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24.03.2016 - lavoro

MINISTERO DEL LAVORO – DLGS. N. 8/2016 – VIOLAZIONI IN MATERIA DI LAVORO E LEGISLAZIONE SOCIALE – DEPENALIZZAZIONE – CIRCOLARE N. 6/2016

Si informa che con circolare n. 6 del 5 febbraio 2016, il Ministero del Lavoro ha diramato le prime indicazioni operative in merito al D. Lgs. 15 gennaio 2016, n. 8 (cfr. Not. n. 2/2016), che dispone la depenalizzazione dei reati puniti con la sola pena pecuniaria, apportando significative modifiche anche al regime delle sanzioni applicabili ad alcune fattispecie di illeciti posti in essere in materia di lavoro e legislazione sociale.
Di seguito se ne evidenziano i principali aspetti di più immediato interesse.
In primo luogo, il Ministero del Lavoro fa presente che la depenalizzazione riguarda:
– i reati puniti con la sola pena della multa o dell’ammenda;
– i reati puniti con la sola pena pecuniaria che, nelle ipotesi aggravate, prevedono l’applicazione della pena detentiva, sola, alternativa o congiunta a quella pecuniaria (in questi casi, l’ipotesi aggravata resta esclusa dalla depenalizzazione, andando ad integrare una autonoma fattispecie di reato).
Non sono peraltro oggetto di depenalizzazione:
– i reati previsti dal Codice penale (salvo quanto disposto dall’art. 2, comma 6, del D. Lgs. n. 8/2016);
– i reati di cui al D. Lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione di straniero);
– i reati indicati nell’allegato al D. Lgs. n. 8/2016, fra i quali i reati contemplati dal D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 (Testo unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro).
Ciò premesso, il Ministero del Lavoro sottolinea che il D. Lgs. n. 8/2016 distingue due regimi sanzionatori, applicabili, rispettivamente, agli illeciti commessi prima del 6 febbraio 2016, data di entrata in vigore di tale decreto (“regime intertemporale”), ed agli illeciti commessi dopo la predetta data (“regime ordinario”).
Con riferimento alle violazioni commesse prima del 6 febbraio 2016, l’art. 8 del D. Lgs. n. 8/2016:
– al comma 1, prevede l’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie, sempre che il procedimento penale non sia stato già definito con sentenza o con decreto divenuti irrevocabili (viene quindi sancita l’applicazione retroattiva delle sanzioni amministrative che sostituiscono le originarie sanzioni penali);
– al comma 3, stabilisce inoltre che non può essere applicata una sanzione amministrativa pecuniaria per un importo superiore al massimo della pena originariamente inflitta per il reato.
Ai sensi del successivo art. 9, nei casi indicati dall’art. 8, comma 1, l’autorità giudiziaria, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del D. Lgs. n. 8/2016, dispone la trasmissione degli atti del procedimento penale alla autorità amministrativa (cioè, nelle materie di interesse, alla Direzione territoriale del lavoro competente ad irrogare la relativa sanzione amministrativa), salvo che il reato risulti prescritto o estinto per altra causa alla medesima data. Nello specifico:
– se l’azione penale non è stata ancora esercitata, la trasmissione degli atti è disposta direttamente dal pubblico ministero, sempre che il reato non risulti già estinto per qualsiasi causa e, quindi, il pubblico ministero non ne richieda al giudice l’archiviazione;
– se invece l’azione penale è stata esercitata, il giudice pronuncia, a norma dell’art. 129 del Codice di procedura penale, sentenza inappellabile, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato e dispone, in questo caso, la trasmissione degli atti alla competente Direzione territoriale del lavoro.
Quanto sopra rilevato, la circolare in esame precisa che le Direzioni territoriali del lavoro:
– ricevuti gli atti trasmessi dall’autorità giudiziaria o dal pubblico ministero, devono redigere e notificare al trasgressore ed all’eventuale obbligato in solido – entro novanta giorni dalla ricezione degli atti stessi (ovvero, entro trecentosessanta giorni, per i trasgressori residenti all’estero) – il verbale unico di contestazione e notificazione, di cui all’art. 14 della Legge 24 novembre 1981, n. 689;
– ai fini della quantificazione della sanzione amministrativa, devono assumere come importo base la pena edittale stabilita in misura fissa per l’originario reato e, su tale importo, applicare la riduzione prevista dall’art. 16 della Legge n. 689/1981.
Laddove la pena edittale sia determinata tra un limite minimo e massimo, il calcolo della sanzione amministrativa deve essere effettuato applicando direttamente i criteri indicati dallo stesso art. 16. Ai sensi dell’art. 16 della Legge n. 689/1981, è ammesso il pagamento di una somma in misura ridotta pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa, o, se più favorevole e qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo importo (oltre alle spese del procedimento), entro il termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o, se questa non vi è stata, dalla notificazione degli estremi della violazione.
Qualora il trasgressore non provveda al versamento dell’importo ridotto ai sensi del citato art. 16, si applicano le ulteriori disposizioni della Legge n. 689/1981, in tema di redazione del rapporto e di redazione e notificazione dell’ordinanza-ingiunzione (di cui, rispettivamente, agli articoli 17 e 18 della predetta legge).
Ai fini dell’emanazione dell’ordinanza-ingiunzione deve comunque essere rispettato l’originario limite massimo della pena prevista per il reato oggetto di depenalizzazione.
Sempre con riferimento al “regime intertemporale”, il Ministero del Lavoro rimarca che tale regime riguarda anche gli illeciti commessi prima del 6 febbraio 2016 per i quali sia stato già adottato e trasmesso alla Procura della Repubblica (a norma dell’art. 347 del Codice di procedura penale), il provvedimento di prescrizione obbligatoria, ma non sia stato ancora notificato, alla suddetta data, il verbale di ottemperanza e di contestuale ammissione al pagamento in sede amministrativa, ai sensi dell’art. 15 del D. Lgs. 23 aprile 2004, n. 124.
Il medesimo regime si applica altresì nei casi in cui, nonostante il verbale di ottemperanza sia stato notificato entro il 6 febbraio 2016, al medesimo non sia comunque seguito il pagamento in sede amministrativa nel termine di legge.
Diversamente, le ipotesi di illecito per le quali entro il 6 febbraio 2016 sia stato emanato il verbale di ottemperanza con contestuale ammissione al pagamento in sede amministrativa e sia intervenuto il pagamento nel rispetto del termine di legge, sono definite secondo la disciplina dettata dall’art. 15 del D. Lgs. n. 124/2004, anche se il pagamento sia stato effettuato oltre la suddetta data.
Per quanto riguarda gli illeciti commessi dopo il 6 febbraio 2016, la circolare ministeriale rimarca che:
– le sanzioni amministrative edittali vengono articolate dall’art. 1, comma 5, del D. Lgs. n. 8/2016, su tre fasce, secondo le rispettive misure minime e massime:
– da € 5.000 a € 10.000, per i reati puniti con la multa o l’ammenda non superiore nel massimo a € 5.000;
– da € 5.000 a € 30.000, per i reati puniti con la multa o l’ammenda non superiore nel massimo a € 20.000;
– da € 10.000 a € 50.000, per i reati puniti con la multa o l’ammenda superiore nel massimo a € 20.000;
– l’importo da irrogare per le sanzioni stabilite in misura variabile, sulla base delle fasce sopra indicate, segue i criteri di determinazione della sanzione amministrativa fissati dall’art. 16 della Legge n. 689/1981;
– ai sensi dell’art. 1, comma 6, del D. Lgs. n. 8/2016, se per le violazioni indicate dal comma 1 dello stesso articolo è prevista una pena pecuniaria proporzionale, anche senza la determinazione dei limiti edittali minimi e massimi, la somma dovuta è pari all’ammontare della multa o dell’ammenda, ma non può, in ogni caso, essere inferiore ad € 5.000 né superiore ad € 50.000. Pertanto, se in virtù del calcolo proporzionale la somma dovuta risulta inferiore ad € 5.000, la sanzione da irrogare deve essere adeguata a tale importo minimo e su quest’ultimo devono essere applicate le riduzioni previste dall’art. 13 del D. Lgs. n. 124/2004, nei casi di ottemperanza alla diffida emessa dal personale ispettivo, e dall’art. 16 della Legge n. 689/1981.
Da ultimo, la circolare in commento si sofferma sul dettato dell’art. 3, comma 1, del D. Lgs. n. 8/2016, che apporta modifiche all’art. 2, comma 1-bis, del Decreto-Legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito dalla Legge 11 novembre 1983, n. 638, concernente il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali.
A seguito delle suddette modifiche:
– l’omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali effettuate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, nonché dai committenti sui compensi dei titolari di contratti di collaborazione coordinata e continuativa iscritti alla Gestione separata istituita presso l’Inps, per un importo superiore ad € 10.000 annui, continua ad essere punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino ad € 1.032 (tale fattispecie, quindi, non è stata depenalizzata);
– se invece l’importo omesso non è superiore ad € 10.000 annui, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da € 10.000 ad € 50.000.
Il datore di lavoro non è punibile né assoggettabile alla sanzione amministrativa quando provvede al versamento delle ritenute entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione.
Al riguardo, il Ministero ritiene che nella fattispecie:
– debba essere esclusa l’applicazione dell’istituto della diffida, di cui all’art. 13 del D. Lgs. n. 124/2004, risultando applicabile solo la procedura prevista dagli articoli 14 (contestazione e notifica della violazione) e 16 (pagamento della sanzione amministrativa in misura ridotta) della Legge n. 689/1981;
– ferma restando la competenza del personale ispettivo del Ministero del Lavoro, dell’Inps e dell’Inail ad irrogare le sanzioni per gli illeciti commessi dal 6 febbraio 2016, per ragioni di economia amministrativa, l’autorità destinataria degli atti trasmessi dall’autorità giudiziaria possa essere la sede provinciale dell’Inps territorialmente competente.

 


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