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01.06.2018 - lavori pubblici

SPETTA ALLA P.A. UNA PROPRIA VALUTAZIONE CIRCA LA PORTATA DELL’ILLECITO PROFESSIONALE ANCHE IN ASSENZA DI RICORSI O SENTENZE

(TAR Campania -Sez. I, n. 02390 del 4/4/2018)
A fondamento dell’esclusione la stazione appaltante ha addotto l’assenza del requisito di cui all’art.80, quinto comma, lettera c) del d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50, perché «nell’ambito delle verifiche effettuate sulle dichiarazioni rese ex art.80, codesta ditta risulta iscritta al casellario informatico dell’ANAC per essersi resa colpevole di violazioni in tema in inadempimento contrattuale; tale comunicazione, seppur resa in sede di gara, è stata oggetto di ulteriori verifiche ed approfondimento da parte della S.A.; a seguito dell’istruttoria svolta questa Amministrazione ha ritenuto non opportuno procedere ad una aggiudicazione a favore di codesta società, ritenendo gravi le inadempienze commesse».
Nodo centrale della controversia è costituto dalla portata applicativa dell’art.80, comma 5, lettera c) del d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50 che qualifica come causa di esclusione l’ipotesi in cui «c) la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità. Tra questi rientrano: le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni; il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio; il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione ovvero l’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione».
Rileva il Collegio che ad essere dirimente della questione, attualmente oggetto di discussione in giurisprudenza (Consiglio di Stato V Sezione 2 marzo 2018 n. 1299; Consiglio di Stato 27 aprile 2017 n. 1955) è la portata meramente esemplificativa delle ipotesi di grave illecito professionale, contemplate nel secondo periodo della disposizione citata; ne consegue la piena autonomia della fattispecie contemplata nel periodo precedente, che, nell’assumere una portata generale, si affranca dai requisiti specifici richiamati nei predicati casi esemplificativi.
In altri termini, scomponendo la fattispecie concreta, ben può la stazione appaltante qualificare il fatto, inteso come comportamento contrattuale del concorrente, quale grave illecito professionale, dovendo tuttavia dimostrarne l’incidenza in punto di inaffidabilità, e quindi prescindendo dalla pendenza di un giudizio che viene a collocarsi all’esterno della fattispecie normativa utilizzata.
Tale soluzione trova conforto, a giudizio del Collegio, oltre che nella formulazione letterale della norma, anche nella ratio legis; in proposito, accettare la tesi propugnata dalla società ricorrente implicherebbe che, rispetto a fatti ugualmente costituenti grave illecito professionale, di certuni sarebbe sufficiente neutralizzare gli effetti ostativi della partecipazione mediante la semplice proposizione di una domanda giudiziale ed avvalersi della mera pendenza del relativo giudizio; tale idea renderebbe la norma, di fatto, di difficile applicazione concreta, poiché la stessa resterebbe soggetta ad una sorta di condizione potestativa in favore di chi dovrebbe invece subirla, vanificando, nel contempo, la funzione di tutela dell’interesse pubblico di estromettere concorrenti che la disposizione codicistica in scrutinio consente alla stazione appaltante, come ipotesi generale, di qualificare non affidabili, a prescindere da una presupposta verifica giudiziale.


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