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Servizio Tecnico - referente: dott.ssa Sara Meschini
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17.07.2020 - lavori pubblici

APPALTI PUBBLICI – LA STAZIONE APPALTANTE NON È TENUTA A SUDDIVIDERE L’APPALTO IN LOTTI E PREVEDERE UN LIMITE AL NUMERO DI LOTTI CHE POSSONO ESSERE AGGIUDICATI A UN SOLO OFFERENTE

(Consiglio di Stato, Sez. III, 7 luglio 2020, n. 4361)

  1. Contratti pubblici- Suddivisione in lotti- c.d. vincolo di aggiudicazione e la decisione di limitare l’aggiudicazione di tutti i lotti allo stesso concorrente- Costituisce una facoltà discrezionale dell’amministrazione, il cui mancato esercizio non costituisce ex sè sintomo di illegittimità;
  2. Contratti pubblici- Suddivisione in lotti- Principio di carattere generale la preferenza per la suddivisione in lotti, in quanto diretta a favorire la partecipazione alle gare delle piccole e medie imprese- Art. 51 d.lgs. n. 50 del 2016- Consente alla stazione appaltante di derogarvi per giustificati motivi
  3. Contratti pubblici – Valutazione pregio tecnico dell’offerta – L’Amministrazione esercita la cd. discrezionalità tecnica nell’esercizio della quale applica regole elastiche ed opinabili – Va dimostrata l’inattendibilità ove si voglia contestarne la legittimità”
  4. Contratti pubblici- Carenza di sub-pesi per la valutazione delle offerte – Mancata predeterminazione di criteri motivazionali – Non comporta l’illegittimità delle valutazioni

 

  1. Con specifico riferimento al c.d. “vincolo di aggiudicazione”, questa Sezione con recente sentenza ha ritenuto che:

– il c.d. vincolo di aggiudicazione e la decisione di limitare l’aggiudicazione di tutti i lotti allo stesso concorrente, costituisce una facoltà discrezionale dell’amministrazione, il cui mancato esercizio non costituisce ex sé sintomo di illegittimità;

– nella fattispecie ciascun concorrente, compreso l’appellante, aveva potuto prendere parte alla gara e presentare la propria offerta liberamente in tutti i lotti, che legittimamente erano stati assegnati all’aggiudicatario la cui offerta era risultata migliore;

– non erano rinvenibili elementi di irrazionalità nella ripartizione dei lotti né il contrasto con il principio della concorrenza nella circostanza della loro assegnazione al miglior offerente, di tutti i lotti, le cui caratteristiche del resto, al di là del differente ambito territoriale, erano similari;

– non è l’assenza di tale vincolo, la cui previsione è meramente discrezionale (art. 51, comma 3, del d. lgs. n. 50 del 2016), a determinare in sé la violazione della concorrenza, bensì la strutturazione della gara in modo tale che la sua apparente suddivisione in lotti, per le caratteristiche stesse di questi o in base al complesso delle previsioni della lex specialis, abbia favorito in modo indebito taluno dei concorrenti e gli abbia consentito di acquisire l’esclusiva nell’aggiudicazione dei lotti;

– anche il vincolo dell’aggiudicazione, del resto, può propiziare, strategie antinconcorrenziali e intese illecite tra i singoli concorrenti, tese a favorire la spartizione dei singoli lotti messi a gara e, da questo punto di vista, l’argomento dell’appellante, secondo cui la sua previsione avrebbe evitato un monopolio o un accentramento del potere economico in capo ad un solo operatore, prova troppo perché detto accentramento viene realizzato vieppiù in alcuni settori di mercato, ormai, attraverso le intese restrittive della concorrenza e la spartizione sottobanco dei lotti, non aggiudicabili tutti ad un singolo operatore.

2.- In materia di appalti pubblici è principio di carattere generale la preferenza per la suddivisione in lotti, in quanto diretta a favorire la partecipazione alle gare delle piccole e medie imprese; tale principio, come recepito all’art. 51 d.lgs. n. 50 del 2016, non costituisce peraltro una regola inderogabile: la norma consente alla stazione appaltante di derogarvi per giustificati motivi, che devono essere puntualmente espressi nel bando o nella lettera di invito, essendo il precetto della ripartizione in lotti funzionale alla tutela della concorrenza (es. Cons. Stato, V, 7 febbraio 2020, n. 973; 26 giugno 2017, n. 3110; Sez. III, 21 marzo 2019, n. 1857);

– secondo la giurisprudenza di questo Consiglio (da ultimo, Cons. Stato sez. VI, 02/01/2020, n.25; Cons. Stato, III, 13 novembre 2017, n. 5224) la scelta della stazione appaltante circa la suddivisione in lotti di un appalto pubblico costituisce una decisione normalmente ancorata, nei limiti previsti dall’ordinamento, a valutazioni di carattere tecnico-economico; in tali ambiti, il concreto esercizio del potere discrezionale dell’Amministrazione deve essere funzionalmente coerente con il bilanciato complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto; il potere medesimo resta delimitato, oltre che da specifiche norme del codice dei contratti, anche dai principi di proporzionalità e di ragionevolezza;

– la scelta della stazione appaltante circa la suddivisione in lotti di un appalto pubblico, deve dunque costituire una decisione che deve essere funzionalmente coerente con il complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto, da valutarsi nel quadro complessivo dei principi di proporzionalità e di ragionevolezza (così da ultimo, Cons. Stato, III, 4 marzo 2019, n. 1491); sicchè non può ritenersi preclusa alla stazione appaltante la possibilità di suddividere l’appalto in lotti di importo elevato (Cons. Stato, Sez. III, 26/9/2018 n. 5534) ove tale scelta risponda all’esigenza di tutelare l’interesse pubblico;

– secondo il costante orientamento della giurisprudenza la suddivisione in lotti è espressione di una valutazione discrezionale dell’amministrazione sindacabile in sede giurisdizionale sotto l’aspetto della ragionevolezza e proporzionalità e dell’adeguatezza dell’istruttoria (ex multis, cfr. Cons. Stato, Sez. III n. 1857/2019; Sez. V n. 2044/2018; Cons. Stato, VI, n. 25/2020); in ogni caso l’ampiezza del margine di valutazione attribuito all’amministrazione in questo ambito non è suscettibile di essere censurato in base a meri criteri di opportunità (cfr. Cons. Stato, Sez. III, n. 1138/2018);

  1. Il primo giudice ha disatteso le doglianze relative ai punteggi richiamando il costante orientamento della giurisprudenza, secondo cui nel valutare il pregio tecnico dell’offerta l’Amministrazione esercita la cd. discrezionalità tecnica nell’esercizio della quale applica regole elastiche ed opinabili (cd. concetti giuridici indeterminati), rilevando che il giudizio tecnico è connotato da un fisiologico margine di opinabilità e che per superarlo è necessario dimostrare la sua palese inattendibilità, non potendo il giudice sostituirsi all’Amministrazione nelle valutazioni. (.) Il principio espresso dal TAR trova conferma nella costante giurisprudenza del giudice amministrativo, secondo cui “la Commissione nel valutare l’offerta tecnica non applica scienze esatte, ma formula un giudizio tecnico connotato da un margine di opinabilità del quale va dimostrata l’inattendibilità ove si voglia contestarne la legittimità” (cfr., ex plurimis, Cons. Stato Sez. V, 09/04/2020, n. 2337; Cons. Stato, V, 6 ottobre 2018, n. 5749).
  2. Quanto alla carenza di sub-pesi per la valutazione delle offerte è sufficiente rilevare che secondo quanto previsto dall’art. 95, comma 8, d.lgs. n. 50/2016 non si tratta di un obbligo, ma di una mera facoltà, mentre la mancata predeterminazione di criteri motivazionali non comporta l’illegittimità delle valutazioni (Cons. Stato, Sez. V, n. 277/2016) in quanto l’assenza di tali criteri può essere sopperita con un’adeguata motivazione, qui palesemente presente.

Va ribadito, infatti, che “in via generale, la definizione dei criteri di valutazione delle offerte – ivi compreso il peso da attribuire a tali singoli elementi specificati nella lex specialis e compresa anche la disaggregazione eventuale per singolo criterio valutativo in sub-criteri – è espressione di ampia discrezionalità attribuita dalla legge alla stazione appaltante, per meglio perseguire l’interesse pubblico e, come tale, è sindacabile in sede di legittimità solo allorché sia macroscopicamente illogica, irragionevole ed irrazionale ed i criteri non siano trasparenti ed intellegibili, non consentendo ai concorrenti di calibrare la propria offerta (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 31/3/2020 n. 2183; 6/3/2020 n. 2094; 5/4/2019 n. 2242).

 

In allegato:
Consiglio di Stato sentenza n. 4361 2020

 

 

 

 


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