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21.02.2013 - economia

LE AZIONI E LE PROPOSTE DELL’ANCE AMPIAMENTE RIPRESE DAL SOLE 24ORE DI OGGI

LE AZIONI E LE PROPOSTE DELL’ANCE AMPIAMENTE RIPRESE DAL SOLE 24ORE DI OGGI

A seguito dell’ennesimo incontro con i possibili futuri premier, in questa occasione si è trattato di Monti, la stampa ha dato ampio risalto alla situazione del settore e agli interventi dell’Associazione Nazionale dei Costruttori Edili, l’ANCE.
Si tratta di articoli di prima, seconda e terza pagina del giornale odierno, che forniscono correttamente il quadro della situazione del settore, delle diverse proposte politiche sul tappeto e dell’individuazione delle problematiche di fondo del settore. L’occasione viene da una delle diverse attività dell’Ance svolte in un quadro organico di interventi continui, in un’ottica propositiva volta non solo alla denuncia ma anche a proposte organiche, serie e attuabili.
Considerando la cura e professionalità con cui sono stati redatti si ritiene opportuno una loro divulgazione.

“Promesse” sui pagamenti Pa – Su opere e casa manca la svolta – Monti all’Ance: proroga al 2015 del bonus ristrutturazioni
Le proposte dei partiti su infrastrutture – territorio e città – casa e immobili
Battuta d’arresto per i casa-bond
La burocrazia blocca l’80% delle opere – I piani infrastrutturali non vanno oltre il 20-30% – Ance: 39 miliardi disponibili e non spesi
Le proposte dell’Ance
Investimenti pubblici crollati all’1,8% del Pil: ora incentivi ai privati
Il Sole-24 Ore – 21-02-2013 – Pag. 2

«PROMESSE» SUI PAGAMENTI PA SU OPERE E CASA MANCA LA SVOLTA
MONTI ALL’ANCE: PROROGA AL 2015 DEL BONUS RISTRUTTURAZIONI
Massimo Frontera

ROMA
L’ultima promessa, in ordine di tempo, è arrivata ieri dal premier Mario Monti: proroga al 2015 per i crediti d’imposta del 50% alle ristrutturazioni in casa e del 55% per il risparmio energetico e pagamento di 30 miliardi dei crediti che le imprese vantano con la pubblica amministrazione.
L’edilizia e le costruzioni cominciano a fare breccia nei programmi elettorali delle coalizioni candidate alle prossime elezioni del 24 e 25 febbraio, anche se sono lontani i tempi in cui le infrastrutture erano in cima alle priorità della politica.
Oggi le imprese devono pensare a sopravvivere, e quello che toglie il sonno sono i 19 miliardi di mancati pagamenti della Pa per lavori eseguiti. Sono finora tre i leader politici che si sono sbilanciati sul rientro di questo credito-monstre accumulato dalle imprese.
Lo ha promesso il leader del Pdl Silvio Berlusconi (attraverso somme – che verrebbero anticipate dalla Cassa depositi e prestiti – derivanti da una forma di regolarizzazione dei capitali italiani in Svizzera). Lo ha promesso il leader del Pd Pierluigi Bersani (attraverso un piano quinquennale da 50 miliardi con emissione di titoli obbligazionari dedicati).
E lo ha promesso da ultimo, anche il leader di Scelta Civica Mario Monti, ieri nella sede dei costruttori dell’Ance, parlando della possibilità di «ridurre in tempi rapidi di 30 miliardi gli arretrati».
L’attuale premier ha poi toccato altri temi sensibili per le orecchie dei costruttori, aprendo appunto all’estensione del bonus fiscale del 50% sulle ristrutturazioni fino al 2015 abbinato allo sconto del 55% per l’efficienza energetica. Monti si è poi impegnato a esaminare con i Comuni la possibilità di eliminare l’Imu sugli immobili invenduti delle imprese (il cosiddetto “magazzino”). Infine, in tema di infrastrutture, Monti ha poi anticipato una nuova riunione del Cipe «da 12 miliardi entro la fine del mandato di governo».
Infrastrutture, fiscalità, ambiente e territorio, incentivi alla riqualificazione edilizia. Sono tutti temi presenti anche nelle altre coalizioni, sia pure con segno opposti. Ma – spulciando tra i programmi elettorali – non emerge un’attenzione particolare al comparto delle costruzioni, né si percepisce il riconoscimento di un suo ruolo importante nell’economia e per lo sviluppo del Paese. E si fa fatica a scorgere una moderna politica per la città, relegata a sfondo alle varie proposte su urbanistica, tecnologie “verdi” o mobilità.
Se c’è chi assicura un sostegno ai programmi Tav (Monti, Bersani, Berlusconi) c’è invece chi ha promesso di stroncarli non appena eletto (Grillo, Ingroia). In alternativa alla Tav, sia il Movimento 5 stelle che Rivoluzione civile vorrebbero invece potenziare le reti di traffico pendolare.
Il leader del Pd Pierluigi Bersani – che sarà venerdì pomeriggio dai costruttori dell’Ance – ha già detto di voler puntare su un grande piano di piccole opere da 7,5 miliardi: interventi diffusi e attuati a livello locale per ammodernare scuole, mettere in sicurezza il territorio, migliorare la mobilità.
Più trasversale il tema dello sviluppo della rete nazionale di banda larga, che mette d’accordo Bersani, Grillo, Ingroia e Monti e Berlusconi.
In tema di fiscalità prevale la questione Imu, che vede fronteggiarsi le opposte visioni dei rigoristi (Monti in testa, con la recentissima timida apertura fatta ieri ai costruttori di cui si è detto) e degli abolizionisti, che sono invece per cancellarla, almeno sulle prime case e sul “magazzino” delle imprese (Pdl).
Più sfumata la posizione di Fermare il declino, che vorrebbe mantenere l’imposta ma rimodulando il calcolo dell’aliquota, passando dai valori catastali ai valori di mercato dell’immobile. Ma l’Imu non esaurisce il tema fisco, su cui tutte le coalizione hanno fare proposte, ovviamente per una riduzione principalmente di Irap e Ires.
Trasversale anche il tema della messa in efficienza del patrimonio immobiliare, sia pubblico che privato, anche se non sempre nei programmi si rintracciano proposte mirate.
LE PROPOSTE DEI PARTITI SUL LAVORO

PD-SEL-PSI
Abolizione dell’Imu sull’abitazione principale fino alla soglia di 500 euro di imposta. Imposta equivalente a quella della prima casa per immobili a uso capannoni, uffici e negozi. Recupero delle entrate sui grandi patrimoni immobiliari
Sostegno alla Tav e alla rete a banda larga . Piano straordinario triennale con investimenti di Regioni, Province e Comuni per 7,5 miliardi e con la partecipazione dei privati per realizzare “piccole opere” di pubblica utilità (scuole, mobilità, ambiente)
Sostegno alla riqualificazione ambientale ed energetica degli edifici. Operazioni di bonifica di dieci grandi poli industriali. Rilancio delle energie rinnovabili con selezionate forme di incentivo e semplificazioni. Riordino del ciclo industriale dei rifiuti

PDL-LEGA
Abolizione dell’Imu e restituzione di quanto pagato. Piano casa per alloggi pubblici e privati attraverso incentivi fiscali, premi volumetrici e semplificazioni. Acquisto a riscatto di case pubbliche. Incentivi al recupero di immobili e alle smart grid
Completamento della Tav, a partire dalla Torino-Lione, e potenziamento delle rete esistente. Credito di imposta per lo sviluppo delle infrastrutture in Project financing. Nuova legge obiettivo per snellire le procedure. Potenziamento di logistica e trasporto merci
Piano nazionale di riassetto idrogeologico. Piano della mobilità urbana sostenibile. Messa insicurezza del patrimonio immobiliare. Sviluppo delle smart cities, coinvolgendo capitali privati. New towns. Completamento della regionalizzazione dell’Anas

SCELTA CIVICA
Proroga degli incentivi su ristrutturazioni ed efficienza energetica fino al 2015 per favorire l’edilizia eco-sostenibile. Tassazione dei grandi patrimoni. Impegno a valutare la rivisitazione dell’Imu sugli immobili invenduti delle imprese
Più investimenti pubblici in infrastrutture. Rafforzare le reti a banda larga e le smart cities. Riportare allo Stato le decisioni in materia di infrastrutture energetiche. Introdurre l’istituto del “dibattito pubblico” nelle procedure decisionali sulle infrastrutture
Grande piano di gestione integrata delle acque, per tutelare il territorio sia dal rischio di dissesto idrogeologico che di carenza idrica. Favorire le intese pubblico-private per investire sul patrimonio culturale. Misure di aiuto alla Pa nell’utilizzo e nella spesa dei fondi comunitari

MOVIMENTO 5 STELLE
Estensione del protocollo CasaClima (efficienza energetica degli edifici) a tutta l’Italia. Agevolazioni alle ristrutturazioni energetiche da parte delle Esco. Incentivi alla microcogenerazione diffusa. Pagamento a consumo dell’energia termica nei condomini
Blocco immediato della rete ferroviaria Tav in Val di Susa. Sviluppo di tratte ferroviarie per pendolari. Copertura nazionale di rete per la banda larga. Potenziamento delle centrali termoelettriche e incentivi alla produzione di energia con fonti rinnovabili
Stop a nuovi parcheggi per auto nelle città. Sviluppo di piste ciclabili estese a tutta l’area urbana ed extra urbana. Realizzazione di parcheggi per biciclette. Riduzione del 10% in cinque anni dei consumi energetici del patrimonio edilizio degli enti pubblici

RIVOLUZIONE CIVILE
Adeguare l’Italia alla media europea nel campo delle abitazioni sociali, sospendere gli sfratti e rifinanziare il fondo per l’affitto. Eliminare l’Imu sulla prima casa (ed estenderla agli immobili commerciali della Chiesa e delle fondazioni bancarie)
Investimenti per lo sviluppo della banda larga (gratuita per i fruitori). Stop alla realizzazione della rete Tav e del Ponte di Messina. Piano delle piccole opere. Sostegno ai green jobs in tutte le filiere produttive. Interventi per la mobilità sostenibile
Stop al consumo di suolo. Stop alle deroghe
ai Piani regolatori. Obbligo di pianificazione strategica. Piano straordinario per il risanamento idrogeologico. Aumento dell’efficienza energetica del patrimonio pubblico. Tutela e valorizzazione del paesaggio

FARE PER FERMARE IL DECLINO
Imu confermata, ma calcolata sulla base di valori di mercato e non di valori catastali. Vendita del patrimonio immobiliare pubblico. Tagli alla spesa pubblica (per un valore pari a 5 punti del Pil Italia) in vari settori, tra cui quello definito “abitazioni e assetto territoriale”
Maxi programma di liberalizzazione completamente finalizzata a un’apertura alla concorrenza solo tra operatori privati – nei settori, tra gli altri, delle ferrovie, del trasporto pubblico locale, dell’energia elettrica e del gas, dei porti e degli aeroporti
Definizione degli oneri di urbanizzazione in misura pari ai reali costi delle opere di urbanizzazione necessarie. Destinazione degli oneri di urbanizzazione alle opere necessarie a garantire la qualità della vita delle aree di nuova urbanizzazione
Il Sole-24 Ore – 21-02-2013 – Pag. 2

BATTUTA D’ARRESTO PER I CASA-BOND
INCENTIVI AI MUTUI. FRENATA AL TAVOLO TRA MISE, CDP, ANCE E ABI: SE NE PARLERÀ DOPO LE ELEZIONI
Si allontanano i cosiddetti “casa-bond”, le misure per favorire l’accesso al credito delle famiglie nell’acquisto della casa. Nell’ultima riunione di martedì del tavolo tra ministero dello Sviluppo, Cassa depositi e prestiti, Ance e Abi si è registrata una frenata sulla volontà di chiudere il lavoro fatto finora, sollecitato dai costruttori e stimolato dal ministro dello Sviluppo, Corrado Passera.
Le elezioni sono ormai alle porte e sembra prevalere la linea di chi vuole attendere l’esito delle consultazioni e la formazione del nuovo governo prima di dare il via a un strumento che mette sul piatto, come è nelle previsioni, una dote iniziale di almeno dieci miliardi euro. Secondo indiscrezioni sarebbe l’Associazione dei bancari a premere improvvisamente sul piede del freno. Certo è che la conclusione imminente del tavolo, annunciata dieci giorni fa, slitta.
Alla base del progetto c’è una forma di garanzia nei confronti delle banche dei mutui casa per le famiglie, tramite l’emissione di covered bond destinati a investitori istituzionali con capofila la Cassa depositi e prestiti. Come plafond iniziale è stata appunto indicata la cifra di dieci miliardi di euro di raccolta a medio-lungo termine (da 15-20 anni).
La garanzia aggiuntiva sui bond – caratteristica che rende questi strumenti previsti dalla legge 130/1999 più sicuri e ne contiene i rendimenti – sarebbe fornita dal trasferimento delle stesse garanzie ottenute dalla banca sul patrimonio immobiliare mutuato. Nell’ipotesi alla base del lavoro sarebbe sancito anche un forte vincolo negli impieghi perché le risorse andrebbero destinate a mutui per abitazioni con standard edilizi ed energetici elevati.
La soluzione elaborata rappresenta anche un espediente “artigianale” per così dire a una grave falla sistemica nel sistema del credito, cioè il fatto che a fronte della difficoltà di raccolta a breve e lungo termine, gli istituti di credito hanno conseguentemente chiuso i rubinetti sui mutui a lungo termine, sia chiesti dalle famiglie, sia anche dalle imprese per investimenti.
L’accordo a quattro (Ance, Abi, Cdp, Mise) ha l’obiettivo di intervenire a sostegno delle famiglie per dare sfogo alla domanda strozzata di prime case. I costruttori scommettevano sulla chiusura a breve del tavolo, dopo l’assenso pieno di Cdp al progetto, e contando anche sul fatto che la misura non avrebbe richiesto alcun intervento legislativo. Era anche stato abbozzato il primo bond multibanca con sottoscrizione di Cdp e altri investitori istituzionali. Le elezioni sembrano aver congelato, per ora, il progetto.
M.Fr.
Il Sole-24 Ore – 21-02-2013 – Pag. 3

CANTIERI FERMI. LA BUROCRAZIA BLOCCA L’80% DELLE OPERE
I PIANI INFRASTRUTTURALI NON VANNO OLTRE IL 20-30% – ANCE: 39 MILIARDI DISPONIBILI E NON SPESI: LE CAUSE DEL BLOCCO

Progettazioni carenti, fondi incerti, norme complesse, inerzie a livello locale, competenze poco chiare fra vari gradi di governo
Giorgio Santilli

ROMA.
Il piano contro il dissesto idrogeologico ha fondi per 750 milioni, riconfermati nel gennaio 2012, ma arriverà al prossimo giugno solo al 16% dell’attuazione per un groviglio di procedure regionali e locali che frenano anche gli interventi più urgenti. Il programma per i depuratori, per cui abbiamo una sventagliata di procedure di infrazione dalla Ue, vale 1.819 milioni ma quest’anno non andrà oltre il 33-35%, nonostante gli interventi siano programmati da anni. Per le scuole è in programma da tre anni un fondo dell’ordine dei due miliardi ma i finanziamenti restano fermi e nessuno li spende: per il primo stralcio di 358 milioni, lanciato nel 2010, sono stati erogati finora 27 milioni. Meno dell’8%.
Inutile parlare delle grandi opere: a undici anni dall’approvazione della legge obiettivo, le opere completate sono il 10%, come testimonia lo studio recente della Camera dei deputati e dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici. Undici anni di un percorso di guerra che è passato per bocciature degli enti territoriali, cambiamenti progettuali, opposizione delle popolazioni locali, guerre fra ministeri, valutazioni di impatto ambientale negative. Ma quello che vale per le grandi opere vale anche per quelle piccole. Con rare eccezioni, da qualunque parte lo si giri, tutti i programmi infrastrutturali soffrono di una lentezza estrema che ha portato ieri l’Ance a denunciare piani bloccati per 39 miliardi.
Anche quando ci sono le risorse finanziare, le opere non vanno avanti. I programmi non vanno praticamente mai oltre il 20-30% di quanto pianificato e spesso anche finanziato. A tenere incagliato l’80% di progetti e risorse sono procedure complesse, una progettazione che resta carente, un groviglio di vincoli e autorizzazioni che non hanno avuto benefici palesi dalle pure molte innovazioni in termini di conferenza di servizi. Anche le riforme incidono su un pezzetto dell’infinito percorso che dovrebbe portare l’opera infrastrutturale dal concepimento al traguardo. Il Governo Monti ha preso di mira uno degli ostacoli più scandalosi presenti fino a un anno fa: le delibere del Cipe, cioè dell’organo che dovrebbe garantire la certezza della pianificazione degli investimenti, arrivavano in Gazzetta ufficiale anche dopo 300 giorni per le opposizioni del ministero dell’Economia e i tempi lunghi della Corte dei conti. Monti e Fabrizio Barca, il ministro per la Coesione territoriale che è segretario del Cipe, sono riusciti a ridurre questi tempi a 30-60 giorni. Un successo, il superamento di un paradosso fatto anche di furbizie, ma è solo il primo passaggio per aprire la cassa. Lo stesso Barca, con verifiche dirette sui cantieri avviati dei fondi Cipe, del vecchio Fas e dei fondi europei, ha controllato sul campo la lentezza con cui questi programmi procedono. A proposito dei fondi Ue, la recente accelerazione, avvenuta anche per i meccanismi contabili della riduzione del cofinanziamento nazionale, nel 2013 sarà alla prova dei fatti: 31 miliardi da spendere entro ottobre 2015 non lasciano più tempo per alibi e riprogrammazioni. Ora si deve marciare spediti o i fondi andranno persi.
La prossima legislatura non potrà che partire da qui, se vorrà rilanciare le infrastrutture. Ma i partiti non indicano impegni precisi per disboscare la burocrazia e accelerare le procedure, non indicano precise priorità nei programmi, non dicono dove andare a prendere le risorse. Totalmente ignorato il tema degli incentivi ai privati che vogliano finanziare piccole e grandi opere.
LE PROPOSTE DELL’ANCE

DEBITI PA
La prima mossa per riaccendere il motore dell’edilizia passa dalla definizione di un piano effettivo di pagamento di tutti i debiti pregressi della Pa nei confronti delle imprese per i lavori già eseguiti

ACCESSO ALLA CASA
Oltre all’emissione di bond a lunga a scadenza da parte delle banche per finanziare i mutui delle famiglie, l’Ance chiede un piano pluriennale di edilizia sociale sostenibile e l’esenzione Imu sugli immobili invenduti dalle imprese edili

MESSA IN SICUREZZA
Serve un piano prioritario per la messa in sicurezza del territorio e delle scuole. Ma anche la revisione delle regole del patto di stabilità e l’immediata attuazione dei programmi infrastrutturali già finanziati

PIANO CITTÀ
Il rilancio delle città passa sia da un intervento di riqualificazione basato sul riordino degli incentivi e della normativa fiscale, sia dalla nomina di un «ministro per la città» per superare le decisioni frammentate
Il Sole-24 Ore – 21-02-2013 – Pag. 3

ORA INCENTIVI AI LAVORI «PRIVATI»
Giorgio Santilli

Nel 1981, in piena era di centralità del debito pubblico nella politica economica, gli investimenti fissi della pubblica amministrazione rappresentavano il 3,5% del Pil.
Nel 2013, con 28,3 miliardi di spesa, l’apporto di quel motore pubblico all’economia italiana è dimezzato: 1,8%.
Una discesa (e marginalizzazione) durata trenta anni, con due soli momenti di inversione della tendenza di brevissimo periodo.
Nel 2003, subito dopo il lancio della «legge obiettivo» del Governo Berlusconi, quando il rapporto risalì al 2,5% (era 1,7% nel 2002), e nel 2009, sempre dopo l’arrivo di Berlusconi al Governo, quando si passò da 2,2% a 2,5%.
Fuochi di fiamma che neanche quei due governi di centro-destra, che avevano fatto delle infrastrutture un punto-chiave del programma di governo, riuscirono a tenere.
E lo smottamento di lungo periodo continuerà, nonostante anche l’attuale premier Mario Monti, ora entrato in politica, proclami la necessità di rilanciare gli investimenti pubblici nei prossimi anni (sia pure dopo un’intesa a livello europeo che sottragga la spesa in conto capitale dai vincoli del patto di stabilità): la nota di aggiornamento al Def approvata dal suo Governo lo scorso settembre prevedeva per il 2014 e 2015 un’ulteriore riduzione all’1,7% di questa percentuale.
D’altra parte, il Def del suo predecessore – Giulio Tremonti all’Economia – fu ancora più drastico nel prevedere il brusco calo dal 2 all’1,7%, avendo egli largamente teorizzato la necessità di aprire l’era delle «infrastrutture finanziate da privati».
A corollario di questa fotografia occorre solo aggiungere che, mentre la spesa pubblica in conto capitale complessiva è scesa del 18,6% in termini correnti dal 2005 al 2011, a sintetizzare il contributo dato dagli investimenti al risanamento di bilancio, la spesa corrente è cresciuta nello stesso periodo del 18,2%.
Nei nove anni dal 2005 al 2013 la spesa per opere pubbliche ha avuto per otto volte un segno negativo (quasi sempre fra -5,5% e -9,7%) e una sola volta, nel 2007, un +0,4% (dati Cresme).
Si parla poco in questa campagna elettorale di opere pubbliche, forse anche perché questo scenario di vincoli e difficoltà di finanziamento è largamente condiviso da tutte le forze politiche e nessuno può fare in questo campo le grandi promesse che circolano magari in materia fiscale.
Il più propenso a promettere su questo versante, Silvio Berlusconi, deve fare, d’altra parte, attenzione ad assumere nuovi impegni visto che i recenti rapporti della Camera dei deputati e dell’Autorità di vigilanza certificano che, a oltre dodici anni dall’approvazione della legge obiettivo, le opere completate sono soltanto il 10% del faraonico programma adottato nel dicembre 2001.
La consapevolezza diffusa impedisce fughe in avanti a chiunque e questo forse è un bene.
Restano, al prossimo Governo, da affrontare una serie di questioni per cui passa non solo il rilancio di una politica infrastrutturale di lungo periodo, ma la stessa sopravvivenza di un settore economico.
Oltre a una seria spending review che sappia tagliare di più la spesa corrente e recuperare risorse per gli investimenti, è necessario completare il traghettamento dall’era del debito pubblico a quella del finanziamento privato di infrastrutture.
Aveva cominciato Giulio Tremonti a porre il tema, con la cosiddetta legge «Tremonti infrastrutture», ma poi lui e la sua squadra all’Economia avevano ridotto quelle misure di incentivo fiscale al lumicino, limitandole a un gruppo ristretto di grandi opere filtrate dal Cipe e solo come scambio rispetto a contributi pubblici in conto capitale già assegnati.
Alla fine, la manovra è stata letta come operazione di finanza pubblica che faceva rientrare nelle casse dello Stato contributi già concessi.
Il Governo Monti – il ministro alle Infrastrutture Passera e il viceministro Ciaccia in particolare – hanno ripreso quella strada tentando di dargli una sistemazione organica.
Hanno riproposto la defiscalizzazione Ires, Irap e Iva per le opere cofinanziate da privati, eliminando alcuni dei vincoli posti da Tremonti, hanno lanciato il project bond, hanno istituito un nuovo credito di imposta.
Tentativo nobile, ma sostanzialmente fallito, perché tutti questi strumenti fiscali e finanziari sono stati limitati – anche con l’ultima approvazione delle linee guida sulla defiscalizzazione da parte del Cipe lunedì scorso – alle grandi opere.
Il paradosso è visibile con il credito di imposta, limitato alle sole opere di importo superiore a 500 milioni di euro: quasi una norma ad hoc.
Il prossimo Governo dovrà riprendere questo capitolo – se avrà un ministro dell’Economia più sensibile ai temi dello sviluppo – potenziando i benefici fiscali e allargandoli alle opere medio-piccole diffuse sul territorio.
Terza priorità da portare a termine – per accrescere quantità e qualità della spesa pubblica – è quella avviata da Fabrizio Barca sui fondi Ue.
La riprogrammazione delle priorità infrastrutturali è stata impostata e il ministro ha già avviato il lavoro per il nuovo quadro di programmazione 2014-2020.
Non va tradito lo spirito di quel lavoro eccellente e soprattutto è necessario ora portare su questi nuovi standard – anche tramite sanzioni e incentivi – tutte le amministrazioni regionali e locali, le parti sociali, le imprese.
In palio ci sono ancora da spendere, con ritmi più rapidi di quelli passati, 31 miliardi della programmazione 2007-2013 e i 59 miliardi per il 2014-2020.


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