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26.02.2016 - lavoro

MINISTERO DEL LAVORO – CIGS – CONTRIBUTO DI SOLIDARIETÀ EX LEGE N. 236/93 – REGIME CONTRIBUTIVO E PREVIDENZIALE – INTERPELLO N. 33/2015

Si informa che il Ministero del Lavoro con l’interpello n. 33 del 22 dicembre 2015, il Ministero del Lavoro ha fornito alcuni chiarimenti relativi al regime contributivo previdenziale ed assistenziale da applicare al contributo di solidarietà previsto dall’art. 5, comma 5 della Legge n. 236/93.
Si tratta del contributo riconosciuto in favore dei datori di lavoro non rientranti nel campo di applicazione della Cigs, a seguito della riduzione di orario conseguente alla stipula di un contratto di solidarietà c.d. di “tipo B”, sottoscritto al fine di evitare o ridurre le eccedenze di personale.
In particolare, l’istante ha richiesto di conoscere a quale contribuzione sia assoggettabile la quota di contributo spettante all’azienda nel caso in cui questa sia erogata in favore dei lavoratori, consentendo a questi ultimi di ottenere l’intero trattamento di solidarietà pari al 50% del monte retributivo perso.
Il Dicastero, al riguardo, ha confermato che la quota spettante al datore di lavoro, pari al 25% del monte retributivo perso, corrisposta al lavoratore in relazione al rapporto di lavoro, ai sensi dell’art. 51, comma 1, del D.P.R. n. 917/1986, concorre a costituire reddito da lavoro dipendente e, pertanto, costituisce base imponibile sia ai fini fiscali che contributivi.
Ai fini pensionistici, pertanto, si dovrà ritenere che il regime di contribuzione figurativa vada riferito all’ammontare della retribuzione persa dal lavoratore per effetto della stipula dei contratti di solidarietà, a prescindere dalla devoluzione della quota di contributo già assegnata dal datore di lavoro ai lavoratori.

Ministero del Lavoro

Roma, 22 dicembre 2015

Interpello n. 33

Oggetto: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 – art. 5, comma 5, L. n. 236/1993 regime contributivo previdenziale ed assistenziale del contributo di solidarietà. La Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa ha presentato istanza di interpello al fine di conoscere il parere di questa Direzione generale in ordine al regime contributivo previdenziale ed assistenziale da applicare al contributo di solidarietà contemplato dall’art. 5, comma 5, L. n. 236/1993, per le aziende non rientranti nel campo di applicazione della cassa integrazione salariale. In particolare, l’istante chiede a quale forma di contribuzione sia assoggettabile il contributo spettante all’azienda, laddove quest’ultima decida di erogarlo in favore del lavoratore che in tal modo verrebbe a percepire l’intero trattamento di solidarietà pari al 50% del monte retributivo perso (25% spettante all’azienda + 25% spettante al lavoratore).
Al riguardo, acquisito il parere della Direzione generale degli Ammortizzatori sociali e I.O., della Direzione generale per le Politiche Previdenziali e Assicurative e dell’Ufficio Legislativo, si rappresenta quanto segue. Al fine di fornire la soluzione al quesito sollevato, occorre muovere dalla lettura del disposto normativo di cui all’art. 5, comma 5 sopra citato, ai sensi del quale “alle imprese non rientranti nel campo di applicazione dell’articolo 1 del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863, che, al fine di evitare o ridurre le eccedenze di personale nel corso della procedura di cui all’articolo 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, o al fine di evitare licenziamenti plurimi individuali per giustificato motivo oggettivo stipulano contratti di solidarietà, viene corrisposto, per un periodo massimo di due anni, un contributo pari alla metà del monte retributivo da esse non dovuto a seguito della riduzione di orario. Il predetto contributo viene erogato in rate trimestrali e ripartito in parti uguali tra l’impresa e i lavoratori interessati.
Per questi ultimi il contributo non ha natura di retribuzione ai fini degli istituti contrattuali e di legge, ivi compresi gli obblighi contributivi previdenziali ed assistenziali”. La norma, infine, specifica che “ai soli fini pensionistici si terrà conto, per il periodo della riduzione, dell’intera retribuzione di riferimento (…)”.
Pertanto, con l’erogazione del contributo integrativo in favore dei lavoratori il Legislatore ha inteso compensare la perdita di retribuzione determinata dalla contrazione della prestazione lavorativa in ragione della diminuzione dell’orario di lavoro nella misura della metà del monte retributivo non dovuto.
Il contributo in questione, come espressamente previsto dal Legislatore, non ha natura di retribuzione ai fini degli istituti contrattuali e di legge, nonché per quanto concerne gli adempimenti di carattere previdenziale e assistenziale.
È altresì possibile che nell’accordo intervenuto tra azienda e rappresentanze sindacali aziendali o unitarie, le parti prevedano che la quota di contributo spettante al datore di lavoro sia devoluto da questi ai lavoratori. Per quanto concerne tale quota la stessa, in quanto corrisposta “in relazione al rapporto di lavoro”, ai sensi dell’art. 51, comma 1, del D.P.R. n. 917/1986, concorre a costituire invece reddito da lavoro dipendente e, in quanto tale, costituisce base imponibile sia ai fini fiscali che ai fini contributivi.
Del resto tali somme, seppur considerate erogazioni liberali, non sono escluse dall’imponibile contributivo dagli art. 27 del D.P.R. n. 797/1955 e art. 29 del D.P.R. n. 1024/1965. Pertanto tali somme, non essendo oggetto di una esclusione espressa, rientrano nella base imponibile ai fini contributivi e costituiscono fonte di una obbligazione contributiva che, di regola, grava tanto sul datore di lavoro quanto sul lavoratore.
Alla luce della indicazione di chiusura della norma (“ai fini pensionistici si terrà conto, per il periodo della riduzione, dell’intera retribuzione di riferimento”) finalizzata, in coerenza con quanto previsto in materia di ammortizzatori sociali, a salvaguardare integralmente la posizione previdenziale dei lavoratori interessati, si deve ritenere che il regime di contribuzione figurativa vada riferito all’ammontare della retribuzione persa dal lavoratore per effetto della stipula dei contratti di solidarietà, a prescindere dalla devoluzione della quota di contributo già assegnata dal datore di lavoro ai lavoratori.

 


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