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23.04.2012 - urbanistica

DECORSI I TERMINI PER LA FORMAZIONE DEL SILENZIO ASSENSO LA CONCESSIONE EDILIZIA NON PUO’ PIU’ ESSERE REVOCATA

DECORSI I TERMINI PER LA FORMAZIONE DEL SILENZIO ASSENSO LA CONCESSIONE EDILIZIA NON PUO’ PIU’ ESSERE REVOCATA
(Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia sentenza n. 243 del 1/12/2011)

L’articolo 2 della legge regionale n. 17 del 1994 stabilisce che il silenzio assenso si forma qualora entro 120 giorni (oggi ridotti a 75 dall’articolo 19 L.R. 5 aprile 2011 n. 5) dal ricevimento dell’istanza non venga comunicato all’interessato il provvedimento motivato di diniego (comma 5) e consente ai concessionari di intraprendere i lavori, previo versamento al Comune degli oneri concessori calcolati in via provvisoria in base ad una perizia da inoltrare, prima dell’inizio dei lavori, al Comune (commi 6 e 7).
L’articolo 2 prevede, altresì, espressamente che l’inizio dei lavori, una volta concretatisi i cennati presupposti (formazione del silenzio assenso, trasmissione della perizia giurata e versamento degli oneri concessori calcolati in via provvisoria in base a detta perizia), sia comunicato all’amministrazione comunale.
Stabilisce, poi, il comma 8 dell’articolo 2 che la formazione del silenzio assenso e l’avvio dei lavori non esimono gli uffici e gli organi comunali dall’obbligo di completare l’esame delle domande di concessione edilizia entro trenta giorni dalla comunicazione dell’inizio dei lavori.  Decorsi detti termini la concessione è tacitamente assentita. Il privato. Il quale, nella specie, avendo osservato le regole del procedimento, inclusa la produzione di documenti attestanti la regolarità del progetto, aveva acquisito un legittimo affidamento alla realizzabilità dell’opera.

D I R I T T O
La controversia in argomento concerne i lavori per la demolizione e ricostruzione di un immobile sito in Cinisi, via Capacioto, che, a parere dell’appellante, sarebbero stati assentiti da concessione edilizia rilasciata per silenzio assenso, ai sensi dell’art. 2 della L.R. n. 17/1994, mentre il Comune intimato ritiene legittimo il provvedimento n. 4556/04 con cui ha annullato detta concessione, tacitamente assentita, ed ordinato la sospensione dei lavori in corso.
Con il primo motivo, riproposto in appello, il signor Palazzolo deduce la violazione dell’articolo 2 della legge regionale 31 maggio 1994, n. 17, rilevando che sulla propria istanza di concessione edilizia si era formato il silenzio assenso e che pertanto l’Amministrazione non avrebbe potuto emettere il contestato provvedimento n. 4556/04, di annullamento della concessione tacitamente assentita.
L’appello è fondato.
L’articolo 2 della legge regionale n. 17 del 1994 stabilisce, infatti, che il silenzio assenso si forma qualora entro 120 giorni (oggi ridotti a 75 dall’articolo 19 L.R. 5 aprile 2011 n. 5) dal ricevimento dell’istanza non venga comunicato all’interessato il provvedimento motivato di diniego (comma 5) e consente ai concessionari di intraprendere i lavori, previo versamento al Comune degli oneri concessori calcolati in via provvisoria in base ad una perizia da inoltrare, prima dell’inizio dei lavori, al Comune (commi 6 e 7).
L’articolo 2 prevede, altresì, espressamente che l’inizio dei lavori, una volta concretatisi i cennati presupposti (formazione del silenzio assenso, trasmissione della perizia giurata e versamento degli oneri concessori calcolati in via provvisoria in base a detta perizia), sia co¬municato all’amministrazione comunale.
Stabilisce, poi, il comma 8 dell’articolo 2 che la formazione del silenzio assenso e l’avvio dei lavori non esimono gli uffici e gli organi comunali dall’obbligo di completare l’esame delle domande di concessione edilizia entro trenta giorni dalla comunicazione dell’inizio dei lavori. Qualora, in detta fase, venga accertata la mancanza dei requisiti per il rilascio della concessione, il sindaco deve provvedere “all’annullamento o alla revoca” della concessione come sopra assentita.
Orbene, per quanto consta agli atti, si ritiene che nella specie, il sig. Palazzolo abbia posto in essere tutti gli adempimenti utili a dare inizio ai lavori assentiti, compreso l’invio della perizia giurata ed il versamento degli oneri concessori.
L’odierno ricorrente, infatti, ha chiesto al Comune di Cinisi il rilascio di una concessione edilizia per la realizzazione di un immobile da adibire a magazzino, previa demolizione dell’esistente, conformemente al regolamento urbanistico comunale allora vigente ed in applicazione dell’art. 10 della L. 765/1967, da realizzare su lotto di proprietà, allegando i documenti prescritti.
La pratica è stata assunta dall’Ente comunale al protocollo n. 17872 in data 18 ottobre 2002.
Trascorsi i prescritti 120 giorni, di cui al superiore comma 5, senza aver ottenuto alcun riscontro, il sig. Palazzolo, ai sensi dei successivi commi 6 e 7, con apposita nota ha comunicato al Comune che avrebbe dato inizio ai lavori ed, all’uopo, ha allegato la quietanza di versamento degli oneri di urbanizzazione e dei costi di costruzione. Nella circostanza, ha prodotto altresì una perizia giurata attestante la conformità delle opere edilizie da realizzare, come previsto dalla l.r. 47/94.
Detta nota è stata assunta al protocollo del Comune di Cinisi al n. 8645 del 12 maggio 2003.
Trascorsi i prescritti ulteriori trenta giorni da quest’ultima comunicazione, il sig. Palazzolo, nel perdurante silenzio del Comune, ritenendo di avere tacitamente conseguito la concessione edilizia richiesta, ai sensi dell’art. 2 della citata l.r. n. 17/94, ha dato inizio ai lavori.
Senonché, con nota prot. n. 4556/2004, il Capo Settore Territorio ed Ambiente del Comune di Cinisi – considerato che la proposta progettuale non era conforme alle norme urbanistiche vigenti, in quan¬to “il progetto non rispetta gli elementi tipologici e formali tradizionali del fabbricato (previsione del piano cantinato, etc.) giusta L.R. n. 40/95 art. 12” – disponeva la sospensione dei lavori, già in fase di realizzazione, ed annullava “la concessione assentita per silenzio assenso ai sensi dell’art. 2 L.R. 17/94 …”.
Tanto premesso, il Collegio ritiene di non condividere le conclusioni cui è pervenuto il Giudice di prime cure, secondo cui, nella fattispecie per cui è causa, non sarebbero stati soddisfatti gli specifici requisiti indicati dal suddetto comma 2 dell’art. 2 della L.R. n. 17/1994 (mancherebbe la certificazione di ricevimento da parte del Comune con l’indicazione all’interessato del nome del responsabile del procedimento), per cui, conseguentemente, non potrebbe ritenersi formato alcun silenzio-assenso sulla richiesta di concessione edilizia.
Invero, rilevato che il Comune di Cinisi ha ritualmente ricevuto le comunicazioni del sig. Palazzolo, come attestato dagli estremi sopra citati, di cui al registro protocollo tenuto presso l’Ente suddetto, si ritiene che il comportamento omissivo del Comune, insito nell’omessa comunicazione al ricorrente del nome del responsabile del procedimento, come prescritto dal sopra richiamato art. 2, comma 2, l.r. 17/94, non possa legittimamente farsi ricadere sul sig. Palazzolo che, al contrario, per gli aspetti di sua competenza, ha percorso correttamente l’iter prescritto affinché la concessione edilizia richiesta gli venisse legittimamente concessa, come poi è avvenuto, sia pure ai sensi del comma 5 dell’art. 2, più volte sopra richiamato, della legge regionale n. 17/94.
D’altra parte, per quel che concerne la sussistenza o meno della concessione tacitamente assentita, va rilevato che tale circostanza è stata positivamente ammessa dallo stesso Comune intimato, allorché ne ha disposto “l’annullamento” con il provvedimento n. 4556/04, ex adverso contestato.
Detto provvedimento, inoltre, risulta illegittimo per difetto di motivazione, non potendosi ritenere tale la generica affermazione se¬condo cui “la proposta progettuale non è conforme alle norme urbanistiche vigenti in quanto: 1) il progetto non rispetta gli elementi tipologici e formali tradizionali del fabbricato (previsione del piano cantinato etc. …) giusta L.r. n. 40/95 art. 12”; motivazione priva di qualsiasi ulteriore precisazione sull’interesse pubblico a rimuovere un titolo ormai perfezionato e consolidato; la norma (art. 2, co. 5, l.r. 17/94) consente infatti di verificare la conformità del progetto entro il termine (allora stabilito) di 120 giorni, trascorsi i quali residua il generale potere di autotutela, che deve però esplicarsi secondo le regole proprie degli atti di annullamento d’ufficio, la cui natura discrezionale impone una valutazione puntuale dell’interesse pubblico alla rimozione, confrontato con le aspettative del privato. Il quale, nella specie, avendo osservato le regole del procedimento, inclusa la produzione di docu¬menti attestanti la regolarità del progetto, aveva acquisito un legittimo affidamento alla realizzabilità dell’opera.
Parte appellata, a sostegno della legittimità dell’atto impugnato, cita il parere contrario al rilascio della concessione richiesta dal ricorrente, reso al riguardo dalla C.E.C.; parere che, invero, si ritiene che non possa rilevare ai fini del presente giudizio, in quanto, nella circostanza, il Comune ha adottato una procedura non conforme a quella dettata dal comma 4, art. 2, della l.r. 17/94, secondo cui: “Il sindaco adotta il provvedimento finale entro i successivi trenta giorni. Qualora la Commissione edilizia non dovesse rendere il parere nei termini di cui al comma 3, il sindaco provvede sulla scorta della proposta motivata del responsabile del procedimento”.
Nel caso di specie, invece, è accaduto che il parere della C.E.C., anziché precedere il provvedimento conclusivo impugnato, è stato reso in data 4/3/2004 e, quindi, successivamente alla emissione del predetto provvedimento n. 4556/04, avvenuta il 26 febbraio 2004, oggetto della presente controversia.
Dette conclusioni rendono superflua la disamina delle eccezioni di rito solevate dal Comune appellato, in quanto esse presuppongono che il procedimento per il rilascio di detta concessione per silenzio assenso non si sia perfezionato, il ché, invece, è stato riconosciuto dal Collegio con le superiori argomentazioni in fatto ed in diritto.
In conclusione, l’appello va accolto, perché fondato.
Ritiene il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P. Q. M.
Il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, accoglie l’appello in epigrafe, e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato in primo grado.
Condanna il Comune appellato al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, determinate in complessivi € 5.000,00 (cinquemila/00), oltre agli accessori di legge, in favore dell’odierno ricorrente.


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