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Servizio Tecnico - referente: dott.ssa Sara Meschini
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06.03.2020 - lavori pubblici

APPALTI PUBBLICI – LE RISOLUZIONI CONTRATTUALI ANTE TRIENNIO, DA COMPUTARSI A RITROSO DALLA DATA DEL BANDO, NON DEVONO ESSERE DICHIARATE

(Consiglio di Stato, Sez. V, 5 marzo 2020, n.1605).

La Sentenza, facendo diretto riferimento all’art. 57 della Direttiva 2014/24/UE, ha stabilito come l’omessa dichiarazione sulle risoluzioni contrattuali ante triennio dalla data del bando non costituisca inadempimento all’obbligo dichiarativo che grava sulle imprese partecipanti alle gare ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016.

Andare oltre il triennio, alla luce dell’articolo 57 della Direttiva UE (che trova diretta applicazione nell’ordinamento nazionale) sarebbe eccessivamente oneroso per l’operatore economico, e non apporterebbe significativi elementi di conoscenza alla stazione appaltante, trattandosi di vicende professionali ampiamente datate o, comunque, ormai del tutto insignificanti.

Il Consiglio di Stato, Sez. V, 5 marzo 2020, n.1605 accoglie dunque l’appello con le seguenti motivazioni.

La sentenza ricorda come sui gravi illeciti professionali dell’articolo 80 comma 5 lettera c) ( nel testo antecedente alle modifiche introdotte dal decreto-legge n. 135 del 2018, convertito nella legge n. 12 del 2019)  la giurisprudenza ha ritenuto che l’individuazione fosse solo esemplificativa, potendo la stazione appaltante desumere il compimento di «gravi illeciti professionali» da ogni altra vicenda pregressa dell’attività professionale dell’operatore economico di cui fosse accertata la contrarietà a un dovere posto in una norma civile, penale o amministrativa (ex multis, Cons. Stato, V, 24 gennaio 2019, n. 586; V, 25 gennaio 2019, n. 591; V, 3 gennaio 2019, n. 72; III, 27 dicembre 2018, n. 7231) se stimata idonea a metterne in dubbio l’integrità e l’affidabilità.

Tale conclusione è rimasta valida dopo la modifica dell’art. 80, comma 5, realizzata con il già citato art. 5 d.-l. n. 135 del 2018, che ha sdoppiato nelle successive lettere c-bis) e c-ter) la preesistente elencazione, mantenendo peraltro nella lett. c) la previsione di portata generale sopra trascritta (Cons. Stato, V, 22 luglio 2019, n. 5171).

Ciò posto, in relazione agli obblighi informativi che la previsione pone a carico dell’operatore economico per consentire alla stazione appaltante un’adeguata e ponderata valutazione sull’affidabilità e sull’integrità del medesimo (Cons. Stato, V, 4 febbraio 2019, n. 827; V, 16 novembre 2018, n. 6461; V, 3 settembre 2018, n. 5142; V, 17 luglio 2017, n. 3493; V, 5 luglio 2017, n. 3288) si possono rilevare in linea di massima due fattispecie tipiche:

– l’omissione delle informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, che comprende anche la reticenza, cioè l’incompletezza, con conseguente facoltà della stazione appaltante di valutare la stessa ai fini dell’attendibilità e dell’integrità dell’operatore economico (Cons. Stato, V, 3 settembre 2018, n. 5142);

– la falsità delle dichiarazioni, ovvero la presentazione nella procedura di gara in corso di dichiarazioni non veritiere, dove si rappresenta una circostanza in fatto diversa dal vero, cui consegue l’automatica esclusione dalla procedura di gara poiché depone in maniera inequivocabile nel senso dell’inaffidabilità e della non integrità dell’operatore economico, mentre ogni altra condotta, omissiva o reticente che sia, comporta l’esclusione dalla procedura solo per via di un apprezzamento da parte della stazione appaltante che sia prognosi sfavorevole sull’affidabilità dello stesso (Cons. Stato, V, 12 aprile 2019, n. 2407).

In questo quadro la giurisprudenza, anche se non univocamente (in senso parzialmente contrario, Cons. Stato, III, 23 agosto 2018, n. 5040; V, 3 aprile 2018, n. 2063; III, 12 luglio 2018, n. 4266), ha interpretato l’ultimo inciso l’art. 80, comma 5, lett. c), attribuendogli il rigoroso significato di una norma di chiusura che impone agli operatori economici di portare a conoscenza della stazione appaltante tutte le informazioni relative alle proprie vicende professionali, anche non costituenti cause tipizzate di esclusione (Cons. Stato, V, 11 giugno 2018, n. 3592; 25 luglio 2018, n. 4532; 19 novembre 2018, n. 6530; III, 29 novembre 2018, n. 6787).

Non si è mancato peraltro di osservare che un siffatto generalizzato obbligo dichiarativo, senza la individuazione di un generale limite di operatività (tale non essendo, come meglio in seguito, il comma 10 dello stesso art. 80 nella formulazione qui in rilievo) “potrebbe rilevarsi eccessivamente onerosa per gli operatori economici imponendo loro di ripercorrere a beneficio della stazione appaltante vicende professionali ampiamente datate o, comunque, del tutto insignificanti nel contesto della vita professionale di una impresa” (Cons. Stato, V, 22 luglio 2019, n. 5171; 3 settembre 2018, n. 5142).

La necessità di un siffatto limite generale di operatività deriva, del resto, dall’art. 57, § 7 della Direttiva 2014/24/UE, che ha fissato in tre anni dalla data del fatto la rilevanza del grave illecito professionale, seguita dalle Linee guida ANAC n. 6/2016, precedute dal parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato n. 2286/2016 del 26 ottobre 2016, che ha affermato, tra altro, la diretta applicazione nell’ordinamento nazionale della previsione di cui al predetto paragrafo.

Anche questa V Sezione, in disparte ogni questione inerente il non completo recepimento della predetta Direttiva nel comma 10 dell’art. 80 [perché tale articolo “nella versione originaria, prevedeva la moratoria quinquennale solo con riferimento alla condanna definitiva in sede penale alla pena accessoria dell’incapacità a contrarre con la pubblica amministrazione, nulla disponendo per le cause di esclusione di cui ai comma 4 (violazione fiscali e contributive) e 5 (in particolare, lett. c, relativa ai gravi illeciti professionali”], ne ha ritenuto l’efficacia diretta c.d. “verticale” nell’ordinamento interno, reputando pertanto inidonee ai fini di disporre l’esclusione dell’operatore economico dalla gara le risoluzioni ante triennio, periodo da computarsi a ritroso dalla data del bando, tenendo conto della data di adozione della determinazione amministrativa di risoluzione unilaterale (Cons. Stato, V, 21 novembre 2018, n. 6576).

Altro orientamento, invece, ha ritenuto che la mancanza nell’art. 80 di una “espressa previsione sulla rilevanza temporale dei gravi illeciti professionali” sia omissione “coerente con il potere discrezionale di valutazione di tali fattispecie attribuito alla stazione appaltante; una limitazione triennale è invero richiamata dal successivo comma 10, ma attiene alla diversa rilevanza della pena accessoria dell’incapacità a contrarre con la P.A. (limitazione che ben si giustifica con la natura necessariamente temporanea della sanzione afflittiva) e non attiene in alcun modo all’esercizio del potere della P.A. di escludere l’operatore economico, ai sensi del comma 5, lett. c) da una procedura di appalto”, con la conseguenza del riconoscimento dell’obbligo dichiarativo di significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne avevano causato la risoluzione anticipata indipendentemente dalla circostanza che le stesse fossero contenute o meno nel triennio in parola (Cons. Stato, V, 19 novembre 2018, n. 6530). La decisione evidenzia peraltro trattarsi di risoluzione non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio.

Si è poi posta la questione dell’autonoma rilevanza a fini espulsivi dell’omissione in relazione a condotte ex se non passibili di esclusione (con risposta negativa, Cons. Stato, V, 12 aprile 2019, n. 2407; positiva, Cons. Stato, V, 15 aprile 2019, n. 2430; III, 27 dicembre 2018, n. 7231).

Nel descritto quadro, si inseriscono ancora:

– la sentenza CGUE, Sezione IV, 24 ottobre 2018, C-124/17, secondo cui “ai sensi dell’articolo 57, paragrafo 7, della direttiva 2014/24, gli Stati membri determinano il periodo massimo di esclusione nel caso in cui l’operatore economico non adotti nessuna misura di cui all’articolo 57, paragrafo 6, di tale direttiva per dimostrare la propria affidabilità; detto periodo non può, se il periodo di esclusione non è stato fissato con sentenza definitiva, nei casi di esclusione di cui all’articolo 57,paragrafo 4, di tale direttiva, superare i tre anni dalla data del fatto in questione”;

– la recente sentenza della V Sezione 6 maggio 2019, n. 2895, che ha affermato l’illegittimità, per sproporzionalità, di un’esclusione fondata su una risoluzione ante triennio, chiarendo, come già Cons. Stato, V, n. 6576/2018, che rileva, ai fini della decorrenza di tale periodo, la data di adozione della determinazione amministrativa di risoluzione unilaterale.

Il Collegio ritiene di aderire a tale ultimo orientamento, che -OMISSIS-ha invocato nel primo motivo del suo appello, in uno all’art. 57, § 7 della Direttiva 2014/24/UE, stante la sua aderenza al chiaro e inequivocabile portato della disciplina europea, di cui la V Sezione ha già fatto applicazione nei precedenti sopra richiamati (Cons. Stato, V, n. 6576/2018; n. 2895/2019) sulla scorta della sua riconosciuta efficacia diretta e verticale nell’ordinamento interno e della conseguente immediata applicabilità.

Deve pertanto concludersi per l’insussistenza dell’omissione dichiarativa relativa alla risoluzione del 2012 opposta a -OMISSIS-dalla sentenza appellata (peraltro ancora in via di contestazione giudiziale), in quanto avvenuta ben oltre il triennio, da computarsi come sopra, ovvero tenendo conto sia della data della risoluzione che di quella di pubblicazione del bando (14 novembre 2018), trovando applicazione il limite di operatività posto dall’art. 57, § 7 della direttiva 2014/24/UE, con conseguente impossibilità di rilevare nei confronti della società l’inadempimento a un obbligo che, come pure osservato dalla Sezione, laddove diversamente inteso, per un verso sarebbe eccessivamente oneroso per l’operatore economico, per altro verso non apporterebbe significativi elementi di conoscenza alla stazione appaltante, trattandosi di vicende professionali ampiamente datate o, comunque, ormai del tutto insignificanti (Cons. Stato, V, n. 5171/2019 e n. 51423/2018, cit.).

L’appello va accolto.

Si pubblica in allegato la sentenza in parola.

Allegato: Consiglio di Stato – RISOLUZIONI CONTRATTUALI ANTE TRIENNIO NON DEVONO ESSERE DICHIARATE

 

 


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