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18.09.2006 - tecnica

NORME SUL RISPARMIO ENERGETICO – PRIMI CHIARIMENTI DEL MINISTERO

NORME SUL RISPARMIO ENERGETICO – PRIMI CHIARIMENTI DEL MINISTERO NORME SUL RISPARMIO ENERGETICO – PRIMI CHIARIMENTI DEL MINISTERO

Con la circolare n. 8895 del 23/5/2006 il Ministero ha ritenuto opportuno chiarire e precisare le modalità applicative di alcune disposizioni del decreto di attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia.
La circolare si propone di aiutare gli operatori ed i soggetti interessati ad interpretare la norma emanata ai fini di un’ applicazione uniforme.  In essa vengono infatti sottolineati alcuni aspetti, che hanno portato a difformità di interpretazione, tra i quali le disposizioni previste nel regime transitorio e la certificazione energetica.
Nell’ambito del regime transitorio (Allegato I del d. lgs. 192/2005) per il calcolo della prestazione energetica degli edifici, il decreto prevede, per gli edifici di nuova costruzione e nel caso di ristrutturazione integrale di edifici esistenti di superficie utile superiore a 1000 m2, demolizione e ricostruzione, in manutenzione straordinaria, di edifici esistenti di superficie utile superiore a 1000 m2 ed ampliamento (tale che risulti volumetricamente superiore al 20% dell’edificio esistente), la possibilità di adottare due modalità di verifica alternative basate sul calcolo del fabbisogno annuo di energia primaria e quello del calcolo della trasmittanza termica degli elementi costituenti l’edificio unitamente al rendimento energetico globale medio stagionale.
Nel decreto è anche evidenziato che, se si rispettano i limiti di trasmittanza termica e si garantisce un rendimento medio stagionale dell’impianto termico, il calcolo dettagliato del fabbisogno può essere omesso, attribuendo all’edificio, o porzione interessata, in termini di fabbisogno di energia primaria, il valore massimo ammesso dalla norma.
A tale proposito, la Circolare chiarisce che la verifica del fabbisogno di energia primaria per la climatizzazione invernale non deve essere accompagnata dalle verifiche della trasmittanza termica previste ai commi 6, 7 e 8 dell’Allegato I, che rappresentano, per tutte le categorie di edifici, una opzione alternativa da applicare in specifici casi di limitata entità.
La Circolare inoltre precisa che la determinazione del fabbisogno annuo di energia primaria per la climatizzazione invernale e la verifica che lo stesso risulti inferiore ai valori riportati nella tabella 1, punto 1, dell’allegato C, è la scelta progettuale ottimale.
È comunque lasciata al progettista ampia libertà di scelta, tra tutte le possibili soluzioni realizzative, per il raggiungimento delle prestazioni energetiche minime da raggiungere.
Un altro fondamentale chiarimento, fornito dalla circolare, riguarda l’applicazione della norma agli edifici adibiti ad attività industriali, artigianali ed assimilabili, precisando che tali edifici sono esentati dall’obbligo di rispetto dei limiti delle trasmittanze termiche in caso di intervento parziale.
È inoltre previsto che per tale tipologia di edifici venga adottato il metodo del fabbisogno annuo di energia primaria e, in alternativa a questo, possa essere applicato volontariamente il metodo delle trasmittanze termiche.
Per ciò che riguarda la certificazione energetica degli edifici è prevista una graduale applicazione: obbligatoria per i nuovi edifici e per le ristrutturazioni complete di edifici di notevole dimensione, e volontaria in tutti gli altri casi. Il decreto infatti intende promuovere una certificazione energetica su base volontaria, da realizzare attraverso metodi semplificati a basso costo che saranno definiti nelle Linee guida nazionali in corso di predisposizione. Finché non verranno emanati i suddetti provvedimenti, inerenti la certificazione energetica degli edifici, la norma per tale aspetto non sarà pienamente applicabile ed esecutiva, in quanto non compiutamente definita dal decreto legislativo 192/05 nè da altra legislazione vigente.
Tuttavia nel momento in cui le regioni e le province autonome adotteranno delle proprie norme attuative su tale tematica, per la clausola di cedevolezza si applicherà quanto da esse previsto.
Per quanto concerne gli altri aspetti è opportuno evidenziare come, nel caso di ristrutturazioni totali su edifici esistenti con superficie utile inferiore o uguale a 1000 m2, o ristrutturazioni parziali e manutenzione straordinaria dell’involucro edilizio, l’applicazione del decreto sia facoltativa. Pertanto si deve porre attenzione anche al risparmio energetico, che si può conseguire rispettando degli specifici parametri ricadenti nel metodo delle trasmittanze termiche.
Considerando inoltre che lo spirito della norma è quello di imporre una corretta progettazione e realizzazione delle nuove opere, senza tuttavia aggravare gli operatori ed i cittadini, costringendoli a rimettere mano a cose già completate o in corso di completamento, e che per edifici di nuova costruzione si intende un edificio per il quale la richiesta di permesso di costruire o denuncia di inizio attività, comunque denominato, sia stata presentata successivamente alla data di entrata in vigore del Decreto (8 ottobre 2005), una sostanziale variante in corso d’opera può essere considerata una ristrutturazione, totale o parziale, o un intervento di manutenzione straordinaria su un edificio esistente. In tal caso la relazione tecnica dovrà essere coerente con le nuove norme, ma solo relativamente a quanto sostanzialmente modificato.
Si pubblica di seguito il testo della circolare ministeriale di commento.

MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO – Direzione Generale per l’energia e le risorse minerarie

Oggetto: Chiarimenti e precisazioni riguardanti le modalità applicative del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, di attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia

Premessa
Il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, pubblicato nel Supplemento ordinario n. 158/L alla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 222, del 23 settembre 2005 (nel seguito il decreto legislativo n. 192/05), ha introdotto modifiche al preesistente quadro legislativo concernente le prestazioni energetiche degli edifici e degli impianti termici.
A seguito di segnalazioni ricevute da parte degli operatori interessati e dalle associazioni degli utenti, affinché possa essere data un’applicazione uniforme delle norme, la Direzione Generale per l’energia e le risorse minerarie ritiene opportuno chiarire e precisare, con la presente circolare, le modalità applicative di alcune disposizioni del decreto legislativo n. 192/05.
Per quanto concerne il suo valore giuridico, la presente circolare non può, né intende, dare un’interpretazione autentica delle norme, interpretazione che spetta al legislatore. Né la circolare intende modificare e integrare le norme emanate.
Piuttosto, la circolare ha un intento esplicativo e si propone di aiutare gli operatori e i soggetti interessati ad interpretare le nonne emanate ai fini della loro applicazione, senza peraltro vincolare altre amministrazioni che, nell’ambito delle proprie responsabilità, possono avvalersi o meno di quanto qui di seguito esposto.

Finalità del decreto legislativo n. 192/05
Il decreto legislativo come si evince dagli atti parlamentari ha, tra gli altri, obiettivi di:
a) miglioramento dell’efficienza energetica e riduzione delle emissioni inquinanti dei settore civile (residenziale e terziario) che assorbe oltre il 30% dell’energia utilizzata dal Paese, orientando le modalità costruttive verso soluzioni più efficienti sotto il profilo dei costi, caratterizzate da un più elevato risparmio di energia nell’esercizio degli edifici e degli impianti in essi installati o ad essi associati;
b) minimizzazione ed equa distribuzione degli oneri a carico dei cittadini;
c) ricerca di un diverso ed equilibrato assetto dei compiti attribuiti dalla legislazione precedente alle amministrazioni locali;
d) maggiore competitività e sviluppo per le imprese nazionali interessate;
c) utilizzo, per gli obiettivi descritti nelle lettere precedenti, dei meccanismi di raccordo e cooperazione tra Stato, regioni, province autonome ed amministrazioni locali.
In sintesi il decreto legislativo n. 192/05:
a) fissa livelli di isolamento termico degli edifici più elevati rispetto a quelli previgenti, fissati nel 1986, da conseguire in sede di nuova costruzione o ristrutturazione e quindi a fronte di costi aggiuntivi molto contenuti rispetto al risparmio economico conseguibile dagli utenti;
b) promuove l’utilizzo di apparecchiature a maggior rendimento per gli impianti nuovi e ristrutturati nonché per le nuove caldaie installate in sostituzione delle precedenti, anche in questo caso con margini di risparmio economico elevati rispetto agli extra costi;
c) prevede una graduale applicazione della certificazione energetica degli edifici: obbligatoria per i nuovi edifici e per le ristrutturazioni complete di edifici di notevole dimensione, c volontaria in tutti gli altri casi;
d) riduce gli impegni correlati alle necessarie attività di accertamento ed ispezione da parte degli enti locali, fissando una diversa tempistica degli adempimenti a carico dei cittadini e consentendo uno snellimento delle procedure amministrative a cura degli enti locali;
e) favorisce una più estesa applicazione della normativa sul territorio e di conseguenza la crescita della domanda di manutenzione e l’efficienza complessiva del parco impianti termici nazionale;
f) finalizza e rende efficaci gli adempimenti ispettivi sugli impianti di riscaldamento da parte di comuni e province (attraverso un’adeguata selezione degli impianti cui, per motivi tecnici, è opportuno dedicare maggiore attenzione) anche nella prospettiva di un futuro ampliamento dei compiti degli enti locali alla verifica sugli impianti di climatizzazione estiva e alla certificazione energetica degli edifici:
g) individua responsabilità professionali in merito alla conformità al progetto delle opere realizzate, contribuendo a rendere più efficace il lavoro di accertamento e di ispezione a carico dei comuni.
Il decreto legislativo n. 192/05 aggiorna la legislazione in vigore, tenendo conto delle problematiche, delle difficoltà e dei casi di successo incontrati in questi anni di attuazione, dello sviluppo tecnologico e del mutato quadro dei costi di investimento ed esercizio concernenti gli aspetti energetici ed ambientali.
La legislazione italiana disciplina il contenimento dei consumi energetici negli edifici ed in particolare la progettazione, l’esercizio, la manutenzione e ispezione degli impianti termici dal 1976, con la legge n. 373 del 30 aprile, poi sostituita dalla legge 9 gennaio 1991 n. 10, e suoi provvedimenti attuativi.
In considerazione del valore e delle potenzialità della certificazione energetica degli edifici, il decreto legislativo n. 192/05 semplifica la preesistente normativa e modula nel tempo la sua applicazione, con l’obiettivo di rimuovere i possibili ostacoli e favorire la sensibilizzazione dei cittadini e degli operatori del mercato e l’apprezzamento da parte loro dell’attestato di “qualità energetica” degli edifici quale strumento di discernimento e valorizzazione sul mercato delle qualità energetiche degli edifici, di per sé non evidenti.
Il decreto legislativo n. 192/05 impone il rispetto di parametri e prescrizioni, oltre che nelle nuove costruzioni, anche nelle ristrutturazioni degli edifici esistenti, nel rifacimento degli impianti termici e nelle sostituzioni dei generatori di calore, modulando i vincoli e gli oneri in funzione dell’importanza degli interventi previsti. Tali disposizioni sono immediatamente esecutive.
Il decreto legislativo n. 192/05, individuando nella certificazione energetica degli edifici un mezzo per valorizzare economicamente, anche in sede di vendita o locazione, gli investimenti effettuati ai fini del risparmio energetico e della protezione dell’ambiente, intende promuovere una certificazione energetica su base volontaria, da realizzare attraverso metodi semplificati a basso costo che saranno definiti nelle Linee guida nazionali in corso di predisposizione.

Descrizione delle norme

Articolo 3 – Ambito di intervento
Le disposizioni previste da questo articolo si riferiscono alle nuove norme di progettazione e di realizzazione di opere (edifici, impianti o parti di essi), in occasione di ristrutturazioni o sostituzioni di apparecchiature, e in quanto tali sono riferimento per i successivi articoli in cui vengono richiamate, in particolare per l’articolo 6, con le limitazioni ivi stabilite.
L’intervento individuato al comma 2, lettera a), numero 1), si intende come ristrutturazione integrale di tutti gli elementi edilizi costituenti l’involucro di edifici esistenti di superficie utile superiore a 1000 metri quadrati.
L’ applicazione prevista al comma 2, lettera b), si intende integrale, cioè comprensiva del calcolo del fabbisogno globale di energia, anche se limitata alla parte di edificio nuova, quando questa sia volumetricamente superiore al 20% della parte preesistente,
Il caso di ampliamenti volumetricamente meno importanti ricade invece nella casistica prevista alla lettera c), numero 1, del medesimo comma 2, e gli obblighi di legge sono quindi limitati al rispetto di specifici parametri, livelli prestazionali e prescrizioni relativamente agli elementi edilizi ed impiantistici su cui si interviene, con esclusione della necessità di procedere al calcolo del fabbisogno globale.
Con il comma 2, lettera c), numero 1, si stabilisce il principio che, quando si decide di intervenire su un edificio con opere che, a titolo esemplificativo e non esaustivo, riguardano la sostituzione anche parziale dei serramenti, il rifacimento di pareti esterne, del tetto o dell’impermeabilizzazione della copertura, si deve porre attenzione anche al risparmio energetico che con l’occasione si può conseguire, e quindi eseguire i lavori nel rispetto degli specifici parametri, livelli prestazionali e prescrizioni poste dal decreto legislativo.

Articolo 4 – Adozione di criteri generali, di una metodologia di calcolo e requisiti della prestazione energetica
Il decreto legislativo n. 192/05 è in vigore dall’ 8 ottobre 2005. e la disciplina transitoria prevista al titolo Il, in particolare, è esecutiva e pienamente applicabile senza attendere l’emanazione dei provvedimenti previsti da questo articolo. La eventuale mancata o ritardata emanazione di questi provvedimenti potrebbe influire solo su aspetti non definiti compiutamente dal decreto né da altra legislazione vigente, quali ad esempio la certificazione degli edifici o la valutazione e certificazione di impianti di climatizzazione estiva, e sempre che le singole regioni e province autonome, in conformità a quanto previsto all’articolo 17, non adottino proprie norme attuative su tali tematiche.
 
Articolo 8 – Relazione tecnica, accertamenti e ispezioni
Un edificio per il quale la richiesta del permesso di costruire sia stata presentata anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo, tenendo conto della definizione di “edificio di nuova costruzione” riportata all’articolo 2, va considerato, ai fini del decreto (e di questo articolo in particolare), come edificio esistente, indipendentemente dal grado di avanzamento dei lavori, che possono quindi essere completati secondo il progetto iniziale, redatto sulla base della previgente normativa.
Una variante in corso d’opera che sia sostanziale può essere considerata (sempre e soltanto ai fini delle norme sull’efficienza energetica, ed a seconda della rilevanza e dell’estensione delle modifiche che si intendono apportare rispetto al progetto originale) una ristrutturazione, totale o parziale, o un intervento di manutenzione straordinaria su un edificio esistente, applicando i passaggi pertinenti del secondo comma dell’articolo 3 del decreto legislativo.
Conseguentemente, la relazione tecnica dovrà essere coerente con le nuove norme, ma solo relativamente a quanto sostanzialmente modificato. Le autorità competenti, nel valutare la situazione e la documentazione presentata, dovranno tenere adeguato conto dello spirito costruttivo e non penalizzante della norma, come illustrato in altri passaggi della presente circolare.

Articolo 9 – Funzioni delle regioni e degli enti locali
In questo articolo si riconosce, a norma della Costituzione vigente, la competenza legislativa concorrente sulla materia delle regioni e delle province autonome, attribuendo loro il compito di provvedere all’attuazione delle norme, e parlando quindi genericamente di “autorità competenti” o “enti o organismi preposti” per quanto riguarda accertamenti ed ispezioni (e quindi potestà sanzionatoria).
La norma non è in contrasto con gli articoli 129 e 132 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo Unico sull’edilizia), in quanto questi appartengono alla parte non innovativa o ricognitiva del provvedimento, che lascia intatto il valore giuridico delle norme precedenti, puntualmente richiamate nella declaratoria degli articoli. Ciò è precisato all’articolo 137 del medesimo Testo Unico. Il decreto legislativo n. 192/05 ha infatti abrogato l’articolo 34, comma 3, della legge 9 gennaio 1991, n. 10, il cui testo è stato riportato nell’articolo 132, comma 3, del Testo Unico sull’edilizia.

Articolo 11 – Requisiti della prestazione energetica degli edifici
L’ambito di intervento dell’articolo, e del connesso allegato I, è quello definito all’articolo 3 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, dal quale emerge chiaramente come lo spirito della norma sia di imporre una corretta progettazione e realizzazione delle nuove opere, senza tuttavia aggravare gli operatori ed i cittadini, costringendoli a rimettere mano a cose già completate o in corso di completamento.

Articolo 12 – Esercizio, manutenzione e ispezione degli impianti termici
Le norme previste per il periodo transitorio riguardano tutti gli impianti termici per il riscaldamento invernale, siano essi nuovi o già esistenti ali ‘entrata in vigore del decreto legislativo, come dichiarato esplicitamente nel testo dell’articolo.
Molti sono i passaggi normativi nel testo del decreto, negli allegati e negli atti di accompagnamento che confermano questa interpretazione. E’ particolarmente significativo il comma 13 dell’allegato I.: se il volere del legislatore era di applicare tale allegato solo agli impianti degli edifici nuovi o ristrutturati dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo, non avrebbe avuto alcun senso precisare che “Le attività di accertamento e ispezione avviate dagli enti locali ai sensi dell’articolo 31, comma 3, della legge 9 gennaio 1991, n. 10, prima della data di entrata in vigore del presente decreto, conservano la loro validità e possono essere portate a compimento secondo la normativa preesistente per un biennio a partire dalla predetta data di entrata in vigore.”.
Sulla base di quanto sopra si deduce che il legislatore intendesse intervenire sulle nuove realizzazioni e sulle ristrutturazioni edili ed impiantistiche, ivi incluse le mere sostituzioni di caldaia, nei modi e nei tempi indicati all’articolo 3, e sulle norme riguardanti l’esercizio, la manutenzione e l’ispezione degli impianti termici (di tutti gli impianti termici, preesistenti e nuovi) secondo quanto previsto agli articoli 7, 9 e 12.
Inoltre, anche in relazione alla definizione di “impianto termico” riportata al punto 12 dell’allegato A. l’articolo 12 assoggetta alla sua disciplina, fino dall’entrata in vigore del decreto legislativo. gli “impianti termici esistenti per il riscaldamento invernale”, escludendone, fino all’entrata in vigore dei decreti di cui all’articolo 4 o delle norme attuative regionali, gli apparecchi per la sola produzione di acqua calda sanitaria di potenza nominale del focolare superiore anche ai 15 kW.

Articolo 16 – Abrogazioni e disposizioni finali
In relazione ad una apparente eterogeneità nella stesura delle disposizioni abrogative presenti in questo articolo, per principio giuridico generale e nell’ambito della delega conferita, un decreto legislativo ha valore di legge e prevale su precedenti leggi e decreti in tutti i punti di incompatibilità, lasciando i provvedimenti preesistenti totalmente efficaci per il resto.
Si evidenziano, a titolo meramente esemplificativo e non esaustivo, alcuni casi in cui il predetto principio è efficace:
– il comma 2, articolo 9, del decreto legislativo, subentra al comma 3, articolo 31, della legge 9 gennaio 1991, n. 10;
– Il comma l, allegato L, del decreto legislativo, subentra al comma 4, articolo 11 del decreto Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, già modificato dal decreto Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 551.

AIIegato A – Ulteriori definizioni
Comma 12 – impianto termico
Nell’applicare l’ultimo periodo della definizione del concetto di impianto termico, si deve tenere conto solo degli apparecchi fissi, alimentati ad energia elettrica o a combustibile liquido o gassoso, e dotati, da parte del costruttore, dei necessari dati di targa fra cui necessariamente il valore della potenza nominale del focolare.
Restano esclusi dal computo gli apparecchi portatili di emergenza (che, in quanto tali. non sono destinati “al servizio di una specifica unità immobiliare”) e, come si evince dal primo periodo della definizione, gli apparecchi destinati alla sola produzione di acqua calda sanitaria per uso unifamiliare.
Si segnala che, per un errore redazionale, compaiono due distinti commi numero 20, contenenti uno la definizione di parete fittizia e l’altro quella di ponte termico, Non sembra tuttavia che la cosa possa creare dubbi interpretati vi o difficoltà applicative.

Allegato E – Relazione tecnica
Punto 1 – Informazioni generali
La classificazione dell’edificio richiesta al 5° capoverso deve evidentemente avvenire in base alla categoria di cui all’articolo 3 del decreto Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, regolamento attuativo della legge 9 gennaio 1991, n. 10.
Prima fincatura: l’edificio (o il complesso di edifici) rientra tra quelli di proprietà pubblica o adibiti ad uso pubblico ai fini dell’articolo 5, comma 15, del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412 (utilizzo delle fonti rinnovabili di energia) e del’allegato l, comma 14 e non “dell’articolo l O, comma 16”, come erroneamente riportato, del decreto legislativo.
Seconda fincatura: il riferimento non è l’articolo 4, comma l, della legge 10 (abrogato), ma l’articolo 4, comma 1, lettera b), del decreto legislativo.
Terza fincatura: l’ulteriore indicazione richiesta in merito alla disciplina di riferimento articolo 4, comma 2, della legge 9 gennaio 1991, n. 10, non è pertinente, a seguito dell’abrogazione del comma citato fatta all’articolo 16 del decreto legislativo.

Punto 6 – Principali risultati dei calcoli
Nel testo si fa più volte riferimento ai “valori limite riportati all’articolo 10 del decreto legislativo” nel quale erano contenute, in una stesura non definitiva, le norme e le tabelle poi inserite in parte nell’allegato C ed in parte nell’allegato l del decreto legislativo. Considerato che l’attuale articolo 10 contiene norme sul monitoraggio dell’attuazione della legge, che nulla hanno a che fare con le caratteristiche fisiche degli elementi costruttivi, l’errore appare evidente e risulta agevole, per un tecnico, individuare i giusti passaggi della norma a cui fare riferimento.

Allegati F/G – Rapporti di controllo tecnico
Punto A – ldentificazione dell ‘impianto
Nel caso di impianti dotati di più generatori di calore, alla prima scheda va allegata una scheda per ogni ulteriore generatore.

Note finali – Avvertenze per il tecnico ed il responsabile dell’impianto
L’esempio riportato al punto 4 è indicativo e i valori della superficie di ventilazione riportati non sono riferibili ad una centrale termica.
La messa fuori servizio dell’impianto e la diffida al suo utilizzo sono provvedimenti eccezionali, giustificati solo dalla necessità di ripristinare le condizioni di sicurezza per le persone, per gli animali e per le cose. L’interruzione di un servizio essenziale quale il riscaldamento invernale non può essere giustificata da una mancata ottimizzazione dell’efficienza energetica, ferma restando la sanzionabilità della fattispecie a norma di legge.

Allegato I – Regime transitorio per la prestazione energetica degli edifici
Comma 1
Con questo comma sono fissate, per tutte le categorie di edifici, le prestazioni energetiche minime da raggiungere, lasciando ai progetti sta ampia libertà di scelta tra tutte le possibili soluzioni realizzative per il raggiungimento del risultato. La determinazione del fabbisogno annuo di energia primaria per la climatizzazione invernale e la verifica che lo stesso risulti inferiore ai valori riportati nella tabella I, punto l, dell’allegato C, è la scelta progettuale ottimale e non deve essere necessariamente accompagnata dalle verifiche previste ai commi 6, 7 e 8 che rappresentano, per tutte le categorie di edifici e come indicato al comma 5, una opzione alternativa volta alla semplificazione.

Comma 2
Il comma impone, nel caso di interventi sull’involucro edilizio che non ricadano nel campo di applicazione del comma l, il rispetto di quanto stabilito ai commi 6, 7 ed 8, ed alla relativa parte dell’allegato C. Poiché i valori limite dell’allegato C si applicano a partire dall’ 1 gennaio 2006, anche questo comma, in realtà si applica a decorrere da tale data. Si evidenzia che i commi 6, 7 ed 8 esentano dall’obbligo gli edifici della categoria E8.

Comma 3
Nel caso di nuova installazione o ristrutturazione integrale di impianti termici, la norma prevede il calcolo del fabbisogno energetico dell’edificio, pur consentendo valori decisamente superiori a quelli previsti per le nuove realizzazioni edilizie. Ciò è stato fatto per stimolare una diagnosi energetica completa e la realizzazione, se necessario, degli interventi correttivi più energeticamente rilevanti ed economicamente convenienti, senza tuttavia costringere gli interessati a ristrutturare tutto l’edificio.

Comma 4
Nel caso di mera sostituzione del generatore di calore (con installazione di un nuovo generatore di potenza non superiore a quella del preesistente per oltre il 10%) gli adempimenti sono ulteriormente semplificati c circoscritti all’adozione di generatori di qualità e di adeguati sistemi di termoregolazione.
Con questa norma di semplificazione il decreto legislativo n. 192/05 stabilisce che l’innalzamento dell’efficienza media del parco caldaie del Paese sia una delle misure più importanti per il contenimento dei consumi energetici e per la riduzione delle emissioni inquinanti del settore.
In una situazione impiantistica diversificata e variegata come quella italiana, in relazione alle tipologie ai contesti urbanistici e sociali presenti, questa disposizione può porre problematiche di adeguamento impiantistico difficilmente catalogabili a priori, in particolare nel caso di impianti collegati a canne fumarie collettive ramificate, molto diffuse in ambito condominiale e particolarmente delicate sotto il profilo della sicurezza.
Premesso che già il decreto Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, come modificato dal decreto Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 551, consente lo scarico a parete dei fumi di combustione quando il generatore sia di alta qualità ed il sistema di evacuazione al tetto sia inesistente o inadatto, è auspicabile che, in presenza di specifiche situazioni, descritte e motivate da professionisti, e di impegni programmatori da parte dei proprietari, gli Uffici tecnici comunali manifestino una giusta dose di flessibilità nelle modalità e nei tempi di realizzazione degli interventi, tenendo conto in particolare della assoluta necessità di privilegiare le esigenze di sicurezza delle persone e delle cose.
Per quanto riguarda il testo in dettaglio, le condizioni di cui alla lettere a), b), c) e d) dell’allegato I, comma 4, del decreto legislativo n. 192/05 appaiono attinenti più alla realizzazione dell’impianto ed alle caratteristiche funzionali dei suoi componenti piuttosto che a scelte di natura progettuale o relative al combustibile da utilizzare. Il riferimento esplicito alla temperatura del fluido termovettore “in corrispondenza delle condizioni di progetto”, tuttavia presuppone l’esistenza di un progetto a cui fare riferimento. In tal caso è sufficiente un’attestazione di conformità al progetto da parte dell’installatore abilitato. Altrimenti, ad avviso di questa Direzione Generale, potrebbe essere effettivamente necessario l’intervento di un professionista, che provveda, se non ad una verifica progettuale dell’intero impianto, quanto meno ad una valutazione più approfondita delle future condizioni di funzionamento.
Analogamente, il riferimento alla marcatura di rendimento energetico prevista dal decreto del Presidente della Repubblica 15 novembre 1996, n. 660, non sembra voglia imporre necessariamente il passaggio ad un combustibile gassoso, purché si ottengano analoghi livelli di rendimento.
Il riferimento di cui al punto c) deve intendersi “al successivo” e non “al precedente” comma 12.
 
Comma 5
Questo comma, come il comma 2 e per le medesime ragioni, si applica a partire dall’ 1 gennaio 2006. Le disposizioni ivi previste vogliono costituire un’alternativa, a scelta dell’interessato, a quanto fissato al comma 1, per tutti gli edifici nuovi, ampliati o ristrutturati.  Se si rispettano pertanto i limiti di trasmittanza termica fissati ai commi 6, 7 ed 8 e si garantisce un buon rendimento medio stagionale dell’impianto termico, il calcolo dettagliato del fabbisogno può essere omesso, attribuendo all’edificio, o porzione interessata, il valore massimo ammesso dalla norma.
Il rimando ai “limiti fissati ai commi 6, 7 ed 8” e non “alle disposizioni dei commi 6, 7 ed 8” consente di affermare che gli edifici di categoria E8, mentre sono esentati dall’obbligo di rispetto dei limiti in caso di intervento parziale, come precisato con riferimento al comma 2, non sono esclusi dall’applicarli volontariamente, come alternativa al calcolo del fabbisogno globale.
Il rispetto dei vincoli e delle alternative poste in questo comma garantisce la corrispondenza dei risultati con la metodologia di calcolo del fabbisogno prevista al comma l nei casi in cui il rapporto tra la superficie trasparente e la superficie disperdente totale rientri al di sotto del 10% per le villette unifamiliari e del 20% per gli edifici di maggiore dimensione. Nella realtà, in considerazione di alcuni margini di sicurezza che sono stati posti nel calcolo, con questo metodo si sottostima l’efficienza energetica dell’edificio attribuendogli un consumo maggiore di quello che verrebbe operando conformemente al comma 1.
Per quanto riguarda soluzioni architettoniche diverse, ed in particolare per quelle che privilegiano ampie superfici vetrate, che possono trovare giustificazione anche in altre considerazioni, si consiglia l’utilizzo del metodo previsto al comma 1.

Allegato L – Regime transitorio per esercizio e manutenzione degli impianti termici
Comma 1
Secondo le segnalazioni pervenute da diverse Associazioni di operatori o consumatori, questo comma è stato da taluni interpretato come una modifica del1a frequenza dei controlli di sicurezza sugli impianti di riscaldamento e sugli apparecchi.
A maggior chiarimento del testo normativo si precisa quanto segue:
a) Sia la precedente legislazione (decreto Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, come modificato dal decreto Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 551) che la nuova (questo comma), lasciano al costruttore dell’impianto (nel caso dei piccoli impianti all’installatore) o al fabbricante dell’apparecchio la responsabilità di definire la frequenza e la tipologia delle operazioni di controllo e manutenzione necessarie per mantenere gli impianti e gli apparecchi in condizioni di sicurezza per le persone e per le cose ed in condizioni di perfetta efficienza.
b) I fabbricanti di apparecchi a gas, in particolare, hanno l’obbligo ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 15 novembre 1996, n. 661, di corredare l’apparecchio di istruzioni tecniche per l’installatore e di istruzioni per l’uso e la manutenzione redatte nella lingua del Paese di commercializzazione, tali da permettere l’ esecuzione corretta dì tali lavori e l’utilizzazione sicura dell’apparecchio. Questa documentazione deve essere consegnata al proprietario dell’impianto e da questi conservata diligentemente e consegnata all’eventuale subentrante.
c) Analogamente i progettisti ed i costruttori di impianti ed i fabbricanti di apparecchi di riscaldamento diversi da quelli di cui al punto precedente, nell’ambito delle rispettive responsabilità, hanno il diritto ed il dovere di definire e dichiarare esplicitamente, in forma scritta, al committente o all’utente quali siano le operazioni di controllo e manutenzione di cui necessita l’impianto da loro progettato, costruito, fabbricato o modificato, per garantire la sicurezza delle persone e delle cose, e con quale frequenza queste vadano effettuate.
d) Sia la precedente che la nuova legislazione prevedono comunque che per la restante parte dell’impianto e per gli apparecchi per i quali non siano disponibili le istruzioni specifiche (nel senso che tale documentazione non è più rintracciabile neppure presso il fabbricante degli apparecchi, come talvolta succede) si debba far riferimento alle nonne UNI e CEI applicabili, norme che debbono naturalmente tener conto prioritariamente alle esigenze di sicurezza.
e) Solo in ultima istanza, sia la vecchia che la nuova legislazione, pongono per le operazioni di controllo tecnico (dalle quali può discendere o meno la necessità di un intervento di manutenzione) scadenze temporali massime legate alle esigenze di efficienza energetica e salvaguardia dell’ ambiente, e non alle esigenze di sicurezza, che sono salvaguardate dalla legge 5 marzo 1990, n. 46 e suoi decreti attuativi e, per gli impianti a gas, dalla legge 6 dicembre 1971, n. 1083 leggi sulle quali né la legge 9 gennaio 1991, n. 10, né l’attuale decreto legislativo n. 192/05, potevano o intendevano intervenire.
f) Il decreto legislativo n. 192/05 fissa dei nuovi intervalli massimi, in parte superiori agli analoghi valori fissati dalla legislazione precedente:
I. ogni anno per gli impianti alimentati a combustibile liquido o solido indipendentemente dalla potenza, ovvero alimentati a gas di potenza nominale del focolare maggiore o uguale a 35 kW:
II. ogni due anni per gli impianti, diversi da quelli individuati al punto a), di potenza nominale del focolare inferiore a 35 kW dotati di generatore di calore con una anzianità di installazione superiore a otto anni e per gli impianti dotati di generatore di calore ad acqua calda a focolare aperto installati all’interno di locali abitati;
III. ogni quattro anni per tutti gli altri impianti di potenza nominale del focolare inferiore a 35 kW.
I nuovi intervalli massimi richiamati alla lettera f) sono prescritti dal decreto legislativo solo ai fini del contenimento dei consumi energetici e della conseguente salvaguardia dell’ambiente, fini per i quali tale frequenza è più che sufficiente. Un tecnico che interviene su un impianto ai tini del risparmio energetico o del controllo delle emissioni non può trascurare, prioritariamente, di verificare se rimpianto è e resta in condizioni di funzionare in sicurezza (le notazioni apposte in tondo ai moduli predisposti sono finalizzate a rammentare questa esigenza primaria, nell’interesse sia degli utenti che degli operatori).
Le norme sulle verifiche di efficienza fissate prima dalla legge 9 gennaio 1991, n. 10, e suoi decreti attuativi, ed ora dal decreto legislativo n. 192/05, pertanto, hanno svolto, e continueranno a svolgere, un’azione significativa anche in termini di sicurezza degli impianti stessi, ma non sono state emanate per questo fine specifico.
Stante il quadro legislativo sintetizzato ai punti precedenti, gli installatori ed i manutentori degli impianti termici (qualificati ai sensi della legge 5 marzo 1990, n. 46), nell’ambito delle rispettive responsabilità hanno il diritto-dovere di definire e dichiarare esplicitamente al committente o all’utente, in forma scritta e facendo riferimento alla documentazione tecnica del progettista dell’impianto o del fabbricante degli apparecchi, quali siano le operazioni di controllo e manutenzione di cui necessita rimpianto da loro installato o mantenuto, per garantire la sicurezza delle persone e delle cose, con quale frequenza queste vadano effettuate e quale sia la prossima scadenza.
Solo nell’ipotesi che l’intervallo di tempo consentito dalle considerazioni di sicurezza superasse i limiti fissati dalla legge per fini di efficienza energetica scatterebbe l’obbligo di verifica anticipata del rendimento energetico.
Gli utenti finali dovrebbero conservare la documentazione tecnica di corredo alloro impianto o, nel caso non fosse stata loro consegnata o fosse andata smarrita, dovrebbero rivolgersi ai fabbricanti o importatori degli apparecchi per ottenerne copia.

Comma 3
Il comma considera anche le centrali alimentate a combustibili solidi, come affermazione di principio. In realtà, il rimando al decreto del Presidente della Repubblica 15 novembre 1996, n. 660, per i generatori ad acqua calda ed all’allegato E del decreto Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, per quelli ad aria calda, ne circoscrive l’applicazione ai combustibili liquidi e gassosi, non essendo fissata negli altri casi una soglia di rendimento minima, né le norme tecniche di riferimento operativo. Successivi decreti o le norme regionali potranno ampliare l’ambito di applicazione, fissando soglie di riferimento e modalità operative.  Il comma si riferisce alle operazioni “di controllo e manutenzione sui generatori di calore” presupponendo quindi che si tratti di operazioni che prevedono necessariamente l’intervento di un tecnico qualificato e non di operazioni di manutenzione ordinaria che possono essere svolte anche dall’utente sulla base delle istruzioni predisposte dal fabbricante dell’apparecchio. Laddove si renda necessario l’intervento di un tecnico qualificato su un generatore di calore, sembra ragionevole pensare che uno dei primi controlli da fare riguardi la correttezza della combustione, cioè il rendimento. Laddove, per ipotesi estrema, si verifichi una piccola perdita di acqua, pochi giorni dopo un controllo completo comprensivo di verifica di rendimento, sarebbe contrario quanto meno allo spirito della norma imporre una ulteriore verifica di rendimento, oggettivamente inutile.

Commi 4, 5 e 6
l livelli minimi di rendimento di combustione riportati nell’allegato H del decreto legislativo n. 192/05 sono validi soltanto per le verifiche effettuate sui generatori di calore installati a partire dall’entrata in vigore del decreto medesimo. Per quelli installati precedentemente valgono i valori riportati all’articolo 11, comma 14, del decreto Presidente della Repubblica 26 agosto 1993 e successive modificazioni, e relativo allegato E.

Comma 13
A norma di questo comma, le delibere e le convenzioni risalenti agli anni passati che sono alla base delle attività di accertamento e ispezione attualmente in corso costituiscano presupposto per completare le attività secondo le normative preesistenti, fino alla scadenza prevista dalle convenzioni medesime, ma comunque non oltre il biennio previsto dal comma medesimo.
E’ rimessa quindi alla discrezionalità dell’amministrazione locale la valutazione della possibilità di tenere conto delle nuove norme nella fase attuativa sul campo. Tuttavia, le nuove norme vanno comunque attentamente considerate in caso di eventuali contestazioni che possano preludere (secondo la vecchia normativa, ma non secondo la nuova) a provvedimenti sanzionatori.
Per accertamento si intende l’insieme delle attività di controllo pubblico diretto a verificare in via esclusivamente documentale che gli impianti siano conformi alle norme vigenti e che rispettino le prescrizioni e gli obblighi stabiliti, mentre per ispezione si intende l’insieme delle attività di controllo pubblico svolte presso gli impianti da parte di tecnici qualificati. Nell’ambito dell’accertamento si comprende l’acquisizione dei dati necessari alla costituzione di un sistema informativo relativo agli impianti termici presenti sul territorio e la dichiarazione di avvenuta manutenzione degli stessi. La dichiarazione deve essere redatta nel rispetto di quanto previsto ai commi 9 e 10 dell’allegato L.
Eventuali problematiche che dovessero sorgere, in relazione alle diverse scadenze temporali previste per la manutenzione degli impianti termici dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, possono essere risolte attraverso le correnti comunicazioni organizzative con i cittadini.
A titolo esemplificativo si precisa che, secondo il nuovo quadro legislativo, il cittadino che dispone di una caldaia unifamiliare di tipo C installata l’anno scorso, per la quale il fabbricante ha prescritto l’effettuazione della manutenzione dopo tre anni di utilizzo e l’installatore, all’atto del primo avviamento, ha provveduto alla verifica del rendimento di combustione in opera, può attendere ancora due anni prima di provvedere a far eseguire le operazioni di controllo e manutenzione, ivi compreso il controllo di rendimento.
Tuttavia, se l’amministrazione locale competente ha deciso, nell’ambito della sua autonomia, di imporre ai cittadini rinvio di un’autocertificazione con frequenza annuale (la normativa previgente al decreto legislativo n. 192/05 prevedeva per le verifiche degli enti locali una “cadenza almeno biennale”), e se l’Amministrazione locale medesima non ritiene di modificare tale sua decisione alla luce della nuova normativa, il cittadino in questione è tenuto ad autocertificare anche quest’anno e l’anno prossimo che il proprio impianto è in regola, ma lo può fare sulla base del controllo effettuato in sede di primo avviamento, senza necessità di sottoporre rimpianto ad ulteriori, inutili controlli tecnici.
Il cittadino dovrà in sostanza pagare solo il ticket del bollino per l’autocertificazione ed inviare all’amministrazione locale, o all’ente da questa incaricato, copia del referto tecnico di primo avviamento e della parte del libretto di uso e manutenzione in cui il fabbricante fissa la frequenza dei controlli tecnici.

Entrata in vigore del decreto legislativo
Il decreto legislativo è entrato in vigore l’8 ottobre 2005 (corrispondente al decorso di quindici giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, c.d. vacatio legis), non essendo stato previsto un termine diverso nel suo corpo.
La clausola di cedevolezza (articolo 17 del decreto legislativo n. 192/05) ne fa cessare l’efficacia a decorrere dalla data di entrata in vigore di eventuali provvedimenti di competenza delle regioni e province autonome, ovviamente limitatamente al territorio di competenza e per le parti in contrasto.
La presente circolare, pubblicata nel sito del Ministero dello sviluppo economico, ha valore dalla data di pubblicazione.


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