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30.10.2020 - lavori pubblici

LAVORI SU BENI VINCOLATI – CATEGORIA OG02 – IL CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI PREVEDE IL DIVIETO DI AVVALIMENTO, MA NON DI SUBAPPALTO – RIMESSIONE DEGLI ATTI ALLA CORTE COSTITUZIONALE

(Tar Molise, Campobasso 17/10/2020, n. 278)

Il Tar Molise affronta l’argomento dei lavori sui beni culturali, trattando della certificazione Soa, il documento obbligatorio per gli appalti pubblici di lavori, in particolare la categoria OG2, quella su restauro e manutenzione dei beni immobili sottoposti a tutela ai sensi delle disposizioni in materia di beni culturali e ambientali.

SOA e termini di presentazione del documento

Il documento contenente la Soa va presentato in “data non antecedente a novanta giorni prima della scadenza del previsto termine triennale. Qualora l’impresa si sottoponga a verifica dopo la scadenza del triennio di validità dell’attestazione, la stessa non può partecipare alle gare nel periodo decorrente dalla data di scadenza del triennio sino alla data di effettuazione della verifica con esito positivo”. Sulla questione si è espresso anche il Consiglio di Stato secondo cui “la partecipazione alle gare è preclusa nella sola ipotesi di presentazione tardiva dell’istanza di verifica triennale, la quale deve essere presentata non prima di 90 giorni dalla scadenza del termine di verifica triennale”. Ma c’è di più. Perché “l’impresa, la quale ha richiesto entro il predetto termine di 90 giorni il rinnovo dell’attestazione Soa o la sua verifica triennale, può partecipare alle gare indette dopo il triennio o dopo il quinquennio, anche se non ha ancora conseguito il nuovo attestato o la verifica triennale, sempre che l’esito positivo di tali domande intervenga, dopo l’emanazione del provvedimento di aggiudicazione definitiva, ma prima della stipula del contratto di appalto, cioè durante la fase della verifica del possesso da parte del soggetto aggiudicatario dei requisiti di ammissione alla gara”.

Questione subappalti nei bandi per i beni culturali

Non esiste una norma che vieta di subappaltare dei lavori che riguardano i beni culturali. L’articolo 146 del decreto legislativo numero 50 del 2016, con riferimento alle lavorazioni in materia di beni culturali, si limita a vietare l’utilizzo dell’istituto dell’avvalimento, ma nulla specifica sul subappalto. Diversa la questione per le categorie scorporabili a qualificazione obbligatoria (specializzate e superspecializzate). Al di sopra della soglia di 150 mila euro le categorie superspecializzate esigono l’attestazione Soa in capo all’appaltatore e il subappalto non può superare il 30% dell’importo. Per le categorie specializzate, invece, la qualificazione può essere sostituita dal subappalto, purché l’importo della categoria scorporabile di cui non si possiede la qualificazione sia compreso nella classifica della categoria prevalente.

Categoria Og2 non è superspecialistica

La scelta delle due società arrivate prima e seconda di subappaltare integralmente la categoria OG2 si pone dunque in linea con il quadro normativo analizzato, non rientrando questa qualifica nell’elenco delle categorie superspecialistiche (cosiddette Sios). Non vale neppure la tesi, secondo la società che ha proposto ricorso, secondo cui le lavorazioni della categoria OG2, in quanto a “qualificazione obbligatoria”, imporrebbero al concorrente il possesso della relativa certificazione Soa. “La natura “obbligatoria” impone solo che quella lavorazione sia eseguita da soggetto in possesso della relativa qualificazione senza che possa ritenersi assorbita dal possesso di altre categorie Soa – scrivono i giudici – In altre parole, la circostanza che la categoria SOA OG2 sia a “qualificazione obbligatoria” significa semplicemente che le relative lavorazioni devono essere eseguite da chi è in possesso della stessa, sia esso il concorrente o il subappaltatore”.

Il regolamento

L’articolo 92 del vecchio regolamento sui contratti pubblici (DPR n. 207/2010), stabilisce che il concorrente singolo può partecipare alla gara quando possieda la qualificazione nella categoria prevalente per l’importo totale dei lavori o, in alternativa, quando sia qualificato nella categoria prevalente e nelle categorie scorporabili per i rispettivi importi, con la precisazione che i requisiti relativi alle categorie scorporabili non posseduti dall’impresa devono da questa essere posseduti con riferimento alla categoria prevalente. Nel caso specifico la società risultata vincitrice aveva presentato l’attestazione Soa nella categoria prevalente OG3 – classifica IV (fino a euro 2.582.000), cioè per un importo ampiamente superiore a quello complessivo posto a base di gara, ma non poteva eseguire direttamente le lavorazioni scorporabili (OG2 e OG10), non possedendo la specifica qualificazione Soa e può in alternativa subappaltare queste lavorazioni specializzate ad imprese in possesso delle relative qualificazioni. Questa possibilità è esclusa nell’ipotesi in cui le categorie scorporabili, singolarmente considerate, superino il 10% dell’importo complessivo dell’opera ovvero la soglia di 150 mila euro.

Avvalimento e beni culturali

Il codice dei contratti pubblici, con riferimento alle lavorazioni relative ai beni culturali, prevede un divieto di avvalimento, senza nulla disporre in ordine al subappalto. La ragione del divieto del ricorso all’avvalimento nella specifica materia dei beni culturali va ravvisata nell’esigenza di assicurare che l’esecuzione dei lavori in tale delicato settore venga effettuata da un soggetto munito delle relative qualificazioni specialistiche. Questa regolamentazione serve per la tutela e valorizzazione dei beni culturali e prende le mosse dalla volontà di preservare e di ridurre al minimo i rischi di perdita o deterioramento del bene. “Dunque, proprio l’esigenza di garantire un’adeguata tutela dei beni culturali induce il legislatore a sancire un assoluto divieto di avvalimento – dicono i giudici del Tar – ponendo così una netta deroga rispetto all’applicazione generalizzata dell’istituto richiesta dai principi comunitari”. Ma, di contro, “si deve escludere l’esistenza di analogo divieto con riferimento al subappalto, in applicazione del noto criterio dell’ubi voluit dixit”, prosegue ancora il Tar.

Il concorrente e l’impresa ausiliaria sono responsabili in solido nei confronti della stazione appaltante in relazione alle prestazioni oggetto del contratto. Gli obblighi previsti dalla normativa antimafia a carico del concorrente si applicano anche nei confronti del soggetto ausiliario. Sia l’avvalimento che il subappalto rispondono alla medesima funzione di favorire la partecipazione delle imprese, soprattutto di quelle medie e piccole dimensioni, alle gare d’appalto, permettendo alle stesse di ottenere determinati requisiti di partecipazione (avvalimento) o di far svolgere ad una diversa impresa una quota delle prestazioni oggetto del contratto pubblico (subappalto). A livello operativo si differenziano, anzitutto, per il momento in cui vengono utilizzati. L’avvalimento si colloca nella fase di gara, perché permette ad un’impresa di ottenere requisiti per partecipare ad una procedura di gara per l’affidamento di un contratto pubblico. Il subappalto, invece, si colloca nella fase esecutiva, cioè quando un’impresa, dopo aver vinto la gara, decide di far svolgere ad un’altra impresa una parte delle prestazioni oggetto dell’appalto.

In secondo luogo, differiscono per la responsabilità che assume l’impresa coinvolta nei confronti del committente pubblico rispetto alla corretta esecuzione dell’appalto. Nell’avvalimento, l’ausiliaria, cioè l’impresa che presta i requisiti, è solidalmente responsabile con l’impresa che ha ricevuto il requisito. Nel subappalto, il subappaltatore è un soggetto terzo rispetto alla stazione appaltante, avendo quest’ultima rapporti solo con l’affidatario del contratto pubblico, il quale è responsabile in via esclusiva dell’esecuzione dell’appalto.

In allegato:

Sentenza Tar Molise, Campobasso 17 10 2020, n. 278

 

 

 


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