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01.06.2001 - tributi

AGEVOLAZIONI FISCALI PER IL TRASFERIMENTO DI IMMOBILI IN AREE SOGGETTE A PIANI URBANISTICI PARTICOLAREGGIATI

AGEVOLAZIONI FISCALI PER IL TRASFERIMENTO DI IMMOBILI IN AREE SOGGETTE A PIANI URBANISTICI PARTICOLAREGGIATI AGEVOLAZIONI FISCALI PER IL TRASFERIMENTO DI IMMOBILI IN AREE SOGGETTE A PIANI URBANISTICI PARTICOLAREGGIATI
(Art. 33, Legge 388/2000)

Si pubblica la circolare Assonime n.23 del 20 aprile 2001 che illustra le modifiche introdotte dall’art.33, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n.388 al regime fiscale dei trasferimenti di immobili in aree soggette a piani urbanistici particolareggiati.
L’Assonime evidenzia come l’interpretazione fornita dal Ministero delle finanze – secondo cui il regime fiscale agevolato (imposta di registro dell’1% e ipotecarie e catastali in misura fissa) si applica, in sostanza, a condizione che si possegga già un’area all’interno del piano (circolari Ministero delle finanze n.1 del 3 gennaio 2001 e n.6 del 26 gennaio 2001) – non consentirebbe, in contrasto con la “ratio” della norma, di ovviare alla difformità di trattamento tributario esistente fra acquisti soggetti ad IVA, tributo detraibile che non rappresenta un costo per l’acquirente, ed acquisti soggetti a imposta di registro (e correlate imposte proporzionali ipotecarie e catastali), che costituisce un onere gravante a titolo definitivo sull’attività edile esercitata. E’, pertanto, auspicabile, anche per l’Assonime, che le incertezze interpretative sorte a seguito delle circolari ministeriali siano eliminate riconoscendosi che l’ambito operativo della disposizione in esame “riguarda gli acquisti di tutti gli immobili compresi in piani particolareggiati, prescindendosi dal possesso o meno di altre aree”.

Roma, 20 aprile 2001
Circolare n. 23

(omissis)

3. Trasferimenti di immobili in aree soggette a piani urbanistici particolareggiati.
L’art. 33 dispone inoltre una riduzione delle imposte applicabili per “trasferimenti di beni immobili in aree soggette a piani urbanistici particolareggiati, comunque denominati, regolarmente approvati ai sensi della normativa statale o regionale”, prevedendosi una riduzione dall’8 per cento (o dal 7 per cento qualora, come si dirà, si tratti di fabbricati) all’1 per cento dell’imposta di registro e l’applicazione delle imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di lire 250.000 invece che nelle misure proporzionali, rispettivamente del 2 e dell’1 per cento, a condizione che l’utilizzazione edificatoria dell’area avvenga entro cinque anni dal trasferimento” e, quindi, dalla data del relativo atto.
L’agevolazione risponde all’esigenza di contenere gli effetti onerosi e nel contempo distorsivi derivanti dall’applicazione, in sede di acquisto di aree o fabbricati da ristrutturare delle normali imposte di registro, ipotecaria e catastale: il trasferimento di aree o fabbricati compresi quelli considerati nei suddetti piani, infatti, è soggetto agli ordinari oneri tributari e quindi, se trattasi di trasferimenti da parte di soggetti che non effettuano tali operazioni nell’esercizio d’imprese – e non applicano sulla cessione l’imposta sul valore aggiunto, ovviamente detraibile da parte dell’acquirente esercente imprese – alle imposte di registro, ipotecaria e catastale nelle suddette misure proporzionali.
Tali tributi, ancorché applicati su beni (aree ecc.) di fondamentale rilevanza nel ciclo di produzione del settore, non sono ovviamente detraibili dall’i.v.a. dovuta dal soggetto acquirente nell’esercizio di un’attività edilizia. Essi pertanto si traducono in un maggior costo d’impresa che, come tale, si rifletterà anche sulla base imponibile dell’i.v.a. in sede di successiva cessione dei fabbricati costruiti o restaurati: il prezzo di vendita infatti non potrà non tener conto di quel costo occulto costituito dai tributi assolti per l’acquisto dell’area o del fabbricato, determinandosi così nel ciclo produttivo del settore una duplice applicazione di imposte proporzionali.
La riduzione dell’aliquota dell’imposta all’1 per cento e la previsione delle imposte ipotecaria e catastale in misura fissa ha pertanto il fine di perequare l’onere tributario che colpisce l’acquisizione dei suddetti immobili, tendendo a renderlo omogeneo quali che siano i tributi applicabili per il loro trasferimento.
La disposizione ha carattere permanente – non è cioè limitata ai trasferimenti posti in essere entro una data determinata – e riguarda gli immobili compresi nelle zone per le quali sono stati adottati piani urbanistici particolareggiati, quale che sia la loro denominazione e la normativa, statale o regionale, in base alla quale sono approvati: vi rientrano quindi le aree oggetto di piani particolareggiati a norma dell’art. 13 della legge 17 agosto 1942, n.1150, o di altri piani esecutivi disciplinati da altre disposizioni, quali ad esempio, i piani per gli insediamenti produttivi (cosiddetti p.i.p.) previsti dall’art. 27 della legge 22 ottobre 1971, n. 865. Gli immobili agevolati possono essere costituiti anche da costruzioni – ad es., fabbricati per i quali il piano prevede la demolizione o la ricostruzione, ovvero il restauro o la bonifica edilizia – e possono risultare destinati anche ad edilizia non abitativa (ad es., edilizia pubblica, servizi culturali, sociali, ecc.).
Nella realtà operativa, peraltro, l’acquisto di aree può rendersi necessario per realizzare lotti delle dimensioni prescritte per l’edificabilità: può cioè essere strumentale all’acquisizione di un’area effettivamente utilizzabile per la costruzione. Ora proprio tale ultima ipotesi è stata considerata nelle circolari n. 1 del 3 gennaio c.a. e, soprattutto, nella circolare n. 6 del 26 gennaio del Ministero delle finanze che prospettano un ambito di operatività della norma in esame notevolmente limitato, rispetto alla tematica sopra evidenziata, che non sembra trovare riscontro nell’ampia formulazione della disposizione introdotta nel corso dei lavori parlamentari in Senato. Il contenuto della disposizione, infatti, viene circoscritto ai casi di acquisto di immobili da parte di soggetti già in possesso di un’area compresa in un piano urbanistico particolareggiato, la quale per motivi di vario genere (come ad esempio per il fatto che la superficie posseduta è inferiore a quella minima stabilita dal piano comunale per l’edificabilità) non potrebbe essere edificata senza l’acquisizione e la disponibilità di altro immobile: dovrebbe trattarsi quindi di un acquisto funzionale all’utilizzazione dell’area posseduta. Al di fuori di tali ipotesi resterebbero applicabili le ordinarie imposte di registro, ipotecaria e catastale, pur risultando l’immobile acquistato compreso nella zona considerata dal piano particolareggiato.
Ora la formulazione della disposizione potrebbe anche non apparire del tutto lineare; peraltro, la delimitazione dell’ambito operativo della norma proposta nelle sopra ricordate circolari verrebbe a svuotare la stessa di concreto contenuto e non consentirebbe, in contrasto alla sua ratio e salvo che in ipotesi marginali, di ovviare alla difformità di trattamento tributario esistente fra acquisti soggetti ad i.v.a. – tributo che non rappresenta, attesa la sua detraibilità, un costo per l’acquirente – ed acquisti soggetti a imposta di registro (e correlate imposte proporzionali ipotecaria e catastale) che costituisce invece un onere gravante a titolo definitivo sull’attività edile esercitata.
E’ auspicabile che quanto prima le ricordate incertezze siano eliminate riconoscendosi che l’ambito operativo della disposizione in esame – in conformità alle esigenze perequative sopra evidenziate fra acquisti soggetti ad i.v.a. ed acquisti soggetti all’imposta di registro, ipotecaria e catastale in misura proporzionale – riguarda gli acquisti di tutti gli immobili compresi in piani particolareggiati, prescindendosi dal possesso o meno di altre aree.
Come si è ricordato, la disposizione di favore ha carattere permanente, ma la sua concreta operatività è subordinata all’avvenuta “utilizzazione edificatoria” dell’area entro un quinquennio dalla data dell’acquisto. La locuzione, che diversamente da quanto previsto da altre leggi (ad esempio l’art.13 della legge 2 luglio 1949, n.408), non condiziona il beneficio alla ultmazione della costruzione nel quinquennio, può comunque dar luogo a qualche incertezza applicativa in ordine all’entità dei lavori richiesti per la conferma dei benefici. Sul fatto che l’utilizzazione edificatoria possa considerarsi realizzata anche se la costruzione non è ultimata sussistono consolidati orientamenti giurisprudenziali: in particolare ai fini della determinazione dell’imponibile dell’INVIM in caso di utilizzazione edificatoria delle aree (v. Corte di Cassazione a sezioni unite 9 dicembre 1996, n.10953). Sarebbe comunque auspicabile che anche su questo punto siano forniti chiarimenti nelle competenti sedi tenendosi conto che in molti casi, soprattutto quando si tratta di realizzare opere di particolare ampiezza e complessità, il termine di cinque anni potrebbe rivelarsi eccessivamente ristretto.
Poiché la legge in oggetto è entrata in vigore il 1° gennaio 2001, le agevolazioni dell’art. 33, comma 3, si applicano agli atti pubblici formati e alle scritture private autenticate a partire da tale data.


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