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24.05.2012 - lavori pubblici

LL.PP. – PER L’AMMISSIONE ALLA GARA NON E’ NECESSARIO MENZIONARE CONDANNE OVE E’ RAGIONEVOLMENTE GIUSTIFICABILE UN GIUDIZIO SULLA LORO IRRILEVANZA

(Consiglio di Stato sez. VI 27/3/2012 n. 1799)

Nel caso in cui il bando non ponga un obbligo incondizionato di dichiarare qualsiasi condanna riportata, si potrebbe non ritenere “falsa” la dichiarazione di un concorrente che ometta di menzionare la condanna penale di un amministratore, qualora fosse ragionevolmente giustificabile – in riferimento agli interessi perseguiti dalla normativa sui contratti pubblici – il suo giudizio di irrilevanza di condanne per fatti da lui stesso ritenuti scarsamente offensivi, ovvero non attinenti agli interessi che presiedono ai requisiti richiesti per la partecipazione.
Una tale evenienza non ricorre però nel caso in cui la questione si pone con riferimento ad un reato che è da considerare oggettivamente “grave” e perciò direttamente incidente sull’affidabilità dell’impresa in relazione al rispetto delle norme di sicurezza dettate a tutela dei lavoratori.

FATTO e DIRITTO

Con atto di appello n. 7422/08, notificato il 15 settembre 2008, il Consorzio Stabile Costruttori, in persona del legale rappresentante ing. Angelo Luperto, contesta la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia-Romagna, Bologna, I, 3 aprile 2008, n. 1253, con la quale è stato respinto il ricorso dal medesimo proposto avverso l’aggiudicazione all’ATI Procest s.r.l. e FI-MA Elettro-Meccanica s.r.l. dell’appalto per lavori di restauro e adeguamento normativo e funzionale di una porzione del fabbricato sito in Modena,, denominato Palazzo Solmi, già Bellentani-Rangoni.
Le questioni qui sottoposte all’esame del Collegio riguardano le seguenti censure, respinte in primo grado e riproposte nella presente sede dal citato Consorzio, risultato secondo in graduatoria:

1) omessa dichiarazione di condanne penali, riportate da due amministratori, il primo dei quali, tuttavia, cessato dalla carica da più di tre anni (con preclusa rilevanza di tale condanna per la società, come in precedenza riconosciuto dalla stessa ricorrente), mentre per il secondo amministratore sarebbe stata (secondo l’appellante) illegittimamente esclusa la rilevanza di una condanna, benché patteggiata dieci anni prima della gara, non essendo automatica l’estinzione del reato e non risultando congrua la decisione della stazione appaltante di escludere l’incidenza della stessa sulla moralità professionale del concorrente, anche per l’autonoma rilevanza dell’omessa dichiarazione (pur richiedendo il bando di effettuare la dichiarazione di cui trattasi nei termini di cui all’art. 38 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163);
2) . . . omissis . . .

Per quanto riguarda infatti, in primo luogo, l’omessa dichiarazione di condanne penali, richiesta ai sensi dell’art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006, il Collegio ricorda che occorre distinguere – nell’ambito della disposizione – fra i requisiti il cui accertamento è oggettivo e non richiede alcuna valutazione (come il fallimento, o la pendenza di procedura di prevenzione) e i requisiti rimessi all’apprezzamento discrezionale della stazione appaltante, come appunto l’intervenuta condanna per reati “gravi” ed “incidenti sulla “moralità professionale”.
Per questi ultimi, la mera ripetizione, da parte del bando, della disposizione di legge, così come il rinvio alla stessa, appaiono di fatto costitutivi di una causa di legittimazione anche per il concorrente, che potrebbe ritenersi esonerato dal dichiarare infrazioni penalmente rilevanti, ma di lieve entità. L’omessa dichiarazione sarebbe senz’altro sanzionabile in sede di gara, pertanto, solo in presenza di un più stringente obbligo, imposto dal bando, di dichiarare qualsiasi condanna penale, spettando in via esclusiva all’amministrazione la predetta valutazione di gravità (Cons. Stato, VI, 4 agosto 2009, nn. 4905, 4906 e 4907).
Nella situazione in esame, il bando di gara prevedeva (punto 5, lettera h)) la dichiarazione di cui trattasi per reati che incidessero “sull’affidabilità morale e professionale” dei rappresentanti delle imprese, indicati al precedente punto e), “anche se cessati dalle cariche nel triennio antecedente alla data di pubblicazione del bando, fatta salva la dimostrazione da parte dell’impresa di avere adottato atti o misure di completa dissociazione dalla condotta penalmente sanzionata”.
Non rilevava quindi, in primo luogo (e la stessa attuale appellante aveva rinunciato a tale censura, con memoria prodotta in primo grado di giudizio), la condanna riportata dall’amministratore delegato di . . . . .  s.r.l. (sig. . . . . . . ), cessato dalla carica in data 11 febbraio 2002 (ovvero oltre tre anni prima della dichiarazione di cui trattasi): l’irrilevanza di tale condanna ai fini della partecipazione alla gara era infatti prevista dalla disposizione del bando sopra riportata, peraltro in conformità all’art. 75, comma 1, lettera c) d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, come successivamente integrato e assorbito dal d.lgs. n. 163 del 2006.
Per quanto riguarda, invece, la posizione del legale rappresentante della ditta . . . . .  (sig. . .. . . . . . ), il Collegio non ritiene ragionevole – in applicazione dell’indirizzo giurisprudenziale ricordato – un apprezzamento discrezionale di “non gravità”, compiuto dall’impresa partecipante alla gara in rapporto ad una condanna patteggiata per omicidio colposo commesso per “imprudenza, imperizia, negligenza e colpa specifica, consistente nella violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro”, punito ai sensi dell’art. 589, commi 1 e 2, Cod. pen. dalla Pretura circondariale di Terni con sentenza in data 13 ottobre 1995. Tale condanna riguardava infatti un delitto per detta qualificazione incidente su beni e interessi comunque rilevanti per quanto concerne l’affidabilità dell’impresa partecipante ad appalti pubblici, chiamata al sistematico rispetto delle condizioni di sicurezza dei lavoratori (cfr. Cons. Stato, sez. I, 23 gennaio 2008, n. 4436/07): il precedente in questione non poteva pertanto scendere al di sotto della soglia della “gravità”, ai fini della dichiarazione di cui trattasi.
Il fatto che la condanna fosse risalente nel tempo e la prospettata maturazione dei presupposti di estinzione del reato potevano essere (come sono stati) oggetto di specifica valutazione da parte della stazione appaltante: ma resta comunque fermo che quest’ultima doveva farsi carico della questione – comunque rilevante, – dell’omissione della dichiarazione, prescritta dal bando, circa l’esistenza di una tale condanna (cfr. sul punto artt. 75 e 76 d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445).
L’apprezzamento di “non gravità”, che può ritenersi rimesso alla valutazione del concorrente, non è in effetti speculare a quello esercitabile dalla stazione appaltante: al primo (in presenza di un rinvio generico, o di una testuale reiterazione della disposizione di legge nel bando di gara) compete solo un apprezzamento limitato al possibile superamento della soglia di interesse della valutazione; ma la valutazione concreta spetta poi alla stazione appaltante, in ragione degli interessi tutelati dalla legge.
In altre parole, nel caso in cui il bando non ponga un obbligo incondizionato di dichiarare qualsiasi condanna riportata, si potrebbe non ritenere “falsa” la dichiarazione di un concorrente che ometta di menzionare la condanna penale di un amministratore, qualora fosse ragionevolmente giustificabile – in riferimento agli interessi perseguiti dalla normativa sui contratti pubblici – il suo giudizio di irrilevanza di condanne per fatti da lui stesso ritenuti scarsamente offensivi, ovvero non attinenti agli interessi che presiedono ai requisiti richiesti per la partecipazione.
Una tale evenienza non ricorre però nel caso di specie, in cui la questione si pone con riferimento ad un reato che, per le dette ragioni, è da considerare oggettivamente “grave” e perciò direttamente incidente sull’affidabilità dell’impresa in relazione al rispetto delle norme di sicurezza dettate a tutela dei lavoratori.
In tale contesto – essendo incontestabile la gravità” (indifferente – per quanto concerne il dovere di presentare le dichiarazioni di cui si verte – rispetto all’ulteriore questione dell’avvenuta successiva estinzione, o meno, del reato) spettava alla sola Amministrazione la responsabile scelta, in ordine all’eventuale superamento della presunzione relativa di inaffidabilità, conseguente alla condanna stessa. Risultava inammissibile, invece, che il concorrente potesse ritenersi non tenuto all’obbligo di dichiarazione imposto dall’art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006 e dal bando di gara, in quanto tale obbligo, legato esclusivamente alla natura della condotta penalmente sanzionata, prescindeva dalle ulteriori – non pacifiche – valutazioni in ordine all’eventuale riabilitazione del condannato o all’estinzione del reato, Il bando richiedeva, d’altra parte, un’attestazione circa l’oggettiva insussistenza di condanne, che potessero in astratto essere incidenti sull’affidabilità morale e professionale dei rappresentanti delle imprese concorrenti, e non rimetteva loro una valutazione di attenuazione per fatti estrinseci e successivi come quelli addotti.
. . . .  omissis . . . .


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