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19.09.2014 - lavori pubblici

PER L’AUTORITA’ IN CASO DI DISCORDANZA TRA IL PREZZO IN CIFRE E IN LETTERE DELL’OFFERTA VALE IL PIU’ CONVENIENTE PER L’AMMINISTRAZIONE

(Parere Aut. vig. sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture 21/5/2014 n. 104)

L’art. 72, secondo comma, del regolamento sulla contabilità generale dello stato, approvato con R.D. 23 maggio 1924, n. 827, recita:” Quando in un’offerta all’asta vi sia discordanza tra il prezzo indicato in lettere e quello indicato in cifre, è valida l’indicazione più vantaggiosa per l’Amministrazione”.
Si tratta di una disposizione che non è stata abrogata, neanche implicitamente, con l’entrata in vigore del codice degli appalti.
Tant’è che l’art. 256 del D.Lgs. n. 163 del 2006, che individua analiticamente le disposizioni abrogate a seguito dell’entrata in vigore del codice stesso non ricomprende il citato art. 72 che detta, appunto, la regola (nel caso concreto applicata dalla stazione appaltante in una fase provvisoria del procedimento di scelta del contraente) di prevalenza, in caso di discordanze interne all’offerta, dell’importo più vantaggioso per la P.A..
E’, d’altra parte, principio costantemente affermato dalla giurisprudenza in materia, quello secondo cui la soluzione più vantaggiosa per l’amministrazione di cui al citato art. 72 può essere adottata legittimamente nei casi in cui si verifichi un’oggettiva divergenza tra le due indicazioni del prezzo, non importa se determinata da un errore ostativo o da altra ragione, ma non anche quando la discordanza scaturisca da un mero evidente errore materiale, nel qual caso si deve dare esclusivo rilievo al prezzo espresso in maniera esatta (cfr TAR Catania, Sez.IV, Sentenza 23 febbraio 2012, n. 459).
Tale deroga, però, è operativa solo ove gli elementi del caso concreto consentano, in modo univoco, di riconoscere (art. 1431 cod. civ.) l’errore materiale o di scritturazione in cui si incorso l’offerente e di emendarlo, dando prevalenza al valore effettivo dell’offerta.
Viceversa, tale criterio derogatorio non può operare allorché – come nel caso all’esame – non sia dato a priori riconoscere quale delle due discordanti indicazioni sia frutto di errore (si veda, tra l’altro, CGA 6/2/2014, n. 54).

 


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