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28.02.2013 - tributi

“IVA PER CASSA” – RISPOSTE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE ALLA STAMPA SPECIALIZZATA

Dall’esclusione dell’ “IVA per cassa” nell’ipotesi di cessione del credito, all’applicabilità di tale regime in presenza di pagamento non in contanti, nonché di note di variazione rispetto alla fattura originaria.

Questi i principali temi affrontati dall’Agenzia delle Entrate, in risposta ai quesiti sollevati dalla stampa specializzata in occasione dell’incontro dello scorso 17 gennaio 2013[1], relativamente alle novità intervenute nel corso del 2012 in materia fiscale.

Come noto, il regime di “IVA per cassa” è in vigore dal 1° dicembre 2012, e consente, su opzione, ai titolari di attività d’impresa ed agli esercenti arti o professioni, con volume d’affari non superiore a 2 milioni di euro, di versare l’IVA solo al momento dell’effettivo incasso dei corrispettivi contrattuali[2]. In estrema sintesi, tale meccanismo:

– riguarda il complesso delle operazioni (attive e passive) eseguite dal soggetto passivo che se ne avvale, con riflessi anche sulla detrazione dell’IVA assolta per le operazioni passive (acquisti di beni e servizi) effettuate dal medesimo soggetto;

– riconosce al cessionario/committente, che non opta per il medesimo regime, il diritto alla detrazione dell’IVA assolta sulle operazioni passive, sin dal momento dell’effettuazione delle operazioni stesse, a prescindere dall’effettivo pagamento del corrispettivo ai propri fornitori.

Diversamente, si ricorda che sono escluse da tale regime le cessioni di beni e le prestazioni di servizi alle quali si applica il meccanismo dell’inversione contabile(cd. “reverse charge” – ad es. cessioni di immobili imponibili ad IVA su opzione, o subappalti nel settore edile).

 

Cessione del credito

Al riguardo, viene chiarito che la cessione del credito, in entrambe le forme “pro-solvendo”, ovvero “pro-soluto”, non realizza il presupposto relativo all’esigibilità dell’imposta, richiesto ai fini dell’applicabilità del meccanismo dell’ “IVA per cassa”.

In sostanza, l’incasso del prezzo derivante dalla cessione del credito «non è assimilabile al pagamento del corrispettivo delle operazioni originarie», con la conseguenza che, per il cedente/prestatore (che ha ceduto il proprio credito), il regime di “IVA per cassa” si applica solo a seguito dell’effettivo pagamento, da parte del cliente (debitore ceduto), al nuovo creditore.

Alla luce di tale principio viene riconosciuta allo stesso cedente/prestatore la facoltà di versare l’IVA relativa all’operazione:

– a seguito del pagamento del corrispettivo da parte del debitore al cessionario del credito, secondo le regole ordinarie dell’ “IVA per cassa” (ossia nella liquidazione periodica relativa al mese, o trimestre, nel corso del quale avviene il pagamento).

In tal caso, il cedente/prestatore assume l’onere di verificare che il proprio cliente abbia effettivamente eseguito il pagamento nei confronti del nuovo creditore;

o, alternativamente:

– al momento della cessione del credito, nella relativa liquidazione periodica, senza attendere la notizia dell’avvenuto pagamento da parte del cliente/debitore originario ed evitando, così, l’applicazione di sanzioni.

Al riguardo, si ritiene che l’alternativa sia utilizzabile dal soggetto passivo per ogni singola cessione del credito, fermo restando che la genericità della risposta dell’Agenzia delle Entrate non consente di affrontare nel dettaglio le modalità applicative connesse all’applicazione del meccanismo per tale fattispecie.

 

Pagamento non in contanti

Nell’ipotesi di utilizzo di mezzi diversi dal contante, l’Agenzia delle Entrate chiarisce che il pagamento del corrispettivo si considera avvenuto nel momento in cui il cedente/prestatore riceve l’accredito sul proprio conto corrente, a prescindere dalla formale conoscenza a seguito dell’invio del relativo documento contabile da parte dell’istituto di credito.

In sostanza, il momento di incasso del corrispettivo coincide con la “data disponibile”, che indica il giorno a partire dal quale l’importo accreditato può essere effettivamente utilizzato, verificabile dal cedente/prestatore anche attraverso gli attuali sistemi di internet banking.

Il chiarimento giunge ad integrazione di quanto già contenuto nella C.M. 44/E/2012, con la quale l’Agenzia delle Entrate ha precisato che per individuare il momento del pagamento non effettuato in contanti, al verificarsi del quale l’imposta diventa esigibile, il cedente/prestatore deve fare riferimento alle risultanze dei propri conti bancari, dalle quali è ricavabile la data di accreditamento del corrispettivo (es. assegni bancari, RI.BA, RID, bonifico bancario).

 

Note di variazione

E’ stato chiesto all’Agenzia delle Entrate di intervenire nuovamente a proposito dell’emissione di note di variazione (in aumento o diminuzione), riguardanti l’imponibile o l’ammontare dell’imposta, in particolare quando emesse successivamente al pagamento della fattura originaria.

Al riguardo, circa gli effetti, riconducibili all’emissione di note di variazione, sul computo del termine di 1 anno dall’effettuazione dell’operazione originaria (trascorso il quale, come noto, l’IVA relativa all’operazione sottoposta a tale disciplina diviene, comunque, esigibile), viene sostanzialmente confermato quanto già chiarito nella C.M. 44/E/2012, in accordo alla quale:

in caso di variazioni in aumento[3]intervenute prima del decorso di 1 anno, anche per il nuovo ammontare dell’imponibile o dell’IVA, il termine annuale si calcola a decorrere dall’effettuazione dell’operazione originaria.

In merito, nel corso dell’incontro dello scorso 17 gennaio è stato precisato che, nell’ipotesi in cui la nota di variazione sia stata emessa dopo il decorso di 1 anno dall’effettuazione dell’operazione, «l’imposta va computata nella prima liquidazione utile».

Sul tema, l’Agenzia delle Entrate non chiarisce, tuttavia, gli effetti della variazione in aumento nell’ipotesi in cui la stessa venga effettuata, sempre entro l’anno, successivamente al pagamento del corrispettivo.

A tal proposito, si ritiene che la maggiore IVA debba essere versata nella prima liquidazione utile, tenuto conto che il pagamento del corrispettivo ha già integrato il presupposto relativo all’esigibilità dell’imposta.

Per completezza, si ritiene che, nella diversa ipotesi in cui la variazione in aumento intervenga, in pendenza del termine annuale, prima del pagamento del corrispettivo, nell’imposta da liquidare si terrà già conto della variazione;

le variazioni in diminuzione[4] effettuate:

– prima che l’imposta diventi esigibile, rettificano direttamente l’imposta da liquidare,

– successivamente al verificarsi dell’esigibilità (ossia dopo il pagamento del corrispettivo), possono essere computate nella prima liquidazione utile.

Infine, si segnala che l’Agenzia delle Entrate ha reso disponibile dal 21 gennaio scorso, sul proprio sito internet www.agenziaentrate.gov.it., un depliant illustrativo, nel quale vengono sinteticamente riepilogate le principali caratteristiche del regime di “IVA per cassa”, nonché i contatti per l’assistenza ai contribuenti.

In ogni caso, per le generali modalità operative del meccanismo si rinvia alle prime linee guida messe a punto dall’ANCE.

 

Note:

[1] Si tratta del Videoforum organizzato dal quotidiano ItaliaOggi.

[2] La nuova disciplina è stata introdotta dall’art.32-bis del D.L. 83/2012, convertito, con modificazioni, nella legge 134/2012 – Cfr. ANCE “Nuova IVA per cassa – Disposizioni attuative e primi chiarimenti dell’AdE” del 28 novembre 2012. In ogni caso, la piena operatività del nuovo meccanismo resta subordinata all’esito definitivo della consultazione del Comitato IVA dell’UE, ai sensi dall’art.167-bis, par.2, della Direttiva 2006/112/CE, che ne impone l’attivazione per applicare il regime di “IVA per cassa” alle imprese con fatturato compreso tra 500 mila e 2 milioni di euro. Qualora in sede comunitaria dovesse emergere un parere negativo, i soggetti che, nel frattempo, hanno scelto di adottare il nuovo meccanismo dovranno procedere al versamento dell’IVA con le modalità ordinarie, senza però scontare né interessi, né sanzioni.

[3] Ai sensi dell’art.26, co.1, del D.P.R. 633/1972.

[4] Ai sensi dell’art.26, co.2-3, del D.P.R. 633/1972.

 


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