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01.10.2018 - lavoro

ISPETTORATO NAZIONALE DEL LAVORO – ATTIVITA’ ISPETTIVA IN PRESENZA DI CONTRATTI CERTIFICATI – INDICAZIONI OPERATIVE – CIRCOLARE 1° GIUGNO 2018, N. 9

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro, con circolare 1° giugno 2018, n. 9, ha fornito indicazioni al proprio personale per lo svolgimento dell’attività ispettiva a fronte di contratti certificati, ai sensi degli artt. 75 e ss. del D. Lgs. n. 276/2003.
In particolare, l’Ispettorato, con riferimento alle ipotesi di accertamento iniziato successivamente alla presentazione della richiesta di certificazione ma prima della conclusione del relativo procedimento, ha chiarito che il personale potrà svolgere la propria attività, informandone, però, prontamente la Commissione di certificazione.
Tale comunicazione sospenderà, laddove previsto, il procedimento certificatorio che, in fase di conclusione, dovrà tener conto delle eventuali osservazioni pervenute dal personale ispettivo.
Nell’ipotesi, invece, di controlli iniziati prima della presentazione della richiesta di certificazione, l’INL ha precisato che l’organo ispettivo dovrà, non appena venga reso edotto del deposito di una istanza di certificazione, informare la Commissione di certificazione della pregressa pendenza di un procedimento ispettivo ai fini della sospensione della procedura certificativa, avendo cura di informare la Commissione stessa degli esiti dell’accertamento.
Nel diverso caso in cui, nel corso di una verifica ispettiva, il personale incaricato rilevi, in presenza di una certificazione di un contratto di lavoro o di appalto, vizi riguardanti l’erronea qualificazione dello stesso ovvero l’esistenza di una difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione, dovrà farne espressa menzione nel verbale. In quest’ultimo, dovrà essere contenuta, in particolare, l’avvertenza secondo cui l’efficacia dell’eventuale disconoscimento del contratto nonché l’applicazione delle relative sanzioni, nonché gli eventuali altri effetti derivati, sono condizionati al preventivo espletamento del tentativo di conciliazione obbligatorio presso la Commissione di certificazione che ha adottato l’atto o alla positiva impugnazione prevista ai sensi dell’art. 80 del D. Lgs. n. 276/2003.
Nell’ipotesi in cui il tentativo di conciliazione abbia avuto esito negativo, l’organo di vigilanza potrà promuovere il ricorso al giudice del lavoro o al TAR, a seconda del tipo di vizio riscontrato nel caso specifico.
L’Ispettorato precisa che, soltanto in caso di accoglimento del predetto ricorso, l’ufficio che ha condotto gli accertamenti, potrà, previa una opportuna comunicazione al soggetto ispezionato, dar seguito ai provvedimenti già contestati con il verbale unico.

Ispettorato Nazionale del Lavoro – Circolare 1° giugno 2018, n. 9
Oggetto: Attività ispettiva in presenza di contratti certificati ai sensi degli artt. 75 e ss. del D. Lgs. n. 276/03: indicazioni operative.
Al fine di rispondere ad alcune richieste di parere provenienti dal territorio si forniscono le seguenti indicazioni operative in relazione alla possibile interferenza tra le attività di vigilanza e quella di certificazione.

Attività ispettiva in pendenza di certificazione
a) Controlli iniziati successivamente alla presentazione di una istanza di certificazione
Innanzitutto vi è da chiarire come si debba procedere nel caso in cui una richiesta di certificazione risulti già presentata al momento dell’accesso ispettivo ma il relativo procedimento non si sia ancora concluso.
In tal caso, non essendo ancora maturato alcun effetto preclusivo nei confronti delle parti e dei terzi, il personale ispettivo potrà svolgere la propria attività avendo però cura di informare prontamente la Commissione di certificazione adita circa la pendenza dell’accertamento ispettivo.
Peraltro tale adempimento risulta funzionale alla sospensione del procedimento certificatorio in pendenza dell’accertamento ispettivo, sospensione prevista nella maggior parte dei regolamenti interni delle Commissioni onde favorire un opportuno coordinamento tra funzioni di controllo e certificatorie.
In tale ottica, va ricordato, altresì, che l’art. 78, comma 2, del D. Lgs. n. 276/03 prevede che “le autorità pubbliche nei cui confronti l’atto di certificazione è destinato a produrre i propri effetti possono presentare osservazioni alla Commissione di certificazione. La Commissione di certificazione deve tenere conto, sia al momento della decisione sia in sede di motivazione del provvedimento finale, delle osservazioni pervenute prima della conclusione del procedimento (D.M. 21.7.2004)”.
Al termine degli accertamenti, il personale ispettivo avrà altresì cura di comunicare gli esiti alla Commissione onde consentirle di concludere il procedimento adottando le conseguenti determinazioni.
b) Controlli iniziati prima della presentazione di una istanza di certificazione
Analoghe e più stringenti indicazioni vanno date nel caso in cui l’inoltro della richiesta di certificazione è successiva all’inizio dell’attività di vigilanza.
In tal caso, l’organo ispettivo, non appena venga reso edotto – anche da parte del soggetto ispezionato o dal professionista – del deposito di una istanza di certificazione, dovrà immediatamente informare la Commissione della pregressa pendenza di accertamenti ispettivi ai fini della sospensione del procedimento di certificazione in conformità a quanto previsto dal rispettivo regolamento, continuando a svolgere tutti gli accertamenti di competenza e, se del caso, adottando i relativi provvedimenti.
Anche in tal caso il personale ispettivo avrà cura di comunicare l’esito dell’accertamento alla Commissione.

Impugnazione della certificazione
Ove nel corso della verifica ispettiva venga esibita dalla parte la certificazione di un contratto di lavoro o di appalto, occorre evidenziare che i relativi effetti permangono, anche verso i terzi, fino al momento in cui sia stato accolto, con sentenza di merito, uno dei ricorsi giurisdizionali esperibili, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 80 del D. Lgs. n. 276/2003, fatti salvi eventuali provvedimenti cautelari del giudice che anticipino l’esito del giudizio sul merito.
In tal caso, qualora, al termine dell’attività di vigilanza, siano stati rilevati vizi riconducibili all’erronea qualificazione del contratto ovvero alla difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione, il personale ispettivo deve adottare nel redigere il verbale conclusivo alcuni accorgimenti. In particolare, il verbale conclusivo deve recare, in relazione al disconoscimento dei contratti certificati (sia di lavoro che di appalto), l’espressa avvertenza che l’efficacia di tale disconoscimento (applicazione delle sanzioni ed eventuali altri effetti derivati) è condizionata al positivo espletamento del tentativo di conciliazione obbligatorio presso la Commissione di certificazione oppure, in caso la stessa non riuscisse, all’utile proposizione delle impugnazioni previste dall’art. 80 del D. Lgs. n. 276/03.
Infatti, chiunque intenda presentare un ricorso giurisdizionale contro la certificazione al giudice del lavoro, deve previamente rivolgersi alla medesima commissione di certificazione che ha adottato l’atto di certificazione per espletare un tentativo di conciliazione in base all’articolo 410 del Codice di procedura civile; la comunicazione della richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione interrompe la prescrizione e sospende, per la durata del tentativo di conciliazione e per i 20 giorni successivi alla sua conclusione, il decorso di ogni termine di decadenza.
Dal punto di vista operativo, l’ufficio che ha condotto gli accertamenti deve procedere, una volta acquisito il regolamento interno di funzionamento della Commissione che ha disposto la certificazione, ad esperire presso quest’ultima il tentativo obbligatorio di conciliazione in conformità alle procedure indicate nel medesimo regolamento.
Nel caso in cui tale Commissione non sia nel territorio di competenza dell’Ufficio che ha condotto gli accertamenti quest’ultimo delega formalmente l’Ispettorato ubicato ove ha sede la Commissione, al deposito della richiesta di tentativo di conciliazione ed alla partecipazione alla relativa riunione, avendo cura di trasmettere una dettagliata relazione con allegata tutta la documentazione di interesse.
Dopo che sia stato infruttuosamente esperito il tentativo di conciliazione, è possibile per l’organo di vigilanza promuovere ricorso al giudice del lavoro ex art. 413 c.p.c. o al tribunale amministrativo regionale. Al riguardo si rammenta che a mente dell’art. 21 del D. Lgs. n. 251/2004 “I dirigenti, o i funzionari da essi delegati, delle Direzioni provinciali del lavoro, incaricati della rappresentanza nei giudizi di opposizione ai sensi degli articoli 22 e 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689, rappresentano e difendono, nell’ambito delle attività istituzionali dell’Amministrazione e senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali nei giudizi di cui all’articolo 80 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.”
La scelta della giurisdizione ovviamente dipende dal tipo di vizio che si riscontra nel caso specifico. In particolare, va adito il TAR in tutti i casi in cui si riscontri la violazione delle norme di legge che disciplinano il procedimento o uno sviamento dell’esercizio del potere certificatorio – cd. eccesso di potere- ipotesi quest’ultima, del tutto residuale, da ascrivere a fattispecie in cui la decisione della Commissione non trovi alcun fondamento negli elementi forniti dalle parti. Diversamente, come già anticipato, laddove si ravvisi un errore attinente alla qualificazione giuridica del contratto oppure una difformità tra il programma negoziale e quello che è stato effettivamente realizzato, la giurisdizione è riservata giudice ordinario atteso che tali vizi, hanno ad oggetto il corretto inquadramento del rapporto di lavoro rispetto alla qualificazione data.
La decisione giurisdizionale di accoglimento del ricorso avrà effetto sin dal momento della conclusione del contratto solo nel caso in cui sia stato rilevato un errore nella sua qualificazione giuridica; mentre in caso di difformità del programma negoziale, la decisione spiegherà effetti dal momento in cui tale difformità abbia avuto inizio secondo quanto accertato in giudizio.
Da quanto sopra, risulta evidente che il mezzo di impugnazione da esperire avverso i contratti certificati è, principalmente, quello previsto dall’art. 413 c.p.c. che, al secondo comma, contempla i criteri per la determinazione del foro territorialmente competente. In proposito, atteso che la norma individua molteplici fori tra cui è possibile per il ricorrente scegliere, appare opportuno fornire indicazione.
In termini generali, appare più aderente alle controversie in questione, riguardanti potenzialmente una molteplicità di lavoratori anche impiegati presso diverse sedi della medesima impresa, il criterio del foro relativo al luogo in cui si trova l’azienda, intendendosi per tale, per consolidata giurisprudenza, la sede sociale dell’impresa.
In caso di certificazione di contratto di appalto, invece, atteso che il ricorso – così come il preventivo tentativo di conciliazione – viene esperito nei confronti del committente e dell’appaltatore, appare possibile ricorrere al criterio del luogo ove si trova una dipendenza dell’azienda presso cui si svolge il rapporto di lavoro, intendendosi per tale anche il singolo cantiere (cfr. Cass. sez. lavoro. n. 11320/2014).
Qualora, sulla base dei predetti criteri, l’impugnazione non sia esperibile nel territorio di competenza dell’Ufficio procedente, lo stesso avrà cura di trasmettere la documentazione di interesse all’Ufficio territoriale del foro competente, corredata da apposita relazione affinché quest’ultimo possa agire in giudizio su delega dell’Ufficio procedente.
All’esito della predetta impugnazione l’Ufficio che ha condotto gli accertamenti, in caso di accoglimento, potrà, previa una opportuna comunicazione al soggetto ispezionato, dar seguito ai provvedimenti già contestati con il verbale unico.

 

 


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