale impone, invece, il pagamento rateale dell’imposta sostitutiva del 7%.
Ulteriori chiarimenti ministeriali sono attesi in merito agli effetti che l’affrancamento del saldo attivo produce sulla decorrenza dell’efficacia fiscale della rivalutazione, tenuto conto che, come visto in precedenza, la distribuzione del saldo, con la conseguente ordinaria imposizione fiscale dello stesso, potrebbe comportare un’anticipazione del riconoscimento tributario dei maggiori valori attribuiti ai beni a seguito della rivalutazione.
In assenza di disposizioni normative specifiche e in attesa delle precisazioni amministrative, si ritiene che affrancamento e rivalutazione abbiano una differente efficacia fiscale, per cui risulterebbe possibile distribuire le riserve affrancate senza che i relativi importi siano assoggettati a tassazione per la società già dal 2006, mentre rimarrebbe comunque ferma l’efficacia fiscale della rivalutazione a decorrere dal 2008.
Sul punto tuttavia sono necessari specifici chiarimenti ministeriali, tenuto conto anche del fatto che, per la prima volta, la stessa disposizione normativa prevede contestualmente, sia la possibilità di rivalutare i beni d’impresa, sia la facoltà di procedere all’affrancamento dei saldi attivi che si generano a seguito della stessa.

2. Rivalutazione specifica delle aree edificabili e di risulta
L’art. 1, commi 473-476, della legge 266/2005, prevede una specifica rivalutazione delle aree edificabili, ancorché di risulta, iscritte, sia tra le immobilizzazioni che tra i “beni merce”, nel bilancio relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2004, a condizione che le stesse siano utilizzate in senso edificatorio entro i cinque anni successivi.
Rispetto alla rivalutazione generale dei beni d’impresa, quella specifica delle aree edificabili presenta alcune rilevanti differenze relative a:
– beni rivalutabili;
– condizione di applicabilità;
– aliquota dell’imposta sostitutiva (in questo caso pari al 19%) e modalità di versamento;
– decorrenza fiscale.
Resta fermo, invece, tra l’altro, quanto già detto con riferimento ai soggetti ammessi alla rivalutazione, tenuto conto che il citato comma 473 fa esplicito riferimento, in quanto compatibili, alle disposizioni di cui agli articoli 10-15 della legge 342/2000 ed il comma 476 rinvia, anche per questa rivalutazione, ai decreti ministeriali attuativi 162/2001 e 86/2002.
Risultano, quindi, ammessi anche a questa rivalutazione tutti i titolari di reddito d’impresa, a prescindere dalla forma giuridica assunta (sempre con l’eccezione delle società semplici) e dal regime contabile adottato (ordinario o semplificato).

2.1 Aree rivalutabili e modalità applicative
Possono essere oggetto di questa specifica rivalutazione «le aree fabbricabili non ancora edificate, o risultanti tali a seguito della demolizione degli edifici esistenti, incluse quelle alla cui produzione o scambio è diretta l’attività d’impresa» (comma 473).
Tali beni devono risultare dal bilancio relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2004 o, per i soggetti in contabilità semplificata, dal registro cespiti e dai registri tenuti ai fini dell’IVA (di cui, rispettivamente, agli artt.16 e 18, del D.P.R. 600/1973) e, come per quella generale, la rivalutazione va eseguita nel bilancio successivo (quindi, per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare, nel bilancio relativo all’esercizio 2005).
Nell’attesa di specifici chiarimenti ministeriali circa l’individuazione della data in cui l’area fabbricabile deve risultare “non ancora edificata”, o in cui deve essere avvenuta l’eventuale demolizione del fabbricato esistente, si segnala che la Relazione generale di accompagnamento al provvedimento, durante la relativa discussione al Senato (3613 A/S), afferma che “l’area non deve essere edificata alla data in cui si chiude l’esercizio nel cui bilancio viene effettuata la rivalutazione, tuttavia si considera tale anche quella, edificata a tale ultima data, per cui si provvede a demolire gli edifici esistenti entro il termine per l’approvazione del bilancio” (ossia, nella generalità dei casi, entro aprile 2006 o, in caso di proroga, entro giugno 2006).
Tenuto conto di ciò e di quanto espresso a livello normativo dal citato comma 473, dovrebbero essere ammesse a questa specifica rivalutazione le seguenti aree, risultanti dal bilancio relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2004:
– aree fabbricabili, non ancora edificate alla data di chiusura del bilancio in cui la rivalutazione è eseguita (ossia, per la generalità dei casi, al 31 dicembre 2005), iscritte tra le immobilizzazioni;
– aree edificabili, non ancora edificate alla data di chiusura del bilancio in cui la rivalutazione è eseguita (ossia, per la generalità dei casi, al 31 dicembre 2005), iscritte tra i beni merce;
– aree su cui insiste un fabbricato da demolire, iscritto tra le immobilizzazioni, purché la demolizione avvenga entro il termine di approvazione del bilancio 2005 (ossia entro aprile 2006 o, in caso di proroga, entro giugno 2006);
– aree su cui insiste un fabbricato da demolire, iscritto tra i beni merce, purché la demolizione avvenga entro il termine di approvazione del bilancio 2005 (ossia entro aprile 2006 o, in caso di proroga, entro giugno 2006).
Sul punto, si attendono comunque i necessari chiarimenti ministeriali.
In ogni caso, anche per questa fattispecie, la norma prevede l’obbligo di procedere alla rivalutazione di tutte le aree appartenenti alla stessa categoria omogenea. A tal fine, le categorie omogenee sono individuate in funzione della destinazione urbanistica dei medesimi terreni (comma 473).
Dovrebbe trovare, quindi, applicazione quanto stabilito al riguardo dal Decreto Ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, che individua (all’art. 2) le seguenti zone territoriali omogenee:
– Zona A: parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestono carattere storico-artistico;
– Zona B: parti del territorio, diverse dalle precedenti, totalmente o parzialmente edificate (con superficie coperta non inferiore al 12,5% della superficie fondiaria della zona e nelle quali la densità territoriale sia superiore a 1,5 mc/mq);
– Zona C: parti del territorio destinate a nuovi complessi insediativi, che risultino inedificate, o nelle quali l’edificazione preesistente non raggiunga i limiti di superficie e densità della zona B;
– Zona D: parti del territorio destinate a nuovi impianti industriali o ad essi assimilati;
– Zona E: parti del territorio destinate ad usi agricoli;
– Zona F: parti del territorio destinate ad attrezzature e impianti di interesse generale.
Contabilmente, anche la rivalutazione delle aree dà luogo ad un saldo attivo, costituito dall’importo iscritto nel passivo del bilancio come contropartita dei maggiori valori alle stesse attribuiti che, al netto dell’imposta sostitutiva (pari in questo caso al 19%), deve essere imputato al capitale o accantonato in un’apposita riserva, con esclusione di ogni diversa utilizzazione (art. 13, comma 1, legge 342/2000).
Da segnalare che, in questo caso, il saldo attivo non può essere oggetto di affrancamento, per cui quando attribuito ai soci (mediante riduzione della riserva o del capitale sociale o del fondo), lo stesso, aumentato dell’imposta sostitutiva, concorre comunque a formare il reddito imponibile della società che ha eseguito la rivalutazione, alla quale spetta il credito d’imposta, ai fini delle imposte sui redditi, pari all’ammontare dell’imposta sostitutiva pagata (19%). Allo stesso modo, il medesimo importo distribuito è tassato in capo ai soci, come utile percepito.

2.1.1 Condizione di applicabilità
Rispetto alla rivalutazione generale dei beni d’impresa, quella riguardante le aree edificabili è subordinata ad una specifica condizione, prevista dal comma 474 del medesimo art.1, della legge Finanziaria 2006 (legge 266/2005).
In tal caso, infatti, la rivalutazione è ammessa a condizione che, nei cinque anni successivi alla stessa, avvenga l’utilizzazione edificatoria dell’area rivalutata.
In caso contrario, si decade dal beneficio e l’acquirente diviene solidalmente responsabile per il pagamento della maggiore imposta dovuta dal cedente (in particolare, è stabilito che trovano applicazione le disposizioni di cui all’art. 34, comma 3, del D.P.R. 602/1973).
Circa il soggetto che deve provvedere all’utilizzazione edificatoria dell’area, la norma non dispone niente al riguardo. Tuttavia, proprio il citato principio di solidarietà “fiscale” a carico dell’acquirente, in caso di mancata soddisfazione della condizione entro i termini normativi, porta a ritenere che comunque la cessione dell’area possa avvenire anche prima della sua utilizzazione edificatoria, purché a questa provveda l’acquirente entro i cinque anni successivi alla rivalutazione effettuata dal venditore. Solo in questo senso, infatti, si ritiene giustificabile la previsione della solidarietà dell’acquirente per le maggiori imposte dovute dal venditore.
Sempre il comma 474 prevede, poi, che i termini di accertamento (fissati dall’art. 43 del D.P.R. 600/1973 al 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione o, in caso di omissione, dal quinto anno successivo a quello in cui la stessa doveva essere presentata) decorrano dalla data di utilizzazione edificatoria dell’area.
Riguardo al momento in cui si deve intendere verificata tale condizione, si rinvia al paragrafo 2.3 del presente documento, nella parte relative alle questioni applicative della rivalutazione.

2.2 Imposta sostitutiva: aliquota e versamento
Come detto, ulteriore differenza rispetto alla rivalutazione generale dei beni d’impresa è costituita dall’aliquota dell’imposta sostitutiva, nonchè dalle modalità di versamento della stessa.
Ai sensi del comma 475, infatti, la facoltà di rivalutare le aree edificabili è subordinata al versamento di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP, pari al 19% del maggior valore alle stesse attribuito, da versare obbligatoriamente in tre rate annuali, senza interessi, entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi, rispettivamente secondo i seguenti importi:
– 40% nel 2006,
– 35% nel 2007,
– 25% nel 2008.
Anche in questa ipotesi, dovrebbe trovare applicazione l’art. 12 della legge 342/2000 che prevede l’indeducibilità dell’imposta sostitutiva e la sua compensabilità ai sensi del D.Lgs. 241/1997.

2.3 Decorrenza degli effetti fiscali e principali questioni applicative
Per quanto riguarda la decorrenza degli effetti fiscali della rivalutazione delle aree, la legge non appare chiara al riguardo.
Tuttavia, si deve ritenere che la stessa produca i propri effetti tributari a decorrere dall’esercizio successivo a quello con riferimento al quale la stessa è eseguita (in sostanza dal 2006).
Ciò è direttamente desumibile dall’assenza di un’espressa previsione normativa al riguardo (invece stabilita esplicitamente per la rivalutazione generale dei beni d’impresa), nonchè dal richiamo espresso (comma 473), tra gli altri, all’art. 12 della legge 342/2000 che prevede l’efficacia fiscale immediata della rivalutazione.
Ciò implica, in sostanza, che:
– il maggior valore attribuito alle aree in sede di rivalutazione è riconosciuto nel bilancio dell’esercizio 2005;
– gli effetti fiscali della rivalutazione trovano immediata applicazione già nell’esercizio 2006, con la conseguenza che le stesse possano essere cedute al nuovo valore così rideterminato a partire dal 1° gennaio 2006 (in caso di esercizio coincidente con l’anno solare).
In ogni caso, l’ANCE ha già intrapreso le più opportune iniziative presso le competenti sedi, affinchè tale orientamento trovi conferma ufficiale da parte dell’Amministrazione Finanziaria.
A tal fine, si segnala che, durante la discussione parlamentare del provvedimento, è stato accettato dal Governo un Ordine del Giorno, nel quale la stessa Camera dei Deputati, nell’impegnare l’Esecutivo a fornire determinati chiarimenti in materia di rivalutazione delle aree edificabili, precisa espressamente, tra le premesse, l’efficacia fiscale immediata di tale disposizione.
Nel medesimo Ordine del Giorno, inoltre, il Governo è stato chiamato ad affrontare anche altre questioni riguardanti il concetto di “area edificabile” ai fini della rivalutazione ed il momento in cui deve intendersi realizzata la condizione di utilizzazione edificatoria della stessa entro i cinque anni successivi.
In particolare, con l’accettazione dello stesso, l’Esecutivo si è impegnato ad adottare iniziative volte a:
– precisare che la condizione cui è subordinata la rivalutazione delle aree, consistente nell’utilizzazione edificatoria delle stesse entro i cinque anni successivi, si intenda realizzata con l’avvio dei lavori, senza che sia necessaria, a tal fine, l’ultimazione dell’intervento edilizio entro lo stesso termine;
– chiarire che non si verifica la decadenza dai benefici derivanti dalla rivalutazione, nell’ipotesi in cui sopraggiunga un impedimento di tipo procedurale e amministrativo che ostacoli l’utilizzazione dell’area entro i termini previsti dalla norma (ad esempio, ritardi nel rilascio del permesso di costruire o nell’approvazione del provvedimento urbanistico attuativo);
– precisare che per «area edificabile», ai fini della rivalutazione, debba intendersi quella risultante tale a seguito dell’approvazione dello strumento urbanistico generale (Piano Regolatore Generale), incidendo la presenza degli strumenti attuativi dello stesso solo sul valore rivalutabile dell’area.
Su queste questioni, si attendono ora i necessari chiarimenti ministeriali.


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