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29.03.2018 - tributi

AFFITTI CONCORDATI – NUOVI CONTRATTI CON IL “VISTO” DELLE ORGANIZZAZIONI DI CATEGORIA

Sta suscitando alcune perplessità una notizia diffusa dalla stampa che cita una nota interna del Ministero delle infrastrutture e trasporti – Direzione generale per la condizione abitativa del 6 febbraio scorso (in particolare una risposta ad un quesito formulato da una associazione dei proprietari immobiliari – CONFABITARE) riguardante, in generale, la disciplina sui contratti di locazione a canone concordato di cui alla Legge n. 431/1998 che, lo si ricorda, sono le tipologie:
■ con durata minima di 3 anni rinnovabile automaticamente di 2 anni (art. 2 co. 3 Legge 431/1998);
■ per studenti universitari (art. 5 Legge 431/1998);
■ per esigenze transitorie di una delle parti (art. 5 Legge 431/1998).
Per questi contratti, che applicano un canone ridotto rispetto ai valori di mercato e calcolato su fasce minime e massime come definite dagli Accordi territoriali sottoscritti tra le organizzazioni della proprietà e quelle degli inquilini, sono previste, in varia misura, anche alcune agevolazioni fiscali tra cui l’opzione facoltativa della cedolare secca in misura ridotta al 10%.
Nello specifico, il quesito posto da CONFABITARE al MIT, riguarda l’interpretazione di una norma contenuta nel Decreto Interministeriale del 16 gennaio 2017 (GU n. 62 del 15/3/2017) che ha recepito la nuova Convenzionale nazionale sottoscritta il 25 ottobre 2016 contenente i nuovi criteri generali per la definizione dei valori dei canoni di locazione ad uso abitativo per le tipologie contrattuali sopra richiamate.
Si ricorda brevemente che, ai sensi dell’art. 4 Legge n. 431/1998, per favorire la realizzazione degli Accordi a livello territoriale (all’interno dei quali sono definiti i parametri per il calcolo del canone concordato) viene siglata a livello nazionale, tra le organizzazioni rappresentative delle due categorie (inquilini e proprietari), una Convenzione che individua “i criteri generali per la definizione dei canoni, anche in relazione alla durata dei contratti, alla rendita catastale dell’immobile e ad altri parametri oggettivi, nonché delle modalità per garantire particolari esigenze delle parti”. I criteri generali “costituiscono la base per la realizzazione degli accordi locali” e “il loro rispetto, unitamente all’utilizzazione dei tipi di contratto costituisce condizione per l’applicazione dei benefìci di cui all’art. 8”.
La norma del DM 16/1/2017, sulla quale è stato fornito il chiarimento ministeriale, è quella in base alla quale se le parti del contratto di locazione non si sono fatte assistere, ai fini del calcolo del canone cd. “calmierato”, dalle rispettive organizzazione della proprietà edilizia e/o dei conduttori, gli Accordi territoriali dovranno disciplinare le modalità per rilascio, da parte delle predette organizzazioni, di una attestazione di rispondenza del contratto sia per quanto riguarda il contenuto economico che quello normativo alle previsioni dei singoli Accordi.
Secondo il MIT i contraenti, qualora non si avvalgano dell’assistenza delle rispettive organizzazioni di rappresentanza avranno l’obbligo, successivamente alla predisposizione del contratto, di acquisire una sorta di bollinatura da parte di almeno una delle due organizzazioni rappresentative che possa, sulla base degli elementi oggettivi dichiarati dalle parti, attestare la congruità del contratto “anche al fine di poter dimostrare all’Agenzia delle entrate, in caso di verifica fiscale, la correttezza delle deduzioni utilizzate”.
L’interpretazione fornita dal Ministero si presta ad una serie di dubbi circa la reale aderenza al dettato normativo.
Riassumendo, infatti, le disposizioni normative di interesse su questo aspetto specifico, si possono enucleare alcune regole generali:
il rispetto dei criteri per calcolo del canone di locazione effettivo, come definiti negli Accordi territoriali, così come l’utilizzo dei contratti-tipo, costituisce condizione per l’applicazione dei benefici fiscali previsti dalla legge (art. 4 Legge n. 431/1998). Vale a dire che un contratto a canone concordato deve rispettare dei requisiti di forma e di sostanza sia per la validità stessa del contratto sia per poter consentire alle parti di usufruire dei correlati benefici fiscali;
per la predisposizione del contratto di locazione le parti possono essere assistite, a loro richiesta (se associati), dalle rispettive organizzazioni di categoria delle proprietà edilizia e dei conduttori;
in assenza di stipula assistita i singoli Accordi (per l’esattezza i nuovi Accordi che hanno già recepito o recepiranno il DM 16/1/2017) definiscono le modalità di rilascio, da parte delle organizzazioni sindacali, di una attestazione di rispondenza del contenuto economico e normativo del contratto all’accordo stesso, anche con riguardo alle agevolazioni fiscali.
L’insieme delle suddette disposizioni porterebbe ad affermare che: la validità del contratto di locazione a canone concordato, soprattutto al fine di poter godere dei connessi benefici fiscali, è subordinata all’utilizzo di clausole tipo e alla definizione del canone in rapporto ad una serie di valori e parametri come definiti dagli Accordi locali. Disposizioni contrarie sono in ogni caso nulle ai sensi dell’articolo 13 Legge n. 431/1998.
La nuova previsione circa la possibilità (perché il DM non parla di obbligo) che le Organizzazioni di rappresentanza possano, invece che fornire assistenza fin dall’inizio, attestare la rispondenza dei contenuti del contratto predisposto in autonomia dalle parti, dovrebbe essere intesa come una ulteriore opportunità per evitare contenziosi ed essere certi che, in caso di verifica da parte dell’Agenzia delle entrate, non sussistono irregolarità (ossia il canone e gli altri contenuti contrattuali sono determinati correttamente).
Fermo restando che gli Accordi potranno, comunque, disciplinare in autonomia le modalità di rilascio della certificazione di congruità (che presumibilmente sarà effettuata a pagamento!) è opportuno chiarire che, qualora essa fosse prevista come obbligatoria, si applicherà solo ai contratti sottoscritti dopo l’entrata in vigore del nuovo Accordo territoriale. Nel caso di contratti stipulati antecedentemente a tale data e in vigore, anche in virtù di proroga automatica, si ha motivo di ritenere che la Nota del Ministero possa non trovare applicazione, sia in base al principio della non retroattività della disposizione, sia perché di fatto si potrebbe determinare la fattispecie, probabilmente non voluta dalle parti, di un nuovo contratto (con le inevitabili conseguenze soprattutto relativamente alla durata contrattuale).
Per i contratti stipulati dopo il 16 gennaio 2017, si ritiene che nei Comuni in cui siano ancora in vigore gli Accordi territoriali redatti in virtù del DM 30/12/2002, ferma restando l’assistenza facoltativa delle Organizzazioni di categoria, non ricorra, in mancanza di stipula assistista, l’obbligo di farsi rilasciare la certificazione o attestazione di congruità da parte delle medesime.
Da ultimo si segnala che in alcuni Comuni/aree territoriali sono stati firmati, dalle Organizzazioni locali, i nuovi Accordi che recepiscono (eventualmente anche integrandole) le disposizioni della Convenzione nazionale come recepita con il DM 16/1/2017.
In alcuni di questi Comuni è stato previsto espressamente (già prima del chiarimento ministeriale) l’obbligo della attestazione di conformità allegando anche il modello tipo da utilizzare (Bologna, Torino, Genova). Altri Accordi si limitano a richiamare la previsione del DM e più in generale la necessità che le agevolazioni fiscali siano riconosciute quando i contratti siano effettivamente conformi agli Accordi senza specificare chiaramente se si tratti o meno di un obbligo (Firenze, Catanzaro, Treviso, Verona, Grosseto, Latina, Avellino, Bergamo, Frosinone, Messina, Ragusa).


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